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La crisi dell'euro si aggrava mentre i leader UE abbracciano l'austerità schachtiana

26 marzo 2010 (MoviSol) - Come avevamo ammonito, l'ingovernabilità dell'eurozona aumenta ogni giorno. Il rischio di insolvenza sovrana non è stato neutralizzato, ma nonostante riunioni e vertici settimanali dei leader e dei ministri delle Finanze UE, non è stata messa in campo alcuna soluzione. Infatti si tratta di una missione impossibile, poiché il salvataggio di un paese membro dell'UE non sopravvivrebbe ad un più che probabile ricorso costituzionale in Germania. E questo sarebbe la fine del sistema dell'euro.

Così, i leader UE hanno elargito vuote promesse alla Grecia e hanno dato bidone il 16 marzo, quando si trattava di concretizzare i roboanti proclami anti-speculazione. E' bastata una telefonata di Gordon Brown per rinviare ogni decisione a dopo le elezioni politiche inglesi, in maggio. Ciò ha fatto sbottare il Primo ministro greco Papandreu, che ha emesso un vero e proprio ultimatum: se l'UE non annuncia impegni formali a sostenere finanziariamente la Grecia al vertice del 25-26 marzo, Atene si rivolgerà al FMI. La Grecia non accetta di essere costretta a pagare oltre il 6% di interesse sul debito, quando può ottenere un prestito dal FMI a meno del 4%.

Qualsiasi decisione verrà presa, il destino dell'euro è segnato. Fino a poco fa, parlare di un crollo del sistema monetario europeo era tabù assoluto. Oggi, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble dà interviste proponendo l'espulsione dall'UME dei paesi che violano sistematicamente la disciplina di bilancio. Papandreu emette velate minacce, paragonando la situazione del proprio paese all'Ungheria e concludendo che la Grecia è svantaggiata dall'appartenenza all'euro.

Finora, la Giunta e il Consiglio dei ministri UE hanno mostrato più che semplice incompetenza. Le ricette di tagli al bilancio, ai salari e al welfare sono garanzia di disastro economico, per non parlare delle proposte di inasprire le multe ai paesi "indisciplinati", già senza soldi, che sono pura idiozia.

Recentemente, è partita dai soliti ambienti britannici una campagna per fare della Germania il capro espiatorio della crisi, usando argomenti simili a quelli usati per accusare la Cina degli squilibri commerciali mondiali. Si sostiene che il surplus commerciale tedesco sia la fonte degli squilibri finanziari dell'eurozona, e di conseguenza la Germania dovrebbe ridurre le esportazioni o aumentare le importazioni. Prevedibilmente, questa campagna ha creato tensioni nell'UE.

La rivista tedesca Der Spiegel ha notato che il ministro dell'Economia francese Christine Lagarde ha "suscitato indignazione a Berlino, quando ha stigmatizzato l'avanzo commerciale tedesco in un'intervista al Financial Times. Il fatto che la Germania esporti più di quanto consumi danneggia i partners europei, ha sostenuto la Lagarde".

Mentre la stragrande maggioranza dei media, dei politici e degli economisti ha abboccato all'esca, c'è da segnalare una confutazione di queste insane tesi ad opera di un economista bocconiano, Roberto Perotti, che ha scritto su Il Sole 24 Ore il 19 marzo che "biasimare la Germania per questi problemi è un errore di diagnosi che porta alla cura sbagliata". Tali "suggerimenti" al "più grande successo economico del dopoguerra sono poco credibili", e gli alti surplus commerciali della Germania "sono il risultato di tanti fattori che continuano a rendere competitivi i prodotti tedeschi e alto il risparmio netto nazionale. Normalmente queste sono considerate manifestazioni di successo, non di fallimento".


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