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Conferenza di sicurezza di Monaco: l'impero contro il rooseveltismo

11 febbraio 2008 – Il tradizionale incontro annuale sulla sicurezza a Monaco di Baviera ha visto quest'anno la contrapposizione di due approcci antitetici: quello che si rifà al modello imperiale britannico e quello della cooperazione tra gli stati nazionali cui mirava il rooseveltismo. Ironia della sorte, a difesa del modello britannico si è schierato il ministro della Difesa USA Robert Gates, mentre l'eredità di Franklin D. Roosevelt è stata difesa dal vice primo ministro russo Sergei Ivanov.
Nel suo discorso, pronunciato il 10 febbraio, Gates ha proposto un ritorno al paradigma dell'era Truman, la contrapposizione dura del dopo-Roosevelt. Ha ricordato come 60 anni fa Ernest Bevin, ministro degli Esteri britannico, si presentò in parlamento per denunciare la minaccia che l'Unione Sovietica e altri rappresentavano per il Regno Unito. Fece appello agli ideali comuni per cui due volte le potenze occidentali entrarono in guerra.
“Meno di due mesi più tardi, il presidente Harry Truman era di fronte al Congresso per riecheggiare questo stesso sentimento. Disse: è giunto il momento in cui uomini e donne liberi debbono affrontare la minaccia alla libertà apertamente e coraggiosamente ... Unità d'intenti, unità d'azione e unità di spirito sono essenziali per riuscire nel compito che abbiamo di fronte”. Il riferimento è servito a Gates per giustificare un appello ai paesi della NATO per una maggiore presenza militare in Afghanistan.
Molto diverso il discorso di Ivanov. A proposito dei rapporti tra Mosca e Washington, il ministro russo ha fatto riferimento espressamente al “vertice delle aragoste” (i colloqui di Kennbunkport) ed alla tradizione dei due paesi nella cooperazione pacifica. “La rinascita della Russia oggettivamente combina la nostra ambizione di occupare un posto adeguato nella politica mondiale e l'impegno al mantenimento dei nostri interessi nazionali. Vorrei dire questo: noi non intendiamo affrontare questa sfida definendo dei blocchi militari o ricercando lo scontro con i nostri partner”. Le considerazioni strategiche di Mosca “sono pienamente coerenti con la nuova percezione del mondo sviluppata dai russi, che hanno ora fiducia nelle proprie capacità e, di conseguenza, sono in grado di pensare globalmente”.
La fiducia dei russi in loro stessi, ha spiegato Ivanov, cresce grazie al successo della politica economica di Vladimir Putin, che negli ultimi anni ha garantito la crescita. “La partnership tra stato e privati è il meccanismo centrale che garantisce lo sviluppo della Russia. Il nostro obiettivo non è solo l'economia mista ma garantire un'intensa interazione tra i due settori - statale e privato - con un'eventuale tendenza ad aumentare il secondo ... Sono convinto che in questa fase non vi siano alternative ad un maggiore impegno dello stato nell'economia russa. Andando anche oltre, solo l'interferenza dello stato consente all'economia nazionale di passare dall'orientamento a senso unico di esportatore di materie prime verso una strategia di sviluppo innovativo”.
Ivanov ha respinto ogni accusa di “espansionismo” dietro la politica energetica della Russia ed ha menzionato i progetti dei gasdotti del Mare del Nord e South Stream (che sarà costruito dall'ENI) come esempi delle garanzie energetiche che la Russia estende all'Europa, “senza essere condizionati dalla politica di certi paesi attraversati”.

La NATO in Afghanistan
L'avventura militare in Afghanistan ha esposto la NATO ad un fiasco che potrebbe condurre alla disintegrazione dell'alleanza occidentale, afferma un'analisi nel prossimo numero della rivista Executive Intelligence Review. Dopo oltre sei anni di occupazione, a seguito dell'invasione decisa dopo l'11 settembre 2001, i problemi tra gli alleati sono vistosi. Anche gli addetti americani ed europei ammettono pressoché all'unanimità che l'indirizzo attuale non ha sbocchi e che la regione di confine tra Afghanistan e Pakistan si è trasformata in una nuova base per le forze di Al Qaeda e dei Taleban. Da un punto di vista militare non c'è dubbio che la guerra è persa. I 42 mila militari della NATO sul posto non sono in grado di effettuare operazioni efficaci per stanare i ribelli, per non parlare della rigogliosa crescita della produzione di oppio che genera entrate per circa un miliardo di dollari nel mercato nero del paese.
La crisi afgana dovrebbe acuirsi enormemente a primavera, quando si terranno le elezioni in Afghanistan, con il rischio di un'offensiva in grande stile dei taleban. Per questo il ministro della Difesa USA Robert Gates ha scritto agli omologhi della NATO per chiedere rinforzi, qualcosa come 9-10 mila unità. Gates però ammette che gli europei nella NATO non sono addestrati per combattere quel tipo di guerriglia. Secondo fonti del Pentagono, i Capi di stato maggiore riuniti gli avrebbero detto chiaramente che gli USA non sono in grado di mandare altre truppe in Afghanistan perché mancano uomini e mezzi. Mentre a parole Gates non poteva che concordare con i massimi ufficiali, il presidente Bush ha ordinato una spedizione di rinforzo di 3.200 marines.
In Europa, la fragilità delle strutture parlamentari è messa duramente alla prova dai tentativi di ottenere nuovi contingenti in Afghanistan e dai rischi di un aumento delle vittime tra i soldati mandati a combattere una guerra che non ha né capo né coda.
Intanto i neocon dell'American Enterprise Institute rinnovano gli appelli per un “surge” delle operazioni controinsurrezionali americane non solo in Afghanistan, ma anche in Pakistan. Nel denunciare quest'ultima follia dell'amministrazione Bush, Lyndon LaRouche ha affermato che il risultato di questa presunta “guerra globale al terrorismo” sarà una lacerazione del Pakistan e un'ulteriore dose di caos in Afghanistan. Ha spiegato che si tratta di una manovra per produrre “caos gestito” così come prevede il copione della politica britannica verso quella regione, per instaurare un ordine da cui è stata eliminata ogni eredità del Trattato di Westfalia. Specialisti militari statunitensi intanto fanno notare che se l'amministrazione Bush adotta davvero il “surge” raccomandato dall'AEI, il primo risultato possibile sarà la fine della NATO, il cui scopo di fondo venne meno già 16 anni fa, con la scomparsa dell'Unione Sovietica.


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