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Lo spettro delle insolvenze sovrane
e il dilemma della BCE

10 dicembre 2009 (MoviSol) - Come abbiamo scritto nell'ultimo numero della newsletter gratuita, la cosiddetta crisi di Dubai è in realtà la crisi dell'intero sistema finanziario. I nostri lettori ricorderanno che LaRouche aveva ammonito che il sistema sarebbe entrato in una nuova fase di instabilità a partire dallo scorso ottobre, come risultato dell'accelerazione della dinamica descritta nella sua funzione della "tripla curva". L'insolvenza del centro finanziario di Dubai ha inaugurato la fase di "insolvenze sovrane" del collasso. Ora gli occhi sono puntati sull'eurozona, e sui paesi che gli anglosassoni chiamano gentilmente PIGS (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, a cui si aggiunge l'Italia a giorni alterni).

Nonostante le smentite ufficiali dei leader dell'UE – l'ultimo in ordine di tempo è stato il capo dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker il 6 dicembre – un'insolvenza sovrana nell'eurozona è da sempre l'incubo degli eurocrati, in quanto non esistono strumenti per far fronte ad una simile eventualità nel sistema dell'euro. Infatti, il Trattato di Lisbona impedisce ogni salvataggio.

La recente decisione della BCE di ritirare qualche "Misura di liquidità di emergenza", come il tender a un anno all'1% d'interesse, pur dettata da giustificati timori di inflazione, aumenterà il rischio di insolvenza sovrana. I paesi membri dell'UE dipendono dalle banche private per finanziare i crescenti debiti pubblici. Le banche hanno usato proprio la liquidità d'emergenza per acquistare buoni del tesoro. Se la BCE toglie il paracadute, una crisi del debito pubblico è difficilmente evitabile.

Un rapporto speciale della banca francese Natixis affronta il problema, con un diagramma sui paesi a rischio. Il debito estero di Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda è rispettivamente di €1.089, €166, €543 e €182 miliardi. In termini di percentuale del PIL, siamo spesso oltre il 100%.

George Provopoulos, governatore della banca centrale greca, ha dichiarato ai giornalisti che "se il debito greco continua a deteriorare, ci troveremo in una posizione terrificante in cui non riusciremo più a trovare liquidità, perché la BCE non accetterà più le nostre garanzie".

Jean Pisani-Ferry, capo del pensatoio belga Bruegel, ha dichiarato al Le Figaro del 3 dicembre che la stessa UE non possiede "strumenti finanziari per affrontare una crisi di liquidità di uno dei suoi membri". Il Trattato di Maastricht, incorporato in quello di Lisbona, è contraddittorio al riguardo, perché "da una parte proibisce procedure di salvataggio per i debiti di uno stato membro (Art. 104B). D'altra parte, afferma che 'qualora uno Stato membro sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, a maggioranza qualificata, può concedere a determinate condizioni un'assistenza finanziaria comunitaria allo Stato membro interessato' (Art. 103A), secondo l'analista di Natixis Sylvain Broyer.

Nell'attuale sistema, la BCE sarà prima o poi costretta a riprendere le iniezioni di liquidità, o assistere al "meltdown". Solo la soluzione della riorganizzazione fallimentare del sistema, indicata da LaRouche, può funzionare.


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