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La sfida dei socialdemocratici europei contro la City di Londra

26 maggio 2008 – «Non possono essere i mercati finanziari a governarci!», questo è il titolo di una lettera firmata da un gruppo di personalità della socialdemocrazia europea inviata al presidente della Commissione UE Jose Manuel Barroso ed al presidente francese Nicolas Sarkozy, il quale subentrerà alla presidenza dell’UE il 1 luglio, e pubblicata il 22 maggio su Le Monde.

“La crisi finanziaria attualmente in corso non è un caso. Essa non era, come vuole qualcuno ai vertici della finanza e della politica, impossibile da prevedere. Per individui dotati di lucidità, l’allarme suonò diversi anni fa. Questa crisi è dovuta al fallimento di mercati con poche o senza regole, e ci mostra, ancora una volta, che il mercato finanziario non è capace di autoregolamentazione. Ci ricorda inoltre il preoccupante aumento del divario dei redditi nella nostra società e solleva gravi interrogativi sulla nostra capacità di impegnare i paesi in via di sviluppo in un dialogo credibile sulle sfide globali”.

La lettera è firmata da due ex presidenti della commissione europea, Jacques Delors e Jacques Santer, da sette ex capi di governo (Helmut Schmidt, Massimo d'Alema, Lionel Jospin, Pavvo Lipponen, Goran Persson, Poul Rasmussen, Michel Rocard), e cinque ex ministri del Tesoro (Daniel Daianu, Hans Eichel, Pär Nuder, Otto Lambsdorff, Ruairi Quinn).

L'importanza della lettera è stata immediatamente compresa a Londra, dove Ambrose Evans-Pritchard, noto cane da guardia dell'oligarchia finanziaria, ha prontamente replicato sul Sunday Telegraph: questo “testo fulminante è la prova più chiara della spinta verso un ‘super regolatore’ per l’intera UE che ridurrebbe l’Authority britannica per i servizi finanziari ad una branca regionale — e costituisce una minaccia grave alla City di Londra ... I critici europei del capitalismo anglosassone da ‘bisca’ prendono spunto dal disastro creditizio come opportunità per tarpare le ali alla City”, giacché sanno che “l’Inghilterra è insolitamente vulnerabile alle pressioni dopo l’affare Northern Rock”.

I “socialisti continentali” denunciano la speculazione ed il ruolo degli hedge funds nell’aumento dei prezzi alimentari ed energetici, sottolineando correttamente che questo collasso sistemico rischia di provocare “indigenza senza precedenti, la proliferazione di stati falliti, migrazioni di massa e nuovi conflitti armati”. A coloro che sostengono l’illusione di “economie europee robuste” essi fanno notare “il disordine crescente nei mercati immobiliari di Regno Unito, Spagna e Irlanda e il rallentamento economico che si diffonde in tutta Europa”.

Per combattere gli effetti e le cause profonde di questa crisi, in conclusione essi propongono: “E’ giunto il momento di costituire una ‘Commissione di crisi europea’ che raccolga politici di rilievo, ex capi di stato e di governo o ministri delle finanze come anche rinomati economisti ed esperti finanziari di tutti i continenti”. L’obiettivo principale della Commissione dovrebbe essere quello di “presentare al Consiglio dei Ministri, agli stati membri ed al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, al direttore generale del FMI e a tutte le autorità ed agli organismi interessati una serie di proposte per limitare gli effetti di questa crisi e preparare una Conferenza Finanziaria Mondiale concepita per ridefinire le regole della finanza internazionale e la governance delle questioni economiche globali”.

Salutando il tanto atteso intervento dei socialdemocratici in questa crisi, il presidente del movimento di LaRouche in Francia Jacques Cheminade ha commentato che sono molto pochi coloro che hanno parlato di “capitale fittizio” al di fuori di Rosa Luxemburg, Lyndon LaRouche e lo stesso Cheminade. Per quanto concerne la “Conferenza finanziaria mondiale”, essa ricorda la proposta di LaRouche per una Nuova Bretton Woods, un nuovo sistema monetario e creditizio, proposta ripresa anche da Giulio Tremonti, Michel Rocard e approvata dal Parlamento Italiano il 6 aprile 2005.

Alcuni stralci della lettera degli ex capi di governo e ministri economici pubblicata su Le Monde:

 “Questa crisi finanziaria non è frutto del caso. Né gli alti responsabili del mondo finanziario e della politica possono fingere che non fosse prevedibile. Già da anni alcuni individui dalla mente lucida hanno suonato il campanello d’allarme. La crisi incarna a tutti gli effetti lo scacco dei mercati, i quali sono poco o male regolati, e ci mostra ancora una volta che i mercati sono incapaci di darsi delle regole. Essa ci ricorda le inquietanti disuguaglianze di reddito, che non cessano di aumentare nelle nostre società, e getta forti dubbi sulla nostra capacità di impegnarci in un dialogo credibile con le nazioni in via di sviluppo a proposito delle grandi sfide mondiali.

I mercati finanziari sono diventati sempre meno trasparenti e si rivela un’impresa titanica l’identificazione di coloro che sostengono e valutano i rischi. Il settore bancario detto “nell’ombra”, anch’esso poco o mal regolato, non ha mai cessato di crescere nel corso degli ultimi vent’anni. Le grandi banche hanno partecipato ad un gioco di “creazione e distribuzione” di prodotti finanziari estremamente complessi e si sono imbarcate nella vendita di debiti legati a prestiti immobiliari ad alto rischio.  Le transizioni speculative sono state dunque incoraggiate da regimi di tassi inadeguati, da una visione fin troppo miope e da conflitti d’interesse ben evidenti.

I prestiti ipotecari dubbiosi, fondati a torto sull’idea che i prezzi degli immobili fossero destinati ad aumentare senza sosta, permettendo così il rimborso dei debiti contratti, non sono che i sintomi di una crisi assai più ampia, in materia di governo della finanza e delle pratiche commerciali. Le tre più grandi agenzie di “rating” al mondo si sono spinte a classificare questi valori strampalati come privi di rischi, relativamente parlando. Una banca d’investimento ha guadagnato alcuni miliardi di dollari americani speculando al ribasso sui titoli subprime proprio vendendoli ai propri clienti, cosa che può essere qualificata in modo più eloquente come la perdita di ogni forma di etica nel mondo degli affari!

Noi avevamo indicato questi pericoli, in questa situazione. Alexander Lamsfalussy e il Comitato dei saggi, in un rapporto sui mercati azionari europei (2001), sottolinearono il legame tra l’apparente cresciuta efficacia di questi mercati e il prezzo da pagare in materia di stabilità finanziaria. Paul Volker, qualche anno fa, espresse la sua inquietudine. Paul Krugman, circa dieci anni fa, puntò ugualmente il dito sulle minacce poste dalle entità finanziarie non regolate nella loro crescita. Nel 2003, Warren Buffett classificò i prodotti derivati tra le “armi finanziarie di distruzione di massa”.

Un rapporto della Banca d’Inghilterra sulla stabilità finanziaria ha posto l’attenzione sullo scarto pericoloso che esiste tra i creditori le conseguenze delle loro decisioni. Il problema risiede nel modello attuale di governo dell’economia e d’impresa, impostato su una scarsa regolamentazione, su un controllo inadeguato e su un’offerta troppo debole di beni pubblici.

La crisi finanziaria dimostra assai chiaramente che l’industria finanziaria è incapace di regolarsi da sé. È imperativo il miglioramento dei controlli e la regolamentazione delle banche. Occorre ugualmente rivedere i quadri di regolamentazione degli strumenti d’investimento. L’uso degli strumenti finanziari (come le Obbligazioni Collaterali Derivate,  obbligazioni associate ad attivi finanziari di natura differente) dovrà essere regolato. Ogni istituzione finanziaria dovrà, come le banche, mantenere delle riserve minime, e il tasso d’indebitamento non potrà rimanere illimitato. Infine, il regime dei tassi dovrà essere rivisto al fin di scoraggiare l’assunzione di rischi sconsiderati senza una certa prudenza 

Per quanto riguarda le conseguenze di questa crisi sull’economia reale, sembra che gli esperti economici del mondo intero siano stati colpiti da un eccesso di timidezza. Quasi tutti gli istituti di previsione, rivedono le loro valutazioni di crescita al ribasso, per tutti i Paesi sviluppati, tra il 2008 e il 2009. Ma nessuno osa dire chiaramente se l’Europa sia minacciata o no da una recessione economica. Certi sintomi, tuttavia, non ingannano. Nel caso dell’Unione Europea, una recessione entro i 2008 o nell’anno 2009, avrebbe delle conseguenze drammatiche.

La crescente disuguaglianza dei redditi s’è prodotta parallelamente alla continua crescita del settore finanziario. È vero che i progressi tecnologici hanno contribuito in modo significativo ad alcune differenze di reddito, sempre più forti, in favore della manodopera altamente qualificata, ma in questo campo v’è stato un impatto più consistente da parte di politici mal consigliati. Il capitale finanziario rappresenta oggi un valore quindici volte superiore al PIL mondiale. In America, il debito accumulato dalle famiglie, dalle imprese finanziarie e non finanziarie, e dalle autorità pubbliche rappresenta un valore superiore al triplo del PIL degli Stati Uniti, ossia due volte superiore al livello registrato nel momento in cui si ebbe il crac di borsa del 1929.

Il mondo della finanza ha accumulato una massa gigantesca di capitali fittizio, che non migliora – se non di poco – la condizione umana e la conservazione dell’ambiente. I mercati liberi non possono fare della morale sociale. Adam Smith, padre del laissez-faire economico, scrisse anche una Teoria dei Sentimenti Morali. Max Weber stabilì un legame tra il duro lavoro e i valori morali da una parte, e l’avanzata del capitalismo dall’altra. Il capitalismo decente (ossia un capitalismo rispettoso della dignità umana, riprendendo la proposta di Amartya Sen) richiede un intervento pubblico efficace. La ricerca del profitto costituisce l’essenza dell’economia di mercato. Ma, allorché tutto è in vendita, diminuisce la coesione sociale e il sistema affonda. La crisi finanziaria di oggi riduce la capacità dell’Occidente di stabilire un dialogo più costruttivo con il resto del mondo sulle sfide mondiali, sulla gestione degli effetti della mondializzazione e del riscaldamento planetario, mentre il boom economico straordinario dell’Asia pone nuovamente delle sfide senza precedenti.

L’aumento spettacolare dei prezzi dell’energia e delle derrate alimentari viene ad aggravare gli effetti della crisi finanziaria ed è di cattivo augurio. È molto significativo che i fondi speculativi abbiano contribuito al rialzo dei prezzi delle derrate di base. I cittadini dei Paesi più poveri saranno i primi ad essere toccati. Rischiamo di trovarci davanti ad una miseria senza precedenti, ad una proliferazione di Stati falliti, a flussi migratori più forti e ad una crescita di conflitti armati.

Certuni affermano ad alta voce che l’Europa possiede “delle economie solide”, con un controllo finanziario e una regolamentazione migliori degli Stati Uniti. Si potrebbe in parte convenire, ma non dimentichiamo i problemi crescenti dei mercati immobiliari nel Regno Unito, in Spagna e in Irlanda, e il marasma economico che si diffonde in tutta Europa. Pensiamo ugualmente al nazionalismo economico e al populismo, entrambi tornati di moda in questi ultimi tempi.

Coloro che prendono le decisioni, in Europa, sia a livello dell’Unione che a quello nazionale, devono rispondere in modo fermo alla crisi finanziaria attuale. Abbiamo bisogno di pragmatismo, di apertura di spirito e di cooperazione, perseguendo un obiettivo comune.

L’Europa deve studiare le evoluzioni e identificare le conseguenze prevedibili nel breve e lungo periodo, al fine di elaborare della proposte rivolte alla comunità internazionale, per permettere il controllo degli effetti e della cause profonde della crisi.

È il momento di creare un comitato di crisi europeo che riunisca i rappresentanti politici di alto livello, gli ex capi di Stato e di governo o i più rinomati tra gli ex ministri delle finanze e dell’economia, e gli esperti finanziari di tutti i continenti. Questo comitato deve assumere i seguenti compiti:

  • procedere nell’analisi dettagliata della crisi finanziaria nel contesto più ampio che abbiamo cercato di descrivere sopra;
  • identificare e valutare i rischi socio-economici che la crisi finanziaria comporta per l’economia reale, in particolare in Europa;
  • proporre una serie di misure al Consiglio dell’Unione Europea, al fine di evitare o di limitare questi rischi;
  • presentare al Consiglio dei ministri, agli Stati membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, al direttore generale del Fondo Monetario Internazionale e a tutte le autorità e istanze coinvolte, una serie di proposte al fine di limitare gli effetti dalla crisi e preparare una conferenza finanziaria mondiale al fine di ripensare le regole della finanza internazionale e del governo dei temi economici mondiali.

Nel 2000, ci accordammo per fare dell’Unione Europea la regione più competitiva al mondo. Questa ambizione è stata ribadita nel 2005. Dobbiamo garantire che la competitività dell’Europa venga sostenuta e non minata dai mercati finanziari. Dobbiamo agire senza più indugiare: per noi cittadini, per maggiori investimenti, per la crescita economica, per la giustizia sociale, per le possibilità di lavoro, e in definitiva, per un futuro migliore di tutti gli Europei.

Jacques Delors, Jacques Santer, ex presidenti della Commissione europea ; Helmut Schmidt, ex cancelliere della Germania; Massimo d'Alema (Italia), Lionel Jospin (Francia), Pavvo Lipponen (Finlandia), Goran Persson (Svezia), Poul Rasmussen (Danimarca), Michel Rocard (Francia), ex primi ministri; Daniel Daianu (Romania), Hans Eichel (Germania), Par Nuder (Svezia), Ruairi Quinn (Irlanda), Otto Graf Lambsdorff (Germania), ex ministri dell'économie e/o delle finanze.


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