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Le fusioni tra zombie

26 marzo – Nei salotti perbene non si dice che le signore sudano, ma piuttosto che luccicano, né che le banche falliscono ma piuttosto che vengono fusionate. Il problema però non sta tanto nel galateo quanto nel fatto che esse non sono più banche, ma tavoli di casinò in un sistema globale sempre più all'insegna del gioco d'azzardo. Le grandi banche vanno a fallire con sorprendente regolarità, ma il problema viene mascherato con delle fusioni discretamente condotte a termine, un processo descritto da LaRouche come quello degli ubriachi che si sorreggono a vicenda.
L'assommarsi del gioco d'azzardo ai fallimenti dovuti alle perdite tenute nascoste ha condotto alla formazione di una nuova classe di banche e imprese finanziarie che macinano migliaia di miliardi di dollari. La rivista Forbes presenta una graduatoria delle 15 principali banche mondiali, imprese finanziarie diverse e assicurazioni che alla fine del 2006 avevano capitali superiori ai mille miliardi. La principale holding bancaria USA è la Citigroup con 1900 miliardi. Adesso si parla di una fusione tra la Barclays Bank della City di Londra e la ABN AMRO olandese, una fusione che, se andasse in porto, darebbe vita ad una nuova banca da 3 mila miliardi di dollari. Ma anche in caso di fumata nera, le discussioni stesse vengono utilizzate per giustificare una nuova tornata di consolidamento bancario: adesso che è “in gioco” la ABN Amro, qualcuno la comprerà e, se non sarà la Barclays, allora anche questultima potrebbe essere fagocitata, dice il copione della soap opera. Mentre si susseguono le voci del chi fagocita chi, in quello che sembra un nuovo sport, i veri motivi di tanto fusionare non sono quasi mai menzionati. I motivi principali sono i fallimenti e la necessità di creare istituti finanziari imperiali refrattari ad ogni influsso della politica nazionale, ovvero banche che non si lasciano lambire dalla miseria che infliggono alla comune popolazione.
Il Telegraph di Londra ha toccato indirettamente l'argomento con un articolo di Philip Aldrick il 20 marzo. I negoziati Barclays-ABN, ha scritto Aldrick, “tornano a riproporre il consolidamento in Europa”, e spiega che una tale fusione “costituirebbe un precedente per i stringere i legami in Europa, dopodiché qualsasi cosa diventa possibile”. Consolidamenti del genere “sono da tanto tempo dovuti” e “la creazione di campioni nazionali come la BNP Paribas francese e la Deutsche Bank tedesca ha condotto ad un notevole protezionismo statale e molto hubris amministrativo”. Un accordo su ABN invece “farebbe saltare completamente gli argomenti del protezionismo”.

Le insolvenze Alt-A crescono al ritmo di quelle dei subprime

Tra i mutui subprime, concessi a condizioni capestro a creditori scarsamente affidabili, e i prime, concessi a creditori affidabili, si colloca la categoria degli Alt-A o “midprime”, quella dei mutui concessi a creditori con una affidabilità intermedia. Riferendo informazioni raccolte nel settore, Bloomberg ha scritto che “i pagamenti in ritardo di almeno 60 giorni e le insolvenze sui mutui Alt-A sono aumentati tanto rapidamente quanto quelli dei subprime, di circa il 2,4 percento”. Ciò è stato espressamente confermato anche da analisti di Citigroup Inc. e Bear Stern.
Bloomberg riferisce inoltre che secondo il Credit Suisse Group, nella categoria Alt-A sono rientrati l'anno scorso circa il 20% dei 3 mila miliardi di mutui casa USA, una percentuale pari a quella dei subprime. Il 19 marzo la CNN riferiva il timore diffuso che gli Alt-A arrivino a rappresentare una minaccia all'economia, notando che “così come il mercato Alt-A è cresciuto più rapidamente dello stesso subprime, alcuni credono che possa sgonfiarsi altrettanto rapidamente”.
Esposti nel mercato Alt-A sono soprattutto IndyMac Corp., Countrywide Financial, GMAC, General Electric, e Washington Mutual.


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