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Tremonti chiede la nuova Bretton Woods – e i liberisti perdono la calma

 

9 marzo 2008 – Nel corso della trasmissione “AnnoZero” su Raidue il 6 marzo, Giulio Tremonti ha ribadito il suo esplicito attacco alla globalizzazione finanziaria che ha gettato il mondo in una crisi finanziaria senza precedenti. Ma questa volta, in concomitanza con l’uscita del suo libro “La Paura e la Speranza”, Tremonti ha fatto un passo in più: per affrontare il “disastro globale”, ha detto, ci vuole “un nuovo accordo tra i grandi paesi del mondo… Ci vuole una nuova Bretton Woods”.

L’attacco di Tremonti al “mercatismo” – il termine che usa per definire l’aderenza fanatica al liberismo, e che definisce “l’ideologia totalitaria inventata per governare il mondo nel XXI Secolo” – non è nuovo. Da molti anni Tremonti cerca di evitare la camicia di forza imposta dal Patto di Stabilità, proponendo nuovi meccanismi di finanziamento per le infrastrutture in Italia. Nel 2003, il suo “Action Plan for Growth” riprese e ampliò il piano Delors del ’94 con l’intenzione di finalmente sbloccare una serie di grandi progetti infrastrutturali europei.

Il 6 giugno 2007 Tremonti partecipò ad una conferenza pubblica organizzata dall’EIR, la rivista di Lyndon LaRouche, all’Hotel Nazionale a Roma, intitolato “Mercatismo o New Deal?” Discutendo con LaRouche stesso e con il sottosegretario allo sviluppo economico On. Alfonso Gianni, Tremonti appoggiò in termini chiari le proposte di LaRouche per lo sviluppo infrastrutturale eurasiatico, e concluse dicendosi convinto che le idee del movimento di LaRouche “devono circolare”.

Negli ultimi mesi, Tremonti ha ripetutamente sfidato il falso dibattito imposto dall’establishment politico ed economico, denunciando i “folli” che hanno imposto la globalizzazione, la “tecnofinanza” utilizzata per mettere in piedi una bolla speculativa enorme, e paragonando l’attuale crisi a quella del ’29, se non peggio. Molti nella popolazione e nella classe politica sono stati colpiti dalle bordate di Tremonti, ma la casta – quella vera, fatta dai grandi giornali e dall’establishment economico – ha imposto la linea del silenzio: non reagire, ignorarlo, e si troverà il modo di metterlo all’angolo.

Pare che l’uscita del suo nuovo libro e le dichiarazioni sulla Nuova Bretton Woods abbiano cambiato tutto questo. Evidentemente Tremonti ha oltrepassato la linea rossa tracciata dalla finanza. Sicuramente contribuisce il fatto che potrebbe tornare al Ministero dell’Economia tra breve, se il Pdl dovesse vincere le elezioni; e questo proprio mentre la crisi richiede soluzioni urgenti, prima che la prossima banca (italiana questa volta?) che “scopre” perdite di decine di miliardi di Euro metta in ginocchio l’intero sistema.

Adesso si è creato un dibattito nazionale, con numerosi articoli sui giornali nazionali e dichiarazioni dei politici. I liberisti “folli” come Francesco Giavazzi e Renato Brunetta hanno fatto del loro meglio per tappare la falla; ma non dovrebbe sorprendere che il loro meglio è ben poca roba davanti alla necessità di salvare l’economia reale. Fare la voce grossa non sta funzionando questa volta, e questo dibattito intorno alla globalizzazione e le misure protettive necessarie per affrontare la crisi ha la potenzialità di ridefinire la geografia politica in Italia e altrove. Si potrebbero archiviare le manipolazioni dello scenario destra-sinistra in cui nessuno osa sfidare l’ortodossia delle “regole europee” o della società dei consumi. Si potrebbe aprire un vero dibattito intorno a come salvarci dalla politica del liberismo finanziario degli ultimi decenni. E soprattutto, ci si potrà finalmente muovere verso una soluzione per il futuro, proprio quella riorganizzazione del sistema finanziario internazionale proposta da Lyndon LaRouche.

 

Alcuni stralci dell’intervento di Giulio Tremonti a “AnnoZero” il 6 marzo 2008

Tremonti: Nel 95 ho scritto un libro intitolato “Il fantasma della povertà”... Il fantasma è arrivato ed è un fantasma che fa paura... Credo che quello che sta succedendo sui posti di lavoro sia anche il prodotto di quella che si è chiamata globalizzazione. Cioè dire – e ancora adesso girano, nelle nostre università, sui giornali nella politica, dei pazzi che ti dicono ‘ci vuole più com-pe-ti-ti-vi-tà’. La competitività, la velocità, la violenza dei processi... non che devi pensare ad un mondo di sogno, ma magari ad un mondo com’era prima, meno spinto, meno fanatizzato dal dogma del mercato. La paura ce l’hanno gli anziani che vanno al supermercato e non hanno i soldi per fare la spesa. Noi viviamo in un mondo all’incontrario: in un mondo in cui il superfluo costa meno del necessario. Puoi andare a Londra con 20 dollari ma non fai una spesa al supermercato con 20 euro. Questo è il punto.

La paura riguarda le famiglie che hanno la vita mangiata dai mutui. Sta arrivando una grande crisi. Questo è il punto e la risposta alla domanda. C’è una crisi della globalizzazione. Si è piantata...

Santoro: è il motivo, anche, della prudenza di Berlusconi...

Tremonti: Poi, dopo, rispondo all’imprudente Travaglio... ma direi che il punto è più generale, e cioè a dire: a partire dalla fine degli anni 90 e poi in questo secolo, un gruppo di - diciamo di illuminati, banchieri diventati statisti, politici diventati pensatori economici, falsi profeti – hanno predicato i benefici, il mito del XXI secolo, la globalizzazione, la cornucopia, l’età dell’oro. Tutto si è basato sulla divisione, prima, del mondo in due parti: l’Asia produttrice di merci a basso costo e l’occidente, l’America, importatore di queste merci a debito. Tutto è stato messo in piedi con la tecnofinanza, con le banche che non hanno fatto più il mestiere antico che sempre hanno fatto le banche: prendere denaro sulla fiducia e prestare denaro a proprio rischio. Hanno impacchettato i prodotti e li hanno venduti, ceduti a terzi. 

Il meccanismo della tecnofinanza che ha finanziato la globalizzazione è saltato. Non solo: non ha funzionato in sé: non potevi fermare il mondo, ma non eri autorizzato a – solo dei pazzi illuminati, se vuole le dico i nomi italiani ma è meglio di no, hanno pensato che, governando gli anni novanta e poi dopo, che il mondo potesse essere forzato…

 Le dico un’ultima cosa. Quando arrivano gli americani nel 45 e portano la penicillina, con la penicillina guariscono tutti di colpo. Adesso come adesso, con la penicillina ci fai poco: servono gli antibiotici. Tutti questi illuminati che governano l’economia, hanno gestito la crisi che c’è e che ci sarà, che continua, si aggrava e contagia, l’hanno gestita con gli strumenti vecchi, e cioè a dire con la riduzione dei tassi d’interesse, con le iniezioni di liquidità. Non reagisce l’organismo, anzi: sta ancora peggio. E’ cambiato il mondo, deve cambiare il governo del mondo.

Noi pensiamo alcune cose per l’Italia, ma pensiamo che se il disastro è globale, la politica non può essere più locale. Noi pensiamo ad un nuovo accordo tra i grandi paesi del mondo. Bretton Woods fu nel 44; va rifatto. Ci vuole una nuova Bretton Woods.

 


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