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Il Sole 24 Ore su LaRouche e le banche

22 dicembre 2008 (MoviSol) - Riportiamo l'articolo de Il Sole 24 Ore di sabato scorso.

Banche e Governo: sul credito la partita è aperta

(di Fabio Tamburini) - Come manovrare la leva del credito? «Riportare i tassi al 4% e costringere le banche a rimanere aperte ma a una condizione: l'amministrazione controllata». La ricetta è di un economista americano, Lyndon Hermyle LaRouche, che mercoledì scorso ha tenuto una conferenza stampa sulla crisi finanziaria a Strasburgo, invitato dall'onorevole Mario Borghezio, capo delegazione della Lega Nord al Parlamento europeo. LaRouche è un personaggio discusso, conosciuto per le posizioni anticonformiste, e la sua risposta si riferisce alla decisione della Federal Reserve di azzerare il costo del denaro. Ma ha fatto un'affermazione provocatoria su un tema molto delicato: i rapporti tra il potere politico e il mondo bancario.

Sul fronte italiano le domande sono principalmente tre. Ci sono oppure no responsabilità dei principali banchieri sul crack finanziario? In che misura saranno chiamati a risponderne? E ancora: la crisi sta davvero determinando quella stretta dei finanziamenti alle imprese L'avanzare che il Governo considera inaccettabile? sicuro i vertici delle grandi banche, forse per la prima volta, vengono chiamati in causa e devono difendersi.

Uno dei manager di maggior spicco, Fabio Innocenzi, ha pagato con la perdita dell'incarico di amministratore delegato del Banco popolare. In Ubi banca, anche se per ragioni personali (anzi familiari), l'amministratore delegato Giampiero Auletta ha appena lasciato l'incarico.

Su tutti si staglia il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che ha chiarito di non voler interferire sulla gestione delle banche ma risulta assai determinato nel non voler fare sconti a nessuno. E che, soprattutto, non intende distribuire fondi a pioggia senza contropartite adeguate. Certo, aldilà di errori che qualcuno può avere commesso, le vicende in corso risultano del tutto eccezionali e, in buona parte, del tutto sorprendenti.

Tanto sorprendenti che nessun magistrato ha colto l'occasione per aprire la partita giudiziaria.

Più esattamente la tentazione di allargare il raggio d'azione dall'inchiesta su Banca Italease (avviata dalla Procura della Repubblica di Milano) ad altri casi c'è stata e c'è ma, almeno finora, non sono emerse notizie di indagini particolari. L'impressione è che sull'opportunità di avviare inchieste destinate ad avere risvolti clamorosi ci siano tra i magistrati opinioni articolate, a partire dalle tipologie degli eventuali reati da contestare.

Resta la polemica strisciante sulla politica del credito seguita dalle maggiori banche italiane. L'accusa è che stanno attuando una stretta evidente sugli impieghi. Non solo. Vengono praticati spread elevati perfino alle imprese maggiori. Aggiungendo la raccomandazione fatta dalle banche ai clienti, sia pure in modo informale, di evitare l'utilizzo delle linee di credito. Insomma, le banche da una parte rifiutano l'entrata dello Stato nel capitale per evitare che il Governo abbia voce in capitolo sulle nomine dei vertici, ma dall'altra, trovandosi in difficoltà, riducono, i finanziamenti di cui c'è assoluto bisogno per ridare fiato all'economia. Gli interessati, e per loro conto l'Abi (l'Associazione bancaria italiana), ribattono che non è affatto così. Non c'è alcuna necessità di stringere i cordoni della borsa, viene detto, perché sono le stesse imprese che hanno ridotto gli investimenti. Un'azienda su quattro ammette di avere fatto nel 20o8 investimenti inferiori a quelli dell'anno precedente e addirittura il 30% prevede di ridurli l'anno prossimo.


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