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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Il maestro Monicelli azzera il sessantotto

3 giugno 2009 (MoviSol) - Il 24 maggio scorso il famoso regista Mario Monicelli è stato ospite della trasmissione "Che tempo che fa" di Fabio Fazio, e ha lasciato di stucco l'intervistatore e il pubblico, abituati a interventi omologati sul pensiero unico ambientalista, sostenendo energicamente il partito del "fare".

Il contrasto tra la giovinezza intellettuale di questo signore 94enne e i cervelli decrepiti degli ex-sessantottini era stridente. Sorprendentemente - o forse no - nessun media ha scritto una riga di cronaca sull'avvenimento. Ci sentiamo dunque in dovere di riportare una trascrizione delle parti salienti dell'intervista, rimandando il lettore al sito della RAI per la completa videoregistrazione.

D: Che impressione Le fa, appunto, vivere di fronte alle memorie, alle rovine...?
R: Mi annoiano un po'. Stancano un po' tutti. Perché... Sì..

D: Dicevo: le colonne, i capitelli...
R: Eh sì, sono ossessionato. Io credo che in Italia siamo ossessionati da questa grande memoria, da questa grande cultura, Roma, Grecia, Roma, il Rinascimento, il Barocco, ecc. Tutto è fatto in base a questa grande cultura. Vengono da fuori; noi stessi, se andiamo, ci portano a vedere la chiesa tal dei tali, il mosaico... siamo ossessionati da mosaici, se ne trovano continuamente. Tutto si ferma perché s'è trovato un mosaico, una colonna, un arco. Ecco, secondo me, mi piacerebbe, se vado a Roma, o quando sto a Roma se vado a Firenze, o a Venezia, che mi facciano vedere, oltre a queste cose, anche una fabbrica di cuscinetti a sfere, l'apertura di una grande autostrada, un fabbricato che procuri energia, e di cui abbiamo bisogno... non so, un ponte.

D: Lei dice: siamo prigionieri della nostra memoria.
R: Siamo ossessionati da questa grandissima cultura, che dura settecento anni.. no di più, da mille anni, e viene ancora da Roma antica. E da lì non ci muoviamo più.

[...]

D: Adesso comunque faranno le grandi opere, quindi tra poco si ricomincia a fare tutto. Il ponte sullo stretto, le alte velocità...
R: Sono progettate, ma io... nonostante...

D: Tutto è meglio dei mosaici.
R: Piuttosto che niente. [Anche se ci sono] priorità, che non è detto che il ponte sullo stretto sia la prima cosa da fare, però piuttosto che far niente, è meglio fare il ponte sullo stretto.

D: Lei sente l'esigenza del progresso.
R: Sì. Siamo ossessionati dal regresso, dall'antichità. Non se ne può più, francamente non se ne può più.

D: Ok, va bene. [...]

D: Posso chiederle se, arrivato alla Sua età, c'è qualcosa che è certo di avere capito bene?
R: Ma sono certo di aver capito bene che non si sono fatti né gl'Italiani né l'Italia. Adesso Le dico.. perché d'Azeglio, di cui tutti si sa, ma questo d'Azeglio... a suo tempo disse: "Abbiamo fatto gl'Italiani, adesso dobbiamo fare l'Italia" [viene corretto] "S'è fatta l'Italia, dobbiamo fare gl'Italiani"... Quest'Italia non s'era fatta, perché il Piemonte, questa regione che sta all'estremità dell'Italia, in mezzo alle Alpi, non aveva fatto niente, aveva perso tutte le guerre, ne aveva vinta una sola, l'aveva vinta con l'esercito francese di Napoleone III, poi Garibaldi gli ha portato tutto il Meridione, quindi il Piemonte non aveva fatto proprio niente.

D: Dice che si era fatta su uno slancio di ottimismo.
R: Anche lì abbiamo cominciato con l'ottimismo di una cosa che non s'era fatta. Disse: "Adesso bisogna fare gl'Italiani". Ma secondo voi questi Italiani si sono fatti? Si parlano lingue diverse. I siciliani, i friulani, i piemontesi, i toscani, parlano ognuno la propria lingua, ha una propria cultura, hanno cucine diverse, arti diverse, rapporti sociali diversi, non so se esiste un unico italiano, non credo che esista, infatti siamo tutti separati, tutti accaniti gli uni contro gli altri e non si costruisce, per ora.. finora non s'è costruito niente d'importante, s'è andati alla deriva... s'è costruito qualcosa subito dopo la guerra, perché era talmente distrutta l'Italia, in condizioni talmente disastrose che era un cumulo di macerie e allora, e allora questa generazione, che veniva da una guerra perduta, da disagi, povertà, sofferenze, fame, freddo, ecc. si sono messi insieme a cercare di rimetterla in piedi.. erano tutti molto solidali l'uno con l'altro, si aiutavano l'uno con l'altro, perché erano tutti malridotti, tutti in povertà, tutti soffrivano il freddo, tutti la fame, tutti il caldo, e quindi non c'era competizione di nessun genere, e quindi si davano una mano... dal momento che si è avuto un po' di benessere...

D: ... è tutto finito.
R: eh sì, perché la generazione che è venuta dopo ha detto: "eh va be', adesso basta coi sacrifici, colle costruzioni, adesso che abbiamo un po' di benessere, godiamoci questo benessere.."

D: Lei ha detto, infatti, che oggi viviamo di rendita. Ci culliamo in quello che abbiamo, e non..
R: La piccola rendita fatta da quella generazione. La stiamo consumando tutta, senza aver voglia di far più nient'altro. Ce la stiamo consumando, e fin che dura va bene, ma quando sarà consumata, non so quello che succederà.

[...]

È il capitale, la legge del mercato. Il mercato è una legge selvaggia, durissima. Per cui, o sei dentro al mercato... se quello che fai, quello che produci, ecc. è compatibile con il mercato, come si dice, sta nel mercato, o se stai fuori, sei fuori, morto. Questo mercato, che è la stella, è la bandiera del capitalismo, questo mercato guarisce, ti dice, e ferisce. Ti ferisce quando ti fa andar male, e ti guarisce anche. Oh, il mercato ci ha fatto capitare questa crisi tremenda, che è nata un anno fa. Questo il mercato c'ha prodotto. Questo è il capitale. La Russia era finita malamente nel 1989, come era giusto che finisse, perché ha perso il comunismo, ha perso il collettivismo, e ha vinto il mercato.. e che cosa è successo col mercato? è successa questa crisi spaventosa in tutta Europa, da cui non ci sappiamo districare... e quindi: il mercato va meglio del lavoro? il capitale va meglio del lavoro? non si sa, vanno male tutti e due, qui si va malissimo tutti, non abbiamo risolto niente [...]


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