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Il nuovo Congresso lancia la sfida a Bush

15 gennaio 2007 – L'insediamento del 110° Congresso degli Stati Uniti, avvenuto il 4 gennaio, ha segnalato un atteggiamento diverso non solo da parte della nuova maggioranza democratica, ma anche di molti repubblicani nei confronti dei disastri politici dell'amministrazione Bush. Già prima del discorso pronunciato dal Presidente il 10 gennaio, il gruppo parlamentare democratico, forte dei consigli dell'ex presidente Clinton e dell'ex sen. George Mitchell, aveva deciso di passare all'offensiva e il 9 gennaio il sen. Edward Kennedy ha pronunciato un discorso al National Press Club in cui ha annunciato un disegno di legge per impedire un'escalation della guerra in Iraq. Kennedy ha duramente condannato la politica estera dell'amministrazione Bush ed ha fatto appello al Congresso affinché assolva ai suoi doveri costituzionali. Nel suo ddl il senatore del Massachusetts sosterrà che il presidente dovrà richiedere al Congresso l'autorizzazione per mandare nuove truppe in Iraq. Al presidente non sarà inoltre consentito di spendere denaro pubblico nell'escalation della guerra senza l'approvazione del Congresso. Kennedy è convinto che il Congresso debba ristabilire la propria autorità nel processo decisionale per questa guerra ed è arrivato a dire: “Il Congresso deve dibattere apertamente l'assennatezza del piano del presidente”.
“Ascoltiamo gli argomenti a favore e quelli contrari, poi votiamo alla luce del sole, in modo che gli americani sappiano chiaramente se i rappresentanti che hanno eletto sono a favore o contro, in quelle che sono le questioni più impegnative di questa epoca. Fino ad oggi un Congresso dominato dai repubblicani ha avallato le scelte della Casa Bianca senza chiamarla al rendiconto sull'Iraq. Ma il voto di novembre ha cambiamento drasticamente questa situazione”.
Kennedy ha anche letto alcune dichiarazioni del presidente Lyndon Johnson, che nel 1968 sosteneva la necessità di “tenere la rotta” in Vietnam e di non incoraggiare il nemico ridimensionando i contingenti. Sono le stesse affermazioni che oggi fanno alcuni repubblicani guerrafondai, ha sottolineato Kennedy, secondo il quale è urgente approvare al più presto il suo ddl per impedire che nuove truppe vengano spedite davvero in Iraq. Gli è stato chiesto se non pensa che tagliando la spesa militare il Congresso non riesca lo stesso ad impedire l'invio di nuove truppe e Kennedy ha risposto: “I cavalli saranno scappati dalla stalla prima che noi arriviamo per tale strada. Per quella data le truppe saranno già arrivate. Occorrono iniziative tempestive, prima che questo accada”.
Kennedy ha anche citato i precedenti, ricordando che nel 1973 il Congresso approvò una legge sui poteri di guerra (War Power Resolution), superando un veto presidenziale, dopo essersi visto sottrarre ogni capacità di intervenire nelle decisioni riguardanti il conflitto del Vietnam. Nel 1974 il Congresso limitò a 4000 unità le truppe in Vietnam e le ridusse ulteriormente a 3000 ad un anno dall'approvazione della legge. Anche nel 1983 il Congresso approvò l'obbligo per il presidente Reagan di chiedere l'autorizzazione parlamentare per la missione USA in Libano e per espanderla.
Kennedy ha inoltre ricordato che l'unica autorizzazione che Bush abbia in mano è quella che gli fu data dal Congresso prima dell'invasione dell'Iraq, che ha come giustificativo le famose armi di distruzione di massa che non furono mai trovate e la pericolosità del regime di Saddam che non esiste più da tanto tempo.
Il successivo discorso del Presidente Bush ha sorpreso molti nel mondo politico di Washington. Dalle consultazioni avute dall'EIR è evidente che ormai sta maturando la conclusione che cercare di avviare un dibattito sulla costituzionalità delle scelte è una strategia dai tempi lunghi, che non consentirà di impedire nuovi disastri a breve, in particolare con la politica nei confronti di Iran e Siria, per cui l'unica carta da giocare, per evitare il suicidio degli USA, è l'impeachment.

Come si mobilita il nuovo partito democratico

Nonostante il cinismo diffuso a proposito della volontà e della capacità del nuovo Congresso a maggioranza democratica di imprimere agli USA una sana svolta politica, resta il fatto che i parlamentari democratici si stanno mobilitando aggressivamente per far fronte alla crisi. In questo processo è vitale il ruolo svolto dal movimento giovanile di LaRouche nel mondo politico di Washington così come lo è stato il suo contributo nel catalizzare la vittoria dei democratici nel voto del 7 novembre.
In un incontro del 10 gennaio i democratici avevano deciso di opporsi alla politica di inviare nuove truppe in Iraq che è stata ufficializzata da Bush il giorno successivo. La capogruppo democratico alla Camera Nancy Pelosi ha incaricato l'on. John Murtha, principale sostenitore di un ritiro delle truppe dall'Iraq, di coordinare le mosse per bloccare il finanziamento dell'escalation militare. Murtha presiede infatti la sottocommissione per gli stanziamenti militari ed è nella posizione migliore per bloccare il nuovo dispiegamento.
I vari gruppi parlamentari democratici intanto sono impegnati in una serie di incontri per discutere come intervenire per cambiare la politica USA verso l'Iraq.
Il 14 gennaio, durante una commemorazione di Martin Luther King, l'ex senatore democratico e candidato alla vice presidenza John Edwards, già candidatosi alla presidenza per il 2008, ha lanciato un appello affinché il Congresso si mobiliti per proibire il finanziamento dell'escalation della guerra, esigendo piuttosto che il Presidente presenti un piano per il ritiro delle truppe.

Anche i repubblicani si mobilitano sull'Iraq

Sono almeno cinque i parlamentari repubblicani che hanno sottoscritto il 10 gennaio una lettera al Presidente Bush invitandolo a desistere dai piani di inviare rinforzi militari in Iraq. La lettera è stata poi distribuita nel Congresso con l'intento di raccogliere nuove adesioni.
I primi firmatari sono Ron Paul, Walter Jones Jr., Steven LaTourette, Wayne Gilchrest e John Duncan, che nella lettera affermano: “Sosteniamo pienamente la sua ricerca di alternative all'attuale politica e attendiamo con ansia che lei annunci una nuova strategia USA. Le raccomandiamo di non procedere ad un aumento delle forze militari come parte di questa nuova strategia”.
La lettera riferisce che Colin Powel ha parlato di un esercito “ormai allo sbando” e ricorda che l'aumento di 12 mila soldati che fu deciso nell'agosto 2006 si è rivelato un fallimento completo. Ciò è evidente, spiega la lettera, nel fatto che ad esso ha fatto seguito soltanto un forte aumento delle violenze e del numero delle vittime americane e irachene.

Il LYM in azione a Washington

Nei giorni precedenti la trasmissione su internet di LaRouche dello scorso 11 gennaio circa 70 giovani attivisti sono stati impegnati a fare propaganda nella capitale degli Stati Uniti, riversandosi negli uffici governativi e soprattutto dei parlamentari per distribuire l'ultimo scritto di Lyndon LaRouche sull'“Arte perduta degli investimenti in conto capitale”. I giovani hanno polemizzato contro la riluttanza dei parlamentari di affrontare le vere questioni di fondo dell'economia, come la necessità di un bilancio per lo sviluppo delle grandi infrastrutture libero dalle pastoie delle spese correnti, perché solo in tal modo il paese potrà sottrarsi alle conseguenze disastrose della crisi economica in cui è sprofondato.
I giovani hanno avuto anche un notevole impatto culturale improvvisando cori di musica classica, che si sono rivelati molto efficaci nel cambiare l'atteggiamento degli interlocutori.

McGovern richiede il ritiro dall'Iraq

L'ex senatore George McGovern ha chiesto il ritiro immediato delle truppe USA dall'Iraq ammonendo che ogni mese in più di occupazione costerà la vita ad altri 100 soldati. L'ex candidato presidenziale democratico, famoso anche per la sua opposizione alla guerra del Vietnam, ha parlato il 12 gennaio ad un gruppo parlamentare e successivamente al National Press Club.
Nel primo incontro McGovern era stato convocato insieme a William Polk, studioso mediorientale che ha lavorato in passato al Dipartimento di Stato. Polk e McGovern hanno recentemente pubblicato il libro intitolato «Out of Iraq», in cui presentano un un piano concreto per il ritiro delle forze USA dall'Iraq.
Polk ha contraddetto la teoria secondo cui un ritiro degli USA getterebbe l'Iraq nel caos. Facendo riferimento ad altre situazioni storiche precedenti, Polk ha spiegato che le insurrezioni sono solitamente il risultato dell'occupazione straniera, e quando gli occupanti se ne vanno i focolai si spengono. Tra l'altro Polk sostiene che invece di cercare di costituire e addestrare un esercito iracheno, cosa che definisce “inutile e pericolosa”, sarebbe più opportuno costituire in Iraq qualcosa come un Genio Militare, una struttura capace d'intraprendere la ricostruzione economica e creare occupazione produttiva. Oltre a loro, i parlamentari hanno ascoltato anche il gen. William Odom, secondo il quale un ritiro delle truppe darebbe agli USA lo spazio di manovra necessario per cambiare strategia. “Se ci tiriamo fuori possiamo stimolare interesse nella strategia degli USA, riuscendo a cambiare le cose”, ha detto Odom, riferendosi in particolare all'atteggiamento del suo paese nei confronti di Siria, Iran ed Europa.

Muro del Senato contro la Rice

L'11 gennaio, alla vigilia del suo viaggio in Medio Oriente, il segretario di Stato USA Condi Rice è stata sottoposta alle forche caudine dalla Commissione Esteri del Senato. “La giornata odierna segna la fine, per consenso bipartitico, della carta bianca concessa dal Senato”, ha annunciato la sen. Barbara Boxer. In effetti i repubblicani hanno posto domande sulla stessa lunghezza d'onda di quelle dei colleghi democratici, in particolare sulla questione dell'Iraq, soprattutto perché proprio la sera prima Bush aveva annunciato l'invio di nuove truppe nella guerra. Dal canto suo la Rice ha ribadito la linea guerrafondaia verso la regione mediorientale in termini persino più duri di quelli usati da Bush. Ha ribadito cioè il concetto di un “nuovo Medio Oriente” in cui ci sono gli “estremisti” violenti (Hamas, Hezbollah, Iran e Siria) e i “leader responsabili” (Consiglio di cooperazione del Golfo, Egitto, Giordania, Iraq, Libano e Autorità Palestinese di Mahmoud Abbas). Ha quindi spiegato che con il suo viaggio lei si ripropone di mobilitare questi ultimi contro l'Iran “estremista”, ed ha respinto l'idea che Washington debba negoziare con Teheran e Damasco.
Per i repubblicani ha parlato soprattutto il sen. Richard Lugar che, pur senza criticare espressamente il governo, ha proposto di affrontare i problemi mediorientali facendo ricorso ad un'ampia diplomazia e un intenso dialogo, cosa che l'amministrazione respinge in maniera netta. Anche il collega repubblicano Chuck Hagel ha dichiarato che la decisione di inviare nuove truppe “è un'escalation e non sono d'accordo”. Hagel ha chiesto alla Rice se gli USA contano di lanciare incursioni nel territorio siriano e iraniano, un'intenzione risultata evidente nel discorso pronunciato da Bush la sera prima. La Rice ha evitato di rispondere e Hagel l'ha affrontata dicendo: “Mica può venir qui a raccontarci che non violeremo quei confini, perché ricordiamo come negli anni Settanta il governo ci mentì allo stesso modo” riguardo alla Cambogia. “Il discorso del presidente rappresenta il peggior errore di politica estera dall'epoca del Vietnam, se viene messo in pratica, e io mi oppongo”, ha concluso Hagel.
Un altro repubblicano, il sen. George Voinovich, ha espresso la sua diffidenza verso la politica delle truppe di rinforzo e verso il governo di al-Maliki, affermando che il primo ministro iracheno avrebbe preso ordini dal leader della milizia Sciita Moqtadar al Sadr.
Compatta l'opposizione democratica alla politica di inviare nuove truppe in Iraq. Il sen. Bill Nelson ha detto alla Rice: “Diedi il mio sostegno a questa guerra, ma ora non posso più sostenerla”, ed ha accusato l'amministrazione di non dire la verità ai parlamentari ed alla popolazione.
La Boxer ha affrontato di petto la Rice: “Voi non tenete in alcun conto ciò che dicono la popolazione americana, i militari e il Gruppo di Studio sull'Iraq, e poi vi meravigliate come mai le nubi dello scetticismo e del pessimismo gravano su questa guerra”. Le ha rinfacciato una dichiarazione del 2005 in cui la Rice sosteneva che presto l'Iraq avrebbe potuto fare da solo, consentendo alle truppe USA di ritirarsi. A questo punto ha chiesto: “E chi ne fa le spese?”, “non io, non lei” ma le truppe e le loro famiglie. La Boxer ha chiesto alla Rice se si è chiesta quante vittime provocherà questa escalation decisa da Bush e la Rice ha risposto di no. “Davvero scoraggiante” ha concluso la Boxer.
In conclusione il sen. Joe Biden ha invitato la Rice a riferire a Bush che, con una o due eccezioni soltanto, i 21 esponenti della Commissione sono contrari alla politica da lui annunciata la sera prima. In particolare, sui propositi di attaccare l'Iran, Biden ha ammonito la Rice che una tale iniziativa presa da Bush senza l'approvazione del Congresso provocherebbe un “braccio di ferro costituzionale” e le ha ricordato che l'autorizzazione per il ricorso alla forza approvato nel 2002 per l'Iraq “nega espressamente l'autorità di intervenire in Iran”.
Il neo eletto al Senato James Webb ha chiesto alla Rice di rispondere per iscritto alla domanda se lei ritiene che l'autorizzazione del 2002 possa essere estesa all'Iran.
“Sembra che il presidente Bush voglia creare una situazione per allargare la guerra nella regione”, aveva dichiarato il 10 gennaio l'on. Dennis Kucinich. “Ha attribuito all'Iran gli attacchi contro l'America, si è impegnato a mettere l'Iran allo sbando, ha promesso di dare i missili Patriot ai 'nostri amici ed alleati'. Non basta una guerra a questo presidente? E' ora che mezzi d'informazione e parlamento stiano a sentire quando questo presidente inveisce contro Iran e Siria”.
L'on. Peter DeFazio sta raccogliendo di nuovo firme per una risoluzione in cui si esige che il presidente debba ottenere l'approvazione del Congresso prima di intraprendere iniziative militari contro l'Iran. Una risoluzione dello stesso tipo è stata presentata il 12 gennaio al Congresso dal collega repubblicano Walter Jones: Bush deve chiedere l'autorizzazione del Congresso prima di ordinare operazioni militari contro l'Iran.


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