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Il Pentagono ammette: in Iraq va proprio male

5 settembre 2006 – Mentre il Presidente Bush, il vice Presidente Cheney e il ministro della Difesa Donald Rumsfeld moltiplicano i loro discorsi sulla necessità di “mantenere la rotta” in Iraq, l'ultimo rapporto del Pentagono, intitolato “Misurazione della stabilità e sicurezza in Iraq”, dà un quadro disastroso della situazione.
“E' stato un trimestre arduo. La qualità settaria della violenza è acuta e tormentosa” ha dichiarato Peter Rodman, assistente del ministro della Difesa per gli affari di sicurezza internazionale, nel presentare al pubblico il rapporto il 1 settembre. Il contrammiraglio William Sullivan, vice direttore per la pianificazione e la politica strategica dei capi di stato maggiore riuniti, si è sentito in obbligo di confermare la linea del Pentagono secondo cui in Iraq non c'è una situazione di guerra civile, aggiungendo però: “Esistono le precondizioni per la guerra civile”.
Il rapporto contiene un grafico delle vittime delle forze della coalizione in Iraq, a partire dal gennaio 2004. All'inizio di settembre le vittime americane sono salite a 2650, con un andamento relativamente stazionario negli ultimi venti giorni. Per gli iracheni invece la media delle vittime è passata da circa 20 al giorno nel primo trimestre 2004 a quasi 120 al giorno nel periodo che va dal 20 maggio all'11 agosto 2006. Il rapporto del Pentagono riferisce che le vittime civili irachene sono aumentate del 51% rispetto al trimestre precedente, mentre a luglio si sono verificati attacchi con una frequenza settimanale che è “fin ora la più alta”.
La gravità della situazione in Iraq è sottolineata dalla visita di James Baker III. L'ex segretario di Stato presiede l'“Iraq Study Group” (ISG) insieme all'ex parlamentare democratico Lee Hamilton. La delegazione dell'ISG ha incontrato il 1 settembre i leader sunniti, compreso il vice presidente iracheno Tareq al Hashemi e il vice primo ministro Salam al-Zobaie. Quest'ultimo mantiene fitti contati con i leader tribali sunniti cercando di arginare il diffondersi delle violenze insurrezionali. Hashemi ha assunto una posizione critica nei confronti del “piano di riconciliazione”, proposto dal primo ministro Nouri al-Maliki, sostenendo che è vago e non prevede un piano di scadenze per il ritiro delle truppe USA dal paese. Baker ha incontrato inoltre il presidente Jalal Talabani, che è un curdo. Mentre i risultati degli incontri non sono stati resi noti, l'EIR ha accertato che lo scopo della missione era quello di raccogliere informazioni di prima mano.


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