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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

   

7 novembre 2008 (MoviSol) - Ripubblichiamo un testo di Lyndon LaRouche sulla sua originale proposta di Nuova Bretton Woods, inizialmente stampato su "Solidarietà", il bollettino d'informazione della nostra associazione (Anno VI, N. 5, dicembre 1998).

Scrivemmo:

Tony Blair è tra quelli che cercano di “appropriarsi” dell’idea di rifondare il sistema monetario internazionale, per andare nella direzione opposta. Lyndon LaRouche, autore della proposta originale, spiega l’imbroglio.

Qual è la vera “nuova Bretton Woods”?

di Lyndon H. LaRouche, Jr.

Lo scorso 18 marzo 1998, in una conferenza tenutasi a Washington, presentai ufficialmente la mia proposta per una “nuova Bretton Woods”, come un’iniziativa politica che doveva essere intrapresa dal Presidente degli Stati Uniti. Allora, come ancora oggi, si trattava dell’unica alternativa praticabile di fronte al processo di disintegrazione del sistema finanziario e monetario mondiale in corso.

Successivamente, alla fine dello scorso agosto, quando la crisi finanziaria e monetaria è precipitata in Giappone e in Russia, alcune importanti personalità e istituzioni, in particolare nel mondo bancario, ripresero in qualche modo la sostanza della mia proposta ma con obiettivi più limitati, senza mancare però di una certa competenza. In ambienti bancari responsabili si riconosceva l’urgenza dei quattro fatti essenziali che sottolineavo nella mia proposta:

(1) Che l’era della “globalizzazione” sta cozzando contro la realtà, con la quale era da lungo tempo in rotta di collisione, anche se la gente troppo ideologizzata per pensare respinge le prove di questo fatto. O si ribalta il processo di “globalizzazione” per tornare immediatamente alle relazioni economiche internazionali fondate sulla premessa che la massima autorità è costituita dagli stati nazionali sovrani, oppure non vi sarà una ripresa dall’attuale processo di disintegrazione del sistema finanziario e monetario.

(2) Che il modello di economia politica, nazionale e internazionale, deve fare riferimento esattamente allo spirito ed ai metodi del protezionismo vigente in tutto il periodo della ricostruzione del dopoguerra, e che debbono essere prese misure che ricalchino da vicino le norme protezionistiche che furono in vigore fino al 1958.

(3) Che è necessaria l’istituzione di rigorosi controlli sui cambi e sui capitali da parte degli stati sovrani, la cui autorità in materia non deve essere delegata ad enti internazionali vecchi o nuovi.

(4) Che occorre una politica creditizia rigorosamente protezionistica, che consenta di estendere il credito su grande scala, ma in maniera altamente selettiva, alla produzione ed al commercio di prodotti tangibili dell’agricoltura, delle infrastrutture, dell’industria; una politica protezionista volta a promuovere la produzione ed il commercio in questi settori, ma che al tempo stesso riduca il flusso di credito diretto altrove.

La speculazione finanziaria, in primo luogo, dev’essere arrestata, e le masse impagabili di titoli detti “derivati” debbono essere semplicemente cancellate come se non fossero mai esistite.

Recentemente è poi accaduto, come ci si doveva attendere, che qualche imbroglione, in particolare il Primo ministro del Regno Unito Tony Blair, si è fatto avanti pretendendo di essere lui l’autore della proposta della “nuova Bretton Woods”. Le proposte di costoro, come quella di Blair, sono un puro imbroglio e sono pericolosamente incompetenti. Nel frattempo, chi vanta una vera competenza conferma che le prescrizioni necessarie per una “nuova Bretton Woods” siano esattamente quelle da me ufficialmente esposte il 18 marzo a Washington.

Purtroppo, alcuni che dovrebbero avere le idee un pochino più chiare si sono lasciati abbindolare dai ciarlatani della risma di Blair. Così hanno finito col dire a proposito della mia proposta: “Certo, lei è stato il primo a proporla, ma adesso sono stati in molti ad appropriarsene, mettendo lei in disparte”. Se avessero riflettuto prima di parlare così, costoro non sarebbero caduti vittima del pericoloso raggiro.

Ad esempio, Tony Blair sembra che non riesca mai a capire che Dio non è disposto a negoziare le leggi dell’universo con gli interessi della finanza oligarchica che lui rappresenta.

L’aspetto essenziale della situazione è che nei periodi che vanno dalla Crisi missilistica di Cuba del 1962 fino all’entrata in vigore del folle “sistema a tassi fluttuanti” nel 1972, e poi quello del “nuovo ordine mondiale” instaurato dalla Thatcher, da Mitterrand e da Bush tra il 1989 ed il 1992, i governi egemoni e le autorità monetarie del pianeta hanno imposto una serie di cambiamenti fondamentali nell’impostazione delle scelte politiche. Tutti questi cambiamenti hanno avuto l’effetto di produrre la catastrofe economica, finanziaria e monetaria globale entrata ora nella sua fase finale.

Per curare il male occorre rimuoverne la causa. Tutti i cambiamenti fondamentali di politica economica degli ultimi trent’anni debbono essere annullati, radicalmente e subito, perché altrimenti l’intero pianeta entra in una “nuova epoca buia” come quella in cui sprofondò l’Europa nel XIV secolo, ma questa volta su scala globale.

Queste sono le leggi che regolano l’universo sul conto delle quali i governi sani non si mettono a cavillare. La pretesa di patteggiare cavillosamente ciò che è giusto e sbagliato, esigendo dal Padreterno “una maggiore democraticità” è la ragione per cui la carriera politica di Tony Blair finirà nel dimenticatoio, e qualcosa di simile toccherà anche a coloro che continuano a credere che Tony Blair possa proporre una vera riforma di “nuova Bretton Woods”.

Che cosa propongono gli illusi?

Gli sciocchi che pretendono dal Padreterno un atteggiamento più “democratico”, che si pieghi alle riluttanze e agli umori di Blair e compagnia, sollevano obiezioni talmente standardizzate che si possono facilmente chiarire una volta per tutte.

Obiezione numero uno:

Dato che il sistema di Bretton Woods fu stilato da John Maynard Keynes, oggi “una nuova Bretton Woods significa che si deve ritornare a Keynes”.

L’obiezione è falsa. La politica che il Presidente Franklin D. Roosevelt adottò per la ripresa dell’economia USA dalla Grande Depressione degli anni Trenta, e per la successiva mobilitazione bellica 1939-1945, si rifaceva a due precedenti: la mobilitazione lanciata dal Presidente Abramo Lincoln tra il 1861 ed il 1876 e il revival di questa stessa mobilitazione avvenuta durante la prima guerra mondiale.

Questi, per gli economisti competenti, sono i “metodi americani” del Segretario del Tesoro Alexander Hamilton e del principale economista del XIX secolo Henry C. Carey. Sono i metodi diametralmente opposti alle dottrine liberistiche sia di Adam Smith che di Keynes.

È vero che dopo la prematura scomparsa di Franklin Roosevelt, la banda di Wall Street si alleò con Londra per liquidare le decisioni politiche prese da Roosevelt.

Tuttavia gli aspetti dominanti del sistema di Bretton Woods, fino al 1958, si fondavano sui “metodi americani”, antiliberisti, che caratterizzarono le mobilitazioni economiche dei tre periodi successivi: 1861-1876, 1914-1917 e 1934-1945.

Obiezione numero due:

“Ovviamente, oggi nessuno suggerirebbe di ritornare alle politiche di Bretton Woods degli anni Quaranta e Cinquanta”.

E perché no? Ogni deviazione da quelle politiche ha solamente comportato un lungo e accelerato processo di declino degli USA nell’epoca post-kennediana. Un declino che non ha prodotto altro effetto netto se non quello dell’attuale catastrofe globale.

Chi ha la testa a posto non può voler altro che un ritorno alle politiche il cui successo è dimostrato, e la liquidazione di quei cambiamenti che si sono dimostrati cumulativamente disastrosi.

Obiezione numero tre:

“Dal 1958 il mondo è cambiato. Bisogna partire dal mantenimento di quei cambiamenti. Non si può riportare indietro l’orologio della storia”.

Quando la reazionaria Santa Alleanza del principe Clemente di Metternich impose nel 1819 i decreti di Carlbad alla Germania, quelle misure reazionarie furono difese dal filosofo della corte di Prussia G.W.F. Hegel. Quest’ultimo è il prototipo di quegli esseri immorali che attribuiscono i cambiamenti in peggio della storia ad una qualche autorità occulta che identificano con il nome di “spirito del mondo”, “spirito dei tempi” e “opinione popolare”. Nella realtà dei fatti, ciò che quelli come Tony Blair dicono che non bisogna toccare, sono proprio quei cambiamenti effettuati nel periodo successivo al 1962 che hanno causato la spirale involutiva dell’economia mondiale giunta adesso sull’orlo della disintegrazione.

Sono coloro che hanno imposto tali cambiamenti che nella realtà dei fatti hanno “riportato indietro l’orologio della storia”, ed è nostra responsabilità rimettere l’orologio al passo coi tempi.

Obiezione numero quattro:

“Ovviamente non è possibile fare dei cambiamenti senza il consenso di tutte le nazioni”.

E perché no? Si tratta della stessa sciocchezza che i propositori del patto di Monaco con Adolf Hitler, Chamberlain e Daladier, chiamavano “La pace nel nostro tempo”. Quando è in discussione la sopravvivenza vale il principio secondo cui l’iniziativa spetta a chi può ed è capace; gli altri apprendano la lezione e cerchino di recuperare.

Ho sottolineato più volte questo fatto: se i Presidenti di USA e Cina possono arrivare a prendere accordi insieme ad una minoranza decisiva di altre nazioni, per stabilire tra loro un nuovo rapporto finanziario, monetario ed economico, queste nazioni debbono prendere l’iniziativa a prescindere dalle obiezioni che altre nazioni potranno sollevare o meno.

Certe nazioni, come pure certi individui, sembrano capaci di imparare qualcosa solo sotto i duri colpi dell’esperienza. Ad esempio, nessun patriota americano è mai stato lì ad aspettare il consenso della monarchia inglese e del Commonwealth britannico.

Il fatto è che se gli USA, insieme alla Cina, l’India, la Russia, e anche la Germania ed altri in Europa, riescono a raggiungere un’intesa di massima tra di loro, la maggior parte del resto del mondo finirà col sostenere questa partnership.

È necessaria un’intesa che comprenda importanti nazioni in via di sviluppo e che rappresenti la maggior parte della popolazione del pianeta, costituendo così la necessaria combinazione vincente. Chi si rifiuta di aderire o semplicemente tentenna finirà forse per apprendere dalla dura esperienza: in fondo questa è la scuola della democrazia reale.

Obiezione numero cinque:

“La nuova Bretton Woods deve consistere in una nuova autorità sovrannazionale cui spetta decidere se una singola nazione abbia il diritto o meno di ricorrere temporaneamente a misure come il controllo dei cambi e dei capitali”.

Nessun accordo realistico può sovvertire i diritti sovrani di qualsiasi stato nazionale di ricorrere a misure protezionistiche, e nella fattispecie controllo dei cambi e dei capitali.

Nazioni sovrane alleate coordineranno piuttosto le proprie decisioni sovrane, secondo un principio di vantaggio reciproco. Ma non cederanno mai diritti e prerogative sovrani ad un’autorità sovrannazionale.

Come ho detto, ripetuto e scritto in numerose occasioni negli ultimi vent’anni, l’umanità deve entrare in un’epoca nuova così come auspicò il segretario di Stato USA John Quincy Adams. Un’era in cui la bestialità di un sistema di “equilibrio delle forze” sia sostituito dalla concordanza su dei princìpi comuni. Siamo attualmente entrati in una fase in cui la lunga esperienza delle conseguenze cumulative di una diplomazia malvagia, fondata sull’“equilibrio delle forze” rappresenta una chiara minaccia all’umanità intera, tale per cui la saggezza di una concordanza sui princìpi comuni tra stati nazionali repubblicani perfettamente sovrani deve proporsi come alternativa indispensabile.


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