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Nessuno può coprire gli assegni scoperti delle banche

3 dicembre 2007 – Per poter chiudere i propri bilanci, prima della fine dell'anno le banche dovrebbero definire il prezzo degli assets, nell'ordine delle centinaia di miliardi, su cui sono stati emessi derivati nell'ordine dei migliaia di miliardi. Molta parte di questi assets non sono altro che assegni scoperti. Cercare di “definirne il prezzo” è un'impresa decisamente disperata. Questi assets un prezzo non ce l'hanno, le banche non trovano un acquirente e attingono il denaro all'unica fonte rimasta: le banche centrali che pompano liquidità senza badare alle conseguenze iperinflative. Infatti, più denaro viene immesso sul mercato, più ne aumenta la richiesta. Di conseguenza continua a salire a vista d'occhio il tasso del prestito interbancario a cui sono vincolati il credito alle attività, i mutui e il credito al consumo.
Il sistema è così destinato ad essere travolto da una classica ondata di insolvenze dovute al crollo generalizzato delle banche a cui si aggiungono inoltre gli effetti distruttivi dell'ondata iperinflazionistica di liquidità.
Il 26 novembre la BCE ha iniettato nel sistema 178 miliardi di euro di denaro a breve. Questa somma colossale dev'essere ripagata dopo sette giorni, ma la BCE deve ora fare i conti con la riluttanza delle banche a pagare. La settimana precedente la BCE aveva fatto una iniezione da 27 miliardi di euro, con denaro overnight, ma non è riuscita a riscuotere 10 miliardi di euro precedentemente prestati alle stesse banche, la cui situazione è disperata. Il 30 novembre la BCE ha finito per immettere altri 50 miliardi di euro nel sistema, meno della metà del denaro a breve che le banche avevano richiesto quel giorno.
La situazione più critica è quella di Citigroup, in passato la più grande banca del mondo. All'inizio dell'anno contava capitali pari a 251 miliardi, oggi ne conta invece solo 130 miliardi. Citigroup si è vista costretta a pagare l'11% di interesse per un credito di 7,5 miliardi concessole dallo sceicco di Abu Dhabi, che si mette in tasca profitti maggiori di quelli che si riscuotono sui junk bonds! Per gli esperti del mercato, quella di Citigroup è stata una decisione “disperata”. Intanto Moody's ha deciso che 6 dei 7 SIV (Structured Investment Vehicles) che fanno capo a Citigroup meritano un rating pari a junk, cioè il minimo dell'affidabilità. I SIV sono delle entità costituite dalle banche per trattare i propri assegni scoperti, chiamati assets collateralizzati.
L'insolvenza di Citigroup è una minaccia per l'intero sistema, ma diventa sempre più inevitabile visto che il capitale proprio è dimezzato ed è lungi dal poter coprire gli assets scoperti che non possono essere “valutati”.
Ovviamente Citigroup non è l'eccezione ma la regola: le altre grandi banche versano in situazioni analoghe. Nel tentativo disperato di rastrellare nuova liquidità prima della fine dell'anno pretendono dalla Federal Reserve e dalla BCE un nuovo e sostanzioso taglio dei tassi d'interesse.
È degno di nota, in questo contesto, come Goldman Sachs sia assurta al ruolo di “governo finanziario”, nella posizione di dettare la politica alle banche centrali. Il 27 novembre la Goldman Sachs ha diffuso un rapporto in cui prevede che la Federal Reserve dovrà tagliare i tassi d'interesse al 3% entro i prossimi sei mesi; il 30 novembre poi Erik Nielsen, capo economista di Goldman Sachs per l'Europa, ha diffuso una lettera pubblica in cui chiede al presidente della BCE Trichet di ridurre i tassi già per la presentazione dell'outlook della BCE per il 2009 in programma per il 6 dicembre.
Poiché iniezioni di denaro e taglio dei tassi non consentiranno di rimettere in moto il mercato degli assegni scoperti, il tasso dei prestiti interbancari continuerà a salire. La settimana scorsa l'Euribor ha chiuso a 4.889, il massimo dall'11 settembre 2001. Questo, e non il prime rate o i fondi Fed, è il vero punto di riferimento per i crediti alle attività, per i mutui e per i crediti al consumo. Pertanto, se da una parte il taglio dei tassi alimenta l'inflazione, dall'altra l'economia continua a contrarsi. In prima linea c'è il settore abitativo, dove una nuova schiera di mutuatari, che fino ad oggi non erano considerati “subprime”, ovvero poco affidabili, stanno perdendo la capacità di far fronte ai ratei perché i loro mutui sono a tassi variabili, e cioè legati ai tassi Libor e Euribor. Fino ad oggi questa schiera era al sicuro perché l'offerta speciale che hanno sottoscritto prevedeva i tassi ridotti per un periodo iniziale di due anni, che ora però volge al termine.
Il governo americano pretende di arginare l'ondata di insolvenze di questi mutui a tasso variabile allungando il periodo di grazia in cui si pagano tassi ridotti, sperando che nel frattempo un miracolo salvi i mercati. Commentando questa proposta sostenuta dal segretario al Tesoro Henry Paulson, LaRouche ha chiesto: “Chi gli punta la pistola alla tempia?”.


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