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Nelle elezioni USA del 7 novembre i democratici sono incapaci di vincere ma i repubblicani possono perdere

24 ottobre 2006 – "I democratici sono incapaci di vincere ma i repubblicani possono perdere”, questo è il giudizio lapidario dato da Lyndon LaRouche sulla situazione elettorale americana. La cosa è stata sostanzialmente confermata da uno studio apparso sui mezzi d'informazione il 18 ottobre. Il capogruppo repubblicano alla Camera dei rappresentanti John Boehner ha detto a Fox News: “Tutti i nostri candidati vanno male. Non c'è dubbio che subiremo rovesci ... ritengo che perderemo alcuni seggi alla Camera”. La rivista Time menziona funzionari repubblicani, anonimi, che “adesso ammettono di poter perdere dai 23 ai 27 seggi alla Camera”. I democratici hanno bisogno di 15 seggi per la maggioranza.

Un fisico denuncia i piani nucleari dell'amministrazione Bush

Jorge Hirsch, professore di fisica dell'Università di California a San Diego, è l'autore di un articolo pubblicato il 16 ottobre da Information Clearing House, in cui spiega che “votare repubblicano a novembre significa votare per combattere una guerra nucleare” contro l'Iran. Nel 2002 Hirsh fu a capo della campagna degli scienziati contro la “Nuclear Posture Review” e altri piani di promozione del nucleare militare. Oggi Hirsch si dice convinto che se i repubblicani non sono sconfitti a novembre, gli USA cominceranno una guerra in Iran “prima della fine della presidenza Bush”. Secondo Lyndon LaRouche Hirsh ha sostanzialmente ragione.
“La nuclearizzazione della Corea del Nord non fa altro che contribuire ai piani per bombardare nuclearmente l'Iran ed è per questo che l'amministrazione ha fatto tutto il possibile per incoraggiarlo”, sostiene Hirsch, secondo il quale le politiche di “trasformazione” di Rumsfeld, miranti a ridimensionare le capacità militari, sono ciò che sta conducendo all'uso delle armi nucleari. Sebbene da quasi tutto l'arco politico si susseguano le richieste di dimissioni di Rumsfeld, aggiunge Hirsch, questi non se ne andrà fino a questo non sarà riuscito ad infrangere “il tabù nucleare” e cioè “far esplodere un'arma nucleare tattica contro un nemico degli USA”, forse su Natanz o altri siti in Iran.
Hirsh spiega poi che sebbene la decisione di ricorrere all'arma nucleare nel corso di un conflitto spetti al presidente (NSC-30 del 1948), il Congresso ha nondimeno l'autorità costituzionale di “bloccare l'autorità del presidente di ordinare il ricorso alle armi nucleari contro paesi che non dispongono di armi nucleari, approvando una legge al proposito”. Giacché “Bush, Cheney e Rumsfeld, con il consiglio di Kissinger, sono disperatamente determinati a giungere” all'attacco nucleare contro l'Iran e considerato “improbabile che i militari vogliano impossessarsi del governo e che un loro rifiuto di eseguire ordini immorali è nel caso migliore incerto”, il Congresso, conclude Hirsch, deve usare il proprio potere per fermarli. Anche ci sono molti repubblicani dissidenti, “un Congresso repubblicano finirà per sottoscrivere qualsiasi piano della Casa Bianca contro l'Iran” ed è per questo motivo che “votare repubblicano significa votare per iniziare una guerra nucleare”.

Le manipolazione dei prezzi petroliferi

Un aspetto centrale dei preparativi elettorali dell'amministrazione Bush è promuovere la fiducia nell'economia USA, fino al 7 novembre, il giorno del voto. Oltre a taroccare i dati sull'economia, la cosa più importante avvenuta in tale contesto è la riduzione dei prezzi petroliferi, soprattutto al distributore di benzina.
A tale scopo l'amministrazione Bush ha deciso di posticipare lo stoccaggio del greggio nelle riserve strategiche per il primo trimestre del 2007, che dovrebbe avvenire adesso. L'aumento di petrolio effettivamente in circolazione spinge i prezzi verso il basso. La stessa identica cosa fu fatta alla vigilia del voto del novembre 2004 che confermò Bush alla presidenza.
Un altro fattore, ancora più importante, è la manovra pilotata dalla banca Goldman Sachs, fino a qualche tempo fa diretta da Henry Paulson, oggi segretario al Tesoro. La banca ha deciso lo scorso agosto di ridurre drasticamente la percentuale attribuita alla benzina nel suo indice per le materie prime (GSCI). L'indice è il più importante del settore e i principali programmi di trading dei fondi d'investimento sono “sintonizzati” sul GSCI. Nel periodo che va dall'agosto all'ottobre 2006 la percentuale della benzina nell'indice è sceso dall'8 al 2,5 per cento e questo ha provocato una svendita di futures sulla benzina, nell'ordine dei miliardi di dollari. L'abbassamento delle quotazioni dei futures sulla benzina ha quindi comportato una riduzione del costo della benzina alla pompa. Fino al 7 novembre.


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