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Venti di crac: il rischio sistemico della bolla immobiliare

20 novembre 2006 – Le ultime cifre rese disponibili sul settore abitativo USA indicano come il crac sia ormai iniziato. Le nuove costruzioni di ottobre sono al minimo storico in più di sei anni. La costruzione di nuove case monofamiliari e di appartamenti è scesa del 14,6% rispetto al mese precedente e del 27,4% rispetto all'anno precedente. La flessione più alta da 15 anni, nell'arco di 12 mesi. I permessi di costruzione sono al minimo da 9 anni. Continuano a scendere ininterrottamente da nove mesi, cosa mai registrata prima. L'invenduto, sia di case nuove che usate, sta raggiungendo nuovi record.
Il 9 novembre James Lockhart, il nuovo direttore dell'ente di supervisione del settore abitativo OFHEO, ha lanciato un monito sui rischi derivanti al settore bancario da un crollo del settore abitativo. Parlando alla New York Bankers Association, Lockhart ha chiesto poteri analoghi a quelli di supervisione bancaria per poter intervenire sulle conseguenze “significative” su mercati e istituti finanziari derivanti dalle “gravi difficiltà finanziarie” che potrebbero nascere dai due istituti del mercato ipotecario secondario Fannie Mae e Freddie Mac, di cui ha riconosciuto “la forte leva”, cioè gli elevati rapporti d'indebitamento. Questi enti sostenuti dal governo, ha spiegato Lockhart, dominano il mercato ipotecario, tanto che alla fine del 2005 possedevano o garantivano più del 40% dei mutui casa, con un debito di 4 mila miliardi di dollari, soprattutto titoli emessi sulla base di mutui. La rapida crescita dei portafogli di Fannie e Freddie ha aumentato “la possibilità che esse provochino eventi sistemici”. Le banche incorrono in rischi a motivo del debito di Fannie e Freddie: “In particolare le banche molto esposte al debito dei due enti potrebbero subire perdite e problemi di liquidità tali da condurre a una riduzione del prestito bancario o anche a fallimenti bancari”, ha detto Lockhart. Alla fine del 2005 le banche detentrici di debito di Fannie e Freddie e di titoli emessi sui mutui che insieme ammontavano a più del 50% del patrimonio di base erano più del 60% del totale. Molti mutuatari “avranno difficoltà nel mantenere i propri modelli di attività”.
In un discorso tenuto il 15 novembre all'Associazione bancaria britannica Clive Briault, un direttore dell'ente di supervisione finanziaria britannica FSA, ha riferito di aver controllato la possibilità che hanno le banche di resistere ad un crollo del settore abitativo ed ha concluso che le procedure previste non sono sufficientemente serie. La FSA ha di conseguenza emesso una circolare che ordina alle banche di condurre dei test presupponendo un'emergenza che vede crollare prezzi delle abitazioni del 40% e l'esproprio e la rivendita del 35% delle abitazioni in cui il mutuatario è insolvente. In un'altra circolare ai dirigenti di banca il mese scorso, la FSA asseriva che alcuni amministratori delegati non hanno voluto considerare gli scenari in cui essi potrebbero subire perdite, riduzione dei dividendi e mancanza di capitale. Nel periodo 1989-1992 i prezzi immobiliari in Inghilterra sono crollati del 15%, con punte del 40%, portando al riacquisto degli immobili e a riduzioni dei mutui.

Helmut Schmidt: apprendere la lezioni di Weimar

L'ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt ha lanciato un chiaro allarme sulla disoccupazione in Germania, che “diventerà la sfida più importante che la Grande Coalizione si troverà ad affrontare”.
Parlando all'Accademia evangelica di Tutzing l'11 novembre, l'ottantasettenne ex cancelliere ha affermato che se l'attuale governo non trova una soluzione al dilagare della disoccupazione il paese si avvia sulla stessa strada in cui la portò la grande coalizione di Weimar negli anni Trenta. “A quell'epoca i partiti democratici erano incapaci di affrontare le conseguenze della crisi economica mondiale, furono incapaci di affrontare l'emergenza disoccupazione dal 1929 in poi”. Schmidt ha notato come la Grande Coalizione di Weimar, sotto il Cancelliere socialdemocratico Hermann Müller, crollò nella primavera del 1930 su una questione di politica sociale di second'ordine. Fecero seguito due governi di minoranza, sotto Brüning e von Papen, capaci di governare solo per decreto, e “tre anni più tardi Hitler arrivò al potere”, ha detto Schmidt.
Il noto politico socialdemocratico ha quindi raccomandato all'attuale Grande Coalizione di apprendere le lezioni del fallimento della Coalizione di Weimar: “Vedo specialmente dal punto di oggi che il fallimento della Coalizione di Weimar è una lezione estremamente significativa. Perché la Grande Coalizione deve tenere in mente: se non mette sotto controllo la disoccupazione, le conseguenze politiche e psicologiche potrebbero anche oggi - specialmente se si aggiungono altri fattori politici - condurre come conseguenza a un grave tracollo strutturale interno”.

Rubin sulla minaccia al dollaro USA

Robert Rubin, ex segretario al Tesoro di Clinton, ha lanciato un monito sulla “grave minaccia all'economia USA e all'economia globale”. Parlando all'Economic Club di Washington, il 9 novembre, Rubin ha dichiarato che occorre affrontare il problema dell'aumento del deficit, dell'aumento della spesa pensionistica, e della dipendenza dai prestiti dall'estero, pensando con urgenza a “una combinazione di disciplina nelle entrate e nelle spese”. Per quanto concerne le obiezioni contro un aumento delle tasse, che metterebbe in ginocchio l'economia, Rubin ha affermato: “Ritengo che se dovessimo aumentare già ora le tasse, gli effetti negativi sull'economia saranno probabilmente attorno allo zero”.
Solo qualche giorno più tardi, il 14 novembre, Rubin ha affermato che l'incapacità di arginare la crescita del deficit del bilancio USA potrebbe far innervosire le banche centrali, gli hedge funds e chiunque abbia acquistato titoli del Tesoro USA. “Sembra quasi inconcepibile che ciò possa continuare a tempo indefinito”, ha esclamato Rubin in una videoregistrazione presentata ad un banchetto della Concord Coalition. A quell'incontro era presente anche l'ex presidente della Federal Reserve Paul Volcker, che prendendo la parola ha confermato i timori di Rubin aggiungendo che le esigenze di contrarre nuovo debito degli USA rappresentano un rischio di “crisi”. “E' incredibile come la gente continui a tenere titoli in dollari per così tanto tempo. Ad un certo punto si arriverà alla situazione in cui la gente ne avrà avuto abbastanza”.
In un discorso al congresso annuale della New York Bankers Association il 10 novembre il Comptroller of the Currency John C. Dugan ha dichiarato che i rischi nella gestione dei derivati potrebbero “provocare interruzioni distruttive dei mercati che colpiscono la fiducia del pubblico nelle istituzioni finanziarie in generale”. Ha osservato che una banca su sei nel paese tratta titoli derivati e che l'esposizione creditizia complessiva ha raggiunto i 199 miliardi di dollari. Dugan ha quindi spiegato come “l'esposizione dei derivati sul credito rappresenti un rischio reale e molto significativo”, notando tra l'altro che cinque grandi istituti bancari, tutti statunitensi, posseggono il 97% dei contratti derivati aperti, il cui valore nozionale ammonterebbe a 119 mila miliardi di dollari.
Anche l'ex ministro dell'Economia italiano Giulio Tremonti è intervenuto sul tema del crac globale. In un'intervista molto letta, pubblicata sul Corriere della Sera del 12 novembre, Tremonti così si esprimeva sull'economia USA: “Le ipotesi sono due. La prima: il passaggio dal boom allo sboom non ha causato il collasso, perché il sistema finanziario è ben equilibrato, ha assorbito la crisi e può ripartire. La seconda è avanzata da molti siti economici, che ospitano previsioni di crisi strutturale, tipo 1929. Io spero nella prima ipotesi, ma temo la seconda”


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