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Bill Clinton su sé stesso e Haiti: aderire alla dottrina del libero mercato fu un errore ed un fallimento

26 marzo 2010 (MoviSol) - L'ex presidente americano Clinton, ora inviato speciale dell'ONU ad Haiti, il 10 marzo scorso ha colto l'occasione di un incontro con la Commissione Esteri del Senato americano, per chiedere scusa alla repubblica colpita dal forte sisma, per averle imposto la logica del libero mercato, quando era presidente con il primo mandato elettorale. Quella politica fu "un errore", ha dichiarato; essa ha anche favorito la distruzione della capacità di Haiti di coltivare riso e altre derrate alimentari per la propria gente.

Dopo un anno dalla entrata in vigore del trattato NAFTA di libero scambio tra le nazioni dell'America settentrionale, nel 1994 l'amministrazione di Clinton restaurò la presidenza haitiana di Jean-Baptiste Aristide, il quale era stato rimosso, a patto che accettasse per il suo Paese i "programmi di aggiustamento strutturale" del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Il programma prevedeva, tra l'altro, la drastica riduzione della tariffa doganale sulle importazioni di riso. Aristide la portò dal valore del 33% a quello del 3%, causando una inondazione di riso a basso prezzo e la bancarotta di coltivatori, mugnai e commercianti di riso; molte delle famiglie colpite da questa bancarotta dovettero riparare nelle bidonville di Port-au-Prince e di altre città del Paese. Sono queste persone, impoverite e disoccupate, le vittime dell'odierno terremoto.

Questa politica "avrebbe potuto essere vantaggiosa per alcuni dei coltivatori dell'Arkansas, ma non ha funzionato. Fu un errore", ha detto Clinton davanti ai senatori della commissione. "Ho dovuto vivere ogni giorno con le conseguenze dei questa perdita di capacità di produrre in Haiti il riso per quella popolazione; a causa di quel che feci, io e nessun altro".

Da allora, Haiti è diventata ciò che è ancora oggi: il quinto mercato di esportazione mondiale del riso americano. René Preval, attuale presidente di Haiti ed ex agronomo della Valle Artibonite delle risaie, sta chiedendo alle ONG e alle varie agenzie governative di non limitarsi a portare cibo, ma di fare altrettanto con sementi, fertilizzante e tecnologia agricola, cioè il necessario per produrre nelle varie province il cibo richiesto. Gli agricoltori, egli insiste, devono poter produrre e vendere cibo, piuttosto che cercar rifugio nella capitale, incapaci di trovare cibo altrove nel Paese.


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