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Due economisti controcorrente in Germania e Italia

12 giugno 2010 (MoviSol) - Mentre i paesi dell'UE sprofondano in una psicosi collettiva sui tagli al bilancio, alcune voci isolate si affiancano al movimento di LaRouche nell'indicare un corso d'azione diverso. Tra questi, un economista tedesco ha chiesto la reintroduzione di Glass-Steagall e un economista italiano ha proposto di abbandonare la politica dei tagli e di lanciare invece una politica del credito produttivo.

In un'intervista al giornale Frankfurter Rundschau del 5 giugno, Hans Joachim Voth, ex borsa di Francoforte e ora docente di economia all'Università Pompeu Fabra di Barcellona, ha chiesto un intervento dello stato per "mettere fina alla speculazione con i depositi" e ripristinare il ruolo classico delle banche come amministratrici di risparmio e prestatrici di credito all'industria e altri clienti privati. "Questa è la lezione tratta dagli USA dal crac bancario degli anni '30… l'attività delle banche d'investimento non è nell'interesse del bene comune, per cui ad esse dovrebbe essere impedito di fare raccolta e rifinanziarsi attraverso la banca centrale". I banchieri dovrebbero essere personalmente responsabili di ciò che fanno, ha detto Voth.

L'economista italiano Nino Galloni ha stigmatizzato la politica deflazionistica alla Bruening dell'UE in un'intervista al quotidiano Il Sussidiario il 3 giugno. Riferendosi al piano di salvataggio dell'Eurozona, Galloni ha affermato: "Non si capisce... perché si prestino i soldi e poi si dica che la Grecia non ce la farà; l'unica spiegazione è che ci sia una connessione tra chi presta e chi specula".

Invece di inasprire le regole di Maastricht, "Occorrerebbe muoversi su una sola logica, di convergenza, ma su parametri reali e scientifici come la crescita potenziale di ciascun Paese; per stabilire il pareggio del bilancio pubblico a riguardo della spesa corrente, coperta da tassazione, da una parte e, dall'altra, gli investimenti che, invece, sono una funzione del futuro: non si basano semplicisticamente sulla disponibilità di risorse". Tagliare la spesa e abbassare le tasse è sbagliato perché gli investimenti privati "ci saranno solo dopo la ripresa e non prima. È stato l'errore fondamentale anche in tema di tagli della spesa e delle tasse: ai privati non servono le risorse (liberate dalle politiche dei tagli), ma le prospettive di sviluppo. Queste ultime dipendono dalla spesa per investimenti produttivi, ovviamente sganciata dalle risorse accumulate e, invece, agganciata a una realistica valutazione delle potenzialità di crescita".


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