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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Dopo il referendum irlandese: avanti con la strategia delle quattro potenze!

8 ottobre 2009 (MoviSol) - Mentre non si possono escludere brogli nel referendum irlandese, il voto massiccio a favore del Trattato di Lisbona (67,1% contro il 32,9%) può essere paragonato al plebiscito che nel 1938 ratificò l'Anschluss dell'Austria. La differenza è che i soldi e i ricatti dell'UE hanno sostituito i carri armati nazisti. Perché il Trattato entri in vigore occorre l'ultima ratifica, quella della Repubblica Ceca (visto che il Presidente polacco ha annunciato la propria firma dopo il "Sì" irlandese).

L'affluenza alle urne insolitamente alta, le circostanze caotiche del trasferimento delle schede all'ufficio centrale per il conteggio a Dublino, casi documentati di certificati elettorali inviati a non cittadini e le intimidazioni agli osservatori di seggio sollevano sospetti di brogli.

Certamente però, la massiccia partecipazione dell'UE nella campagna referendaria a favore del "Sì", i mezzi finanziari messi in campo e l'intimidazione politica esercitata sulla classe politica e sulla popolazione hanno chiaramente avuto effetto. La mossa più spettacolare è stata la decisione della BCE di operare il salvataggio dell'intero debito tossico delle banche irlandesi, promuovendo la creazione di una Bad Bank chiamata NAMA, che acquisterà quasi 60 miliardi di titoli tossici contro cui la BCE emetterà liquidità a favore delle banche. Il fronte del No non ha denunciato con abbastanza forza questo schema, che serve più che altro a salvare la BCE e la bolla immobiliare europea che ha prodotto quel debito.

Commentando il risultato del referendum, il presidente del Movimento Solidarietà tedesco (BüSo) Helga Zepp LaRouche ha affermato che si tratta di un passo verso la "morte dell'Europa". Il Trattato di Lisbona è la costituzione di un sub-impero Europeo come parte dell'Impero Globale, ma è come attaccare una barca al Titanic che affonda. Le nazioni europee devono sfondare questa prigione muovendosi indipendentemente a favore della strategia delle "Quattro Potenze" tratteggiata da Lyndon LaRouche: una coalizione di stati nazionali sovrani sufficientemente forte da poter instaurare un sistema economico mondiale anti-oligarchico.

Come ha ammonito recentemente il costituzionalista italiano Giuseppe Guarino, l'eliminazione della sovranità statale sugli affari economici e la sua sostituzione con gli automatismi della banca centrale, i cosiddetti parametri di Maastricht, è l'aspetto centrale del declino europeo che il Trattato di Lisbona renderà inamovibile. I membri dell'UE sono "Stati-non Stato. Le loro ali sono state tarpate. Né i singoli Stati membri, né l’Europa nel suo insieme potrebbero mai raggiungere i traguardi che le grandi entità continentali, USA, Cina ed India, si propongono e realizzano", ha dichiarato Guarino in un intervento ad una conferenza dell'Astrid il 21 settembre a Roma. L'ex ministro italiano ha reiterato il concetto in un'intervista con Euronews trasmessa il 28 e 29 settembre. Incredibilmente, la versione in lingua tedesca dell'intervista ha trasformato le affermazioni di Guarino in una dichiarazione a favore di Maastricht, a riprova che nel sistema UE già si applica una censura degna di Goebbels.

Il tabloid britannico The Sun ha scritto il 2 ottobre che, nel caso di vittoria del "Sì" al referendum irlandese, Tony Blair sarà nominato presidente europeo già in ottobre. Il presidente europeo, una carica prevista dal Trattato di Lisbona, ha un mandato di 2 anni e mezzo, rinnovabile una volta per un totale di 5 anni. La nomina di Blair, però, sarebbe possibile solo dopo l'ultima ratifica del Trattato, quella della Repubblica Ceca. Il Presidente Vaclav Klaus ha già affermato che il voto irlandese non cambia la sua intenzione di firmare la legge di ratifica solo dopo la sentenza della Corte Costituzionale.

Anche se solo un golpe potrebbe materializzare la presidenza Blair entro ottobre, il fatto che l'architetto della guerra all'Iraq possa diventare presidente europeo è un incubo sufficiente a giustificare una rivolta popolare contro la nuova tirannia.


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