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"Signing statement", i pruriti monarchici di George Bush

10 ottobre 2006 – Nella prima settimana d'ottobre George Bush è tornato ad abusare del cosiddetto “signing statement”, una dichiarazione che il presidente rilascia al momento di sottoscrivere una legge approvata dal Congresso e con cui prende le distanze dalla legge con una propria “interpretazione”.
Nel sottoscrivere il bilancio militare, Bush ha emesso una dichiarazione che ne ripudia 16 punti, tra cui il divieto al Pentagono di utilizzare informazioni che ottiene illecitamente (come le informazioni sul conto degli americani che raccoglie in violazione del Quarto Emendamento), e la richiesta al Presidente di notificare al Congresso eventuali decisioni di dirottare fondi della Difesa ad attività segrete. Anche nel firmare la legge per la Homeland Security, Bush ha presentato una dichiarazione in cui si arroga il diritto di alterare il rapporto che il diparimento per la Homenald Security deve presentare annualmente al Congresso (che influenza criteri che vanno dalla definizione delle procedure di sorveglianza, ad esempio negli aeroporti, alla selezione del personale negli enti statali) di mettere a capo della protezione civile FEMA chi decide lui e non, come prevede la legge, qualcuno che abbia almeno cinque anni di esperienza nel settore ed abbia inoltre dimostrato di possedere capacità di decidere in materia.
Il Congressional Research Service, centro studi al servizio del Congresso USA, afferma in un rapporto del 20 settembre che l’amministrazione Bush ricorre a queste dichiarazioni come parte integrante della sua “strategia generale per rafforzare ed espandere il potere esecutivo” alle spese del legislativo, e come mezzo per indurre il Congresso ad accettare la concezione dell’“esecutivo unitario” secondo la quale i poteri del presidente sono tanto vasti da consentirgli di ignorare le leggi qualora dovesse reputarle inconstituzionali.
In passato altri presidenti avevano sporadicamente fatto ricorso ai “signing statement”, Bush invece vi ha fatto ricorso più di 800 volte! Se al presidente una legge non piace è suo diritto respingerla, con le dovute motivazioni, ma il suo veto può essere invalitato da una maggioranza di due terzi del Congresso. Un rischio troppo grosso che Bush aggira con i "signing statement".
Questa strategia è stata sviluppata per lui particolarmente da David Addington, l’avvocato di Cheney, e dall’ultimo giudice nominato alla Corte Suprema Samuel Alito, che trattò l’argomento in un documento del 1986.
La concezione dell’“esecutivo unitario”, secondo cui il presidente è al di sopra della legge, si ispira a Karl Schmitt, che fu il capo giurista del regime nazista di Adolf Hitler e che vanta oggi un notevole influsso nel pensiero giuridico neoconservatore grazie alla Federalist Society.

Approfondimenti sono disponibili nella sezione: giustizia




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