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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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La Lettonia lotta

31 ottobre 2009 (MoviSol) - Come gli strati più deboli di una società nazionale, i Paesi piccoli sono quelli più colpiti nell'economia mondiale. È il caso dei Paesi baltici, dove il FMI e l'Unione Europa hanno imposto diktat brutali come condizione per gli aiuti finanziari.

Spinti dall'interesse a salvare gli investimenti finanziari delle banche UE e USA in Lettonia, il FMI e la Commissione UE stanno facendo di questo piccolo Paese un caso esemplare per il trattamento riservato in futuro a tutta l'Europa orientale. Essi chiedono una politica di tagli al bilancio per sostenere il valore della moneta, il Lat, tenendolo agganciato all'Euro per impedire una svalutazione che potrebbe scatenare una serie di svalutazioni competitive in tutta l'Europa orientale. Poiché la maggior parte dei prestiti bancari nel Baltico e in Europa orientale sono in euro o in franchi svizzeri, una svalutazione aumenterebbe il debito privato rispetto al reddito in valuta locale. Ciò innescherebbe una marea di insolvenze con ripercussioni non solo in Svezia, Norvegia e Danimarca, ma anche nell'intera Eurozona, le cui banche sono esposte per 1.600 miliardi in Europa orientale.

È per evitare questo scenario che l'UE, con l'aiuto del FMI, sta costringendo la Lettonia ad una "svalutazione interna", e cioè a decurtare salari e pensioni e a chiudere scuole e ospedali. Alcuni economisti stranieri chiedono addirittura di tagliare i salari del 50%.

In questa situazione un partito, il PCTVL, ha fatto la cosa giusta chiedendo la "protezione dei diritti sociali nel combattere la crisi finanziaria". Il loro rappresentante nel Parlamento Europeo, Tatjana Zdanoka, ha chiesto all'UE di rispettare le proprie clausole, come quelle contenute nella Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo. Il 6 ottobre, cinquanta attivisti del partito, sindacalisti e medici, si sono recati a Bruxelles per dimostrare di fronte agli edifici dell'UE con cartelli inneggianti a "salvare la gente e non le banche" e mettendo in mostra una serie di lapidi funerarie con scritto, in inglese: "Vittima della politica della Commissione Europea in Lettonia" e differenti etichette su ogni lapide: Sanità, Istruzione, Sicurezza Sociale, Business e Occupazione.

Tra i manifestanti erano i principali medici dell'"Ospedale n. 1" di Riga, che è stato costretto a licenziare la metà degli addetti e sarà completamente chiuso alla fine dell'anno. La metà degli ospedali del paese dovrebbero essere chiusi. Secondo il piano originale, ciò sarebbe dovuto avvenire nel corso di cinque anni, ma nel bilancio negoziato dal governo con il FMI, si prevede di farlo entro sei mesi.

Le proteste in Lettonia potrebbero ribaltare la situazione, se si estenderà protezione ai cittadini e ai proprietari di case, e se verranno riorganizzate le banche. Potrebbe essere usata la bozza di una commissione parlamentare svedese che suggerisce procedure di amministrazione controllata simili a quelle adottate da Roosevelt nel 1933, per intervenire sulle banche svedesi che posseggono la maggior parte delle banche lettoni.


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