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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Si aggrava la crisi alimentare mentre Londra attacca i sussidi agricoli

5 maggio 2008 – Dall’inizio del 2008 i prezzi degli alimenti di base (riso, grano, latte, ecc.) sono aumentati come un’onda d’urto provocata dalla disintegrazione in corso del sistema finanziario e monetario internazionale. L’esplosione delle bolle speculative, come i subprime e i derivati finanziari, e gli enormi passivi degli USA hanno provocato la caduta del dollaro che di conseguenza ha spinto alle stelle i prezzi petroliferi. Questo ha inoltre spinto al rialzo i prezzi delle materie prime più importanti — acciaio, chimica — facendosi sentire in particolare nei fertilizzanti, negli impianti di irrigazione, nella produzione di sementi, con conseguenze preoccupanti sui prodotti agricoli e alimentari. I rincari dei prezzi alimentari hanno attirato i capitali speculativi, disperatamente in cerca di alternative di fronte allo sfascio del settore immobiliare e i ribassi di altri settori.

Dunque il “crac finanziario” per molti si sta trasformando in un “crac alimentare”. Sfidando le regole del WTO, molte nazioni che rischiano sommosse per il pane e il crollo del potere d’acquisto cominciano a limitare o a sospendere del tutto l’esportazione di prodotti alimentari per poter soddisfare il fabbisogno minimo del paese. L’orchestra massmediale britannica ha subito intonato una campagna contro questa normalissima reazione tacciandola di “protezionismo” e prendendosela in particolare con la Politica Agricola Comune (PAC), una delle rare cose buone della politica comunitaria europea, vista sempre da più parti come un modello per risolvere la crisi alimentare.

Originariamente la PAC, che si ispirava al sistema dei prezzi paritari che furono introdotti da F.D. Roosevelt negli USA, fu introdotta nei primi anni Sessanta per garantire la sicurezza alimentare, un congruo compenso ai produttori e un prezzo ragionevole ai consumatori. La PAC rappresenta un sistema complesso di dosaggio dei sussidi alla produzione e costituzione di scorte per consentire interventi volti a spingere in basso i prezzi, concepito come un sistema di “preferenza comunitaria” in seno al Mercato Comune.

Londra ha dichiarato guerra tanto tempo fa a questa politica. Nel dicembre 2005 il Tesoro di Sua Maestà Britannica pubblicò un rapporto intitolato “A vision for the Common Agricultural Policy” sostenendo che la PAC “distorce significativamente l’economia complessiva dell’UE”, “danneggia l’ambiente”, “distorce il commercio internazionale e inibisce lo sviluppo economico in alcuni dei paesi più poveri del mondo”, mentre al tempo stesso “costa ai consumatori e contribuenti dell’UE circa 100 miliardi di euro ogni anno”. Il documento proponeva quindi una nuova PAC, il cui obiettivo “non sia quello di mantenere gli attuali livelli o sistemi di produzione”.

L’economista Liam Halligan ha scritto sul Sunday Telegraph del 4 maggio: “È immorale suggerire che la PAC rappresenti la soluzione alla crisi alimentare”. È tanto fine a sé stessa e pericolosa da meritare che i politici la facciano politicamente a pezzi”. Il 1 maggio l’Economist ha pubblicato un attacco alla “famigerata PAC” ed all’idea della sicurezza alimentare, anche negli USA: “Quest’autosufficienza sconsiderata è sbandierata anche in America, dove si sta preparando una nuova legge per le imprese agricole”.

Purtroppo gli inglesi sono riusciti a fare leva sulla Commissione dell’UE e sul WTO per ridurre l’efficacia della PAC. Ad esempio sono state liquidate le scorte: dai 18 milioni di tonnellate del 2004 le scorte di grano dell’UE sono state ridotte a zero nel 2006. L’eliminazione completa delle scorte di burro e latte in polvere è stata ottenuta nel 2007. Di conseguenza l’UE non ha i mezzi per intervenire nella crisi attuale.

In Europa comincia a prendere vita una resistenza, guidata soprattutto dalla Francia, agli attacchi britannici contro la PAC (vedi oltre). Ci si comincia a rendere conto che al crollo delle forniture alimentari seguirebbe immediatamente il collasso economico completo. Le forniture alimentari non possono essere abbandonate alle “regole del mercato” e alle relative manipolazioni, ma sono elemento centrale della sicurezza nazionale. Sfamare 9 miliardi di persone nel 2050 richiede il raddoppio della produzione alimentare mondiale; questo è un obiettivo che ha precedenza su ogni considerazione per i presunti meccanismi autonomi del mercato.

Il partito britannico si rende conto che la partita è persa, perché ora diventa più evidente che mai a tutti che la “competizione sfrenata”, decantata come l’unica via al benessere ed alla felicità, è un biglietto senza ritorno verso nuovi secoli bui e il nuovo feudalesimo.

 

Michel Barnier: il liberismo nega il cibo all’Africa

Il ministro dell’agricoltura francese Michel Barnier, impegnato in un’iniziativa internazionale per risolvere la crisi alimentare mondiale, non si limita a difendere la PAC, ma anzi la presenta come “modello” per ispirare soluzioni analoghe in altre regioni, come l’Africa o l’America Latina. L’iniziativa non poteva non suscitare reazioni scomposte nel partito britannico.

Il ministro Barnier ha risposto alle sciocchezze di David Spector, docente della Paris School of Economics, secondo il quale la PAC sarebbe una “aberrazione economica” sul quotidiano La Tribune del 14 aprile. Spector aveva proposto alla Francia di accettare un prezzo ragionevole per rinunciare una volta per tutte alla PAC. Tre giorni dopo Barnier ha risposto sotto il titolo “Eliminare la PAC, un errore politico” affermando che “la sfida di fronte agli agricoltori nel mondo di oggi è raddoppiare la produzione per sfamare 19 miliardi di individui nel 2050.” Il cibo non può “essere lasciato solo nelle mani degli speculatori finanziari, e sottostare agli standard infimi della qualità, per la salute e per l’ambiente, che sono semplicemente in vigore nei mercati”.

Qualche giorno più tardi sul Financial Times  Barnier ha ribadito, riferendosi alle paurose oscillazioni dei prezzi e alle sommosse per il pane: “Non consentirò che le responsabilità siano fatte ricadere sul sistema di sussidi e barriere al commercio”, ed ha aggiunto che la Francia si ripropone di usare la presidenza di turno dell’UE “per avviare un dibattito sul futuro della PAC dopo il 2013”, quando scadrà il regime di finanziamento attualmente in vigore. Nel 1985 l’81% dei sussidi comunitari andarono all’agricoltura, ma la UE ha deciso di ridurli al 37% entro il 2013. Barnier ha commentato che “è troppo presto per dire” se questa riduzione debba essere accettata.

La redazione del Financial Times ha reagito male: “E' la lezione più sbagliata da trarre dalla crisi alimentare globale”, ha scritto a proposito dei commenti di Barnier. “Non è solo una pessima idea, ma può risultare letale. Dev’essere eliminata”.

Barnier ha risposto per le rime il 2 maggio: “Pretendere che il futuro delle popolazioni più povere del mondo dipenda dalla loro capacità di esportare alle parti più ricche del mondo è una doppia negazione della realtà”. Primo, esse esportano già nel più grande mercato mondiale, la UE, e secondo “è proprio la scelta di un’agricoltura orientata all’export che ha rovinato l’agricoltura di sussistenza e la produzione locale nei paesi più poveri del mondo”.

A proposito del WTO il ministro ha aggiunto: “A perdere nel round di Doha del WTO saranno inevitabilmente i poveri e affamati del mondo”. “Cercare di aiutare gli agricoltori poveri, che in quanto a competizione sono già in difficoltà, esponendoli alla libera competizione non mostra un briciolo di ragione. In pratica significa negare un minimo di sicurezza alimentare all’Africa nel prossimo futuro e scoraggiare l’unica soluzione possibile”.

 

Biocarburanti: “crimine contro l’umanità”

Il primo a definire i biocarburanti “un crimine contro l’umanità” è stato lo scorso settembre Jean Ziegler, relatore speciale dell’ONU  per il diritto all'alimentazione. I mezzi d’informazione gli hanno dato spazio però solo a metà aprile, quando la crisi alimentare non si poteva più tenere nascosta. Giulio Tremonti ha ribadito questa stessa valutazione in una trasmissione televisiva del 23 aprile, riscotendo l’assenso di Emma Bonino, ex commissario dell’UE. Tremonti ha indicato Al Gore come uno dei massimi responsabili politici del “crimine” dei biocarburanti.

In una conferenza stampa del 28 aprile Ziegler ha dichiarato che l’operato della WTO “va completamente contro gli interessi della gente che è vittima della fame”. In ogni caso la WTO si sta affrettando a concludere i negoziati di Doha per la liberalizzazione del commercio, che mieterà nuova vittime.

A Jean Ziegler è subentrato Olivier De Schutter, che ne ha continuato la campagna contro i biocarburanti e la speculazione sulle materie prime, ed ha lanciato un appello affinché non siano smantellati i sussidi all’agricoltura in Europa. In una conferenza stampa del 2 maggio, il nuovo relatore dell'ONU ha chiesto la convocazione d’urgenza di un incontro del Consiglio per i diritti umani dell’ONU perché il problema della scarsità di cibo sia affrontato come un’emergenza dei diritti umani che colpisce almeno 100 milioni di persone.

“Se un regime dittatoriale arrestasse 100 milioni di persone, o la sua polizia malmenasse 100 milioni di persone, certamente la gente scenderebbe in strada a manifestare e si convocherebbero riunioni straordinarie del Consiglio per i diritti umani”, ha detto De Schutter. “Ciascuno di questi 100 milioni di individui merita la stessa attenzione da parte della comunità internazionale”.  Il diritto umano “ad un’alimentazione adeguata ... dev’essere considerato alla stessa stregua del diritto a non essere sottoposti a detenzione arbitraria o del diritto alla libertà d’espressione”.

Secondo De Schutter, la crisi avrebbe potuto essere mitigata se i paesi avessero creato reti di sicurezza e misure per proteggere il diritto all’alimentazione. Questa è una crisi “fatta dall’uomo. Sappiamo quali ne sono le cause e possiamo intervenire su di esse”.

Il nuovo relatore speciale per il diritto all’alimentazione ha richiesto il congelamento immediato dei nuovi investimenti per la trasformazione di alimentari in carburante e per un aumento degli aiuti agricoli nei paesi in via di sviluppo. A questo proposito ha notato come i prestiti all’agricoltura della Banca Mondiale siano passati dal 30% sul totale nel 1980 al 12% nell’anno scorso.

Egli ha inoltre proposto che un accordo commerciale globale consideri l’impatto dei sussidi agricoli non solo sui produttori, ma anche sui non produttori, che rischiano di essere colpiti da nuove impennate di prezzi provocati dall’eliminazione dei sussidi. Per quanto concerne la produzione e la distribuzione alimentare, De Schutter ha sottolineato che spesso il potere si trova nelle mani di pochi personaggi che hanno piena facoltà di imporre i prezzi che vogliono. A proposito della speculazione ha notato come l’aumento dei prezzi alimentari “è stato decisamente incoraggiato ed accelerato dagli investimenti speculativi”. “Vi sono dei modi per isolare i prezzi del cibo dai rischi e dalla volatilità che derivano da questi movimenti speculativi del denaro, ma per questo occorre operare come una singola comunità”.

Senatori USA contro i biocarburanti

Il senatore repubblicano James Inhofe, esponente di spicco della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici, ha lanciato un solenne appello ai colleghi senatori, il 29 aprile, affinché abbandonino i paradigmi ambientalisti e trovino il coraggio di ridurre le percentuali di biocarburante che dev’essere obbligatoriamente contenuta alla pompa secondo la legge Energy Independence and Security Act del 2007. Questa legge, approvata a dicembre, “aumenterà del 500% la quantità di carburanti rinnovabili” entro il 2022, come ammette il sito web della Casa Bianca, ed è stata presentata come una delle maggiori conquiste dei democratici da parte della Speaker Nancy Pelosi. La legge però consente deroghe in situazioni in cui sarebbe “troppo lesivo per l’economia e l’ambiente di uno stato o regione, o a seguito di una disponibilità interna inadeguata”.

Secondo il sen. Inhofe “siamo nel mezzo di difficoltà alimentari globali prodotte da decenni di politiche ambientali ed energetiche traviate”. Egli ha chiesto perciò “drastiche e indispensabili iniziative per contribuire a sanare il nostro attuale errore politico sui biocarburanti”. In precedenza, insieme ad altri senatori, Inhofe aveva scritto al Presidente Bush paventando i rischi dell’utilizzo di etanolo come carburante per tutti i mezzi di trasporto. Facendo riferimento allo studio apparso sulla stampa secondo cui la fame è la minaccia numero uno per la salute della popolazione in tutto il mondo, ed è la causa di un terzo dei decessi infantili, Inhofe ha sottolineato che “risolvere il problema della fame è una sfida morale per tutti noi”.

Tra il 2001 e il 2007 la produzione mondiale di etanolo è passata da 6 a 24 miliardi di litri, per lo più distruggendo mais: un terzo della produzione USA di mais e il 12% di quella mondiale.

Anche il sen. Jeff Bingaman della Commissione energia e risorse naturali e il capogruppo repubblicano al senato Dick Durbin ritengono che l’indirizzo politico vada riconsiderato, visto il disagio crescente nella popolazione. Durbin ha affermato: “Ho sostenuto fin dall’inizio l’etanolo, e ancora ci credo, credo che i biocarburanti avranno un grande futuro, ma dobbiamo considerare la cosa con onestà. Qual è l’impatto attuale e che cosa occorre fare per provvedere ai cambiamenti?”. Il sen. Kay Bailey Hutchinson è il promotore di una lettera, sottoscritta da 19 colleghi, in cui chiede all’EPA (Environmental Protection Agency) quale sia la procedura che uno stato deve seguire per chiedere una deroga al mandato sull’etanolo.

È giunto il momento in cui i parlamentari democratici prendano seriamente le distanze da Gore e Pelosi sulla questione della distruzione di prodotti agricoli per produrre benzina. Ma più in generale è tutto il “paradigma verde”, inventato per indurre i politici ad imporre politiche malthusiane nell’interesse di fanatici fautori dell’eugenetica come il Principe Filippo, deve essere radicalmente eliminato per fare posto ad una politica che favorisca un'espansione rapida della produzione e distribuzione di alimentari, acqua ed energia.


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