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Bernanke e Greenspan parlano mentre il dollaro affonda

4 dicembre 2006 – La moneta americana continua a perdere terreno come conseguenza della crisi immobiliare e della liquidità eccessiva che la Federal Reserve ha immesso nei mercati per contrastarla. Il 4 dicembre il cambio dollaro/euro ha raggiunto quota 1,33, perdendo l'11% dall'inizio dell'anno. Il dollaro USA ha raggiunto il minimo da 20 mesi rispetto all'euro, da tre mesi rispetto allo yen, anch'esso in picchiata, e da 14 mesi rispetto alla sterlina britannica. Il miglior termine di paragone è l'oro: dalla fine d'ottobre il metallo giallo è aumentato di 70 dollari, toccando i 653 dollari l'oncia il 30 novembre.

Nel futile tentativo di frenare la caduta della moneta USA, il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha fatto sapere che è improbabile che la Fed tornerà a ridurre i tassi d'interesse, visto che l'inflazione resta “scomodamente alta”. La crescita economica al di fuori del mercato dell'abitazione e dell'industria dell'auto resta “solida”, ha detto Bernanke alla NIAF, la Fondazione Nazionale degli Italoamericani, il 28 novembre. Il “rallentamento” dell'economia USA procede come previsto e condurrà ad una crescita più “moderata”, ha detto, aggiungendo che il mercato della casa sembra stabilizzarsi e che è “poco provato” che un mercato abitativo debole “influisca più generalmente sulla spesa al consumo o sull'occupazione aggregata”.
Lo stesso giorno anche l'ex direttore della Fed Alan Greenspan è tornato a ripetere che il peggio è passato per il mercato immobiliare, nel discorso rivolto agli investitori accorsi alla conferenza della banca Friedman, Billings, Ramsey Group Inc. Nonostante questi discorsi però il dollaro ha continuato a perdere quota.

Ad accogliere lo scivolone del dollaro come un buon segno sono stati invece l'International Institute of Economics (IIE) e l'American Enterprise Institute (AEI). Per l'economista di AEI Desmond Lachman la flessione è “trascurabile” rispetto a ciò che occorre davvero. Su questo tema già in autunno C. Fred Bergsten dell'IIE aveva detto all'EIR che occorrerebbe almeno “una perdita del 20%”, per un arco di almeno due anni, per produrre una risalita sostanziale delle esportazioni.
Secondo Lyndon LaRouche un crollo della moneta USA mette in moto il tracollo complessivo dell'intero sistema finanziario mondiale perché il dollaro è la moneta di riserva internazionale. Se il dollaro scendesse davvero del 20%, allora crollerebbe automaticamente al 30% e a quel punto lo sfascio diventerebbe globale. Occorrono misure per impedire che questo accada e l'unico approccio che può funzionare è la riorganizzazione fallimentare, sia per gli USA sia per la comunità internazionale. Se non si vuole ammettere che l'intero sistema è in bancarotta allora si ricorrerà alle mezze misure che in un sistema allo sbando completo sono destinate a fallire.

I guai del mercato immobiliare

Secondo gli ultimi dati del Dipartimento del Commercio, le vendite di case monofamiliari sono scese ad ottobre del 3,2% e del 25,4% rispetto all'anno scorso. L'andamento è ancora positivo negli stati dell'Ovest, ma la caduta è del 39% nel Nordest, del 5,6 nel Midwest e dell'1,7% nel Sud.
L'associazione delle banche ipotecarie (MBA) riferisce che il 19% di tutti i mutui USA nella prima metà del 2006 sono nella categoria dei “sub-prime”, quella dei mutuatari con trascorsi creditizi discutibili o reddito precario. I rendimenti su questi mutui sono aumentati dal 6,28% del 5 settembre al 6,52% del 30 novembre. Circa il 3,3% dei 160 miliardi di mutui sub-prime concessi nei primi sette mesi del 2006 conta già ritardi di due o più mesi nei versamenti.
Wolseley, grossista delle costruzioni che opera negli USA ed in Europa, ha giustificato l'eliminazione di 2000 posti di lavoro negli USA con la diminuzione degli ordinativi del settore. In cattive acque versa anche l'altro grossista delle costruzioni USA, Home Depot, per rilevare il quale si sono posizionati equity funds come KKR e Texas Pacific. Questi contano di spendere 100 miliardi attingendone l'80% dalle banche. Si tratterebbe di una scalata di dimensioni tre volte maggiore della più grande scalata sin ora condotta dalle private equity.

I moniti da Londra e dalla Svizzera

Jean-Pierre Roth, presidente della Banca Nazionale Svizzera, ha denunciato i rischi insiti nel “carry trade” sul franco svizzero. Gli investitori prendono in prestito franchi svizzeri a basso interesse per investirli nei mercati internazionali, in operazioni ad alto rischio/alto rendimento. Il presidente della banca centrale elvetica ha detto:
“I currency traders che pensano solo al profitto a breve termine prendono denaro in prestito nei paesi con i tassi bassi, per prestarlo negli stati che danno alti dividendi, senza badare ai rischi coinvolti … Sono segni preoccupanti ed occorre prudenza. E' pericoloso fare estrapolazioni e immaginare che i profitti possano continuare ad accelerare. Bisogna stare in guardia perché è illusorio credere che i problemi del passato siano scomparsi. Un po' di buon senso non guasta”.

Secondo un articolo di Ambrose Evans-Pritchard sul Daily Telegraph del 30 novembre, “più dell'80% dei nuovi mutui in Ungheria sono in franchi svizzeri, mentre qualcosa di simile accade anche in Polonia, Croazia e Romania. Ai franchi svizzeri fanno anche ricorso i private equities come fonte di capitale a buon mercato per le frenetiche acquisizioni in Europa”.
Rispetto al volume esplosivo del debito dovuto ai bassi tassi d'interesse, il governatore della Banca d'Inghilterra Mervyn King ha detto di temere un disastro non appena i tassi torneranno a salire. Rivolgendosi alla Commissione Tesoro della House of Commons, King ha detto: “Il rischio maggiore che affrontiamo nell'economia mondiale è che i livelli davvero ridotti di interessi reali a lungo termine hanno prodotto il rialzo dei prezzi dei titoli, che hanno contribuito a sostenere la domanda … Se dovessero aggiustarsi rapidamente si assisterebbe allora ovunque a rapidi spostamenti dei prezzi dei titoli e questo si farebbe davvero sentire sull'economia mondiale … Siamo preoccupati di tutti i prezzi dei titoli. Se vi fosse un cambiamento nel livello generale dei tassi d'interesse reale ne risentirebbero quasi tutti i prezzi dei titoli”. King ha aggiunto che, visto il prezzo “bassissimo” del denaro, “non sorprende davvero che i prezzi dei titoli d'ogni tipo siano aumentati. Lo abbiamo visto non soltanto nei mercati azionari, ma anche in quelli obbligazionari, del mercato della casa, e lo possiamo vedere persino nel mercato dell'arte”.


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