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MoviSol interviene a Modena alla prima Conferenza Nazionale sul Settore Biomedicale

7 ottobre 2010 (MoviSol) - "Poca ricerca, molta speculazione: una modesta proposta terapeutica" è il titolo di un volantino che martedì 5 ottobre 2010 MoviSol ha distribuito, presso il policlinico di Modena, ai partecipanti alla seconda giornata di lavori della prima Conferenza Nazionale sull'Innovazione e la Ricerca nel Settore Biomedicale.

Il volantino, scritto in risposta alle discussioni della giornata precedente, si apre con una citazione di Donald Rethke, che dovrebbe destare una "sana invidia" negli operatori di un settore di punta come questo:

Negli anni del programma Apollo le nostre restrizioni erano dettate dai tempi, dal peso o dal volume, non certo dal budget. In pratica, non avevamo problemi di soldi: se ci accorgevamo che il nostro approccio non funzionava potevamo fare un passo indietro e lavorare contemporaneamente su un piano B, che sarebbe stato finanziato adeguatamente, potendo poi scegliere il migliore.

Superando gli annosi problemi interni al settore, il testo conduce il lettore attraverso il cambio di paradigma politico-culturale sancito dall'assassinio di Enrico Mattei, la "detronizzazione" di Felice Ippolito, il sabotaggio del vero programma spaziale della NASA, ecc. fino a fissarne l'attenzione sulla dinamica intrinsecamente usuraia che governa il crollo del sistema finanziario globale e determina i "salvataggi" megamiliardari degli speculatori, il cui unico effetto è l'iperinflazione.

La lettera aperta propone la ribellione alle regole di un sistema finanziario senza futuro, per salvaguardare il proprio, di cittadini e di imprenditori, e conclude elencando alcuni punti del programma di ripresa economica di Lyndon LaRouche.

Le reazioni dei presenti non sono state molto vivaci, tranne quelle ispirate dalla "sindrome del diniego". Qualcuno, infatti, ha negato con forza che il peggio della crisi sia ancora davanti a noi, preferendo aggrapparsi all'illusione che i grandi sacerdoti del sistema finanziario abbiano in mano la ricetta giusta. Altri hanno avuto bisogno che fosse loro tradotto il succo del volantino, stupendosi dell'enfasi posta sulla necessità che la scienza ritorni ad orientare la politica economica. Altri, pur non ignorando il debito che il settore biomedicale ha nei confronti dei programmi spaziali degli anni '50-'60, si sono spinti a sostenere che sarebbe stato meglio risparmiare i soldi per altre cose non meglio specificate.

Tranne coloro che in qualche modo hanno già sentito parlare del nostro movimento, le persone interpellate sono lontane dal sospetto che il problema della crisi finanziaria sia più politico che tecnico, ovvero che risalga allo scontro denunciato da LaRouche, tra il modello oligarchico, avverso alla scienza e al progresso, e lo storico movimento repubblicano che ha dotato l'economia politica dello strumento prometeico del credito nazionale. Siamo certi che la nostra "voce nel deserto", con la sua schiettezza, abbia fatto riflettere molte persone, offrendo loro l'occasione di portare a livello conscio alcuni assiomi che hanno molto a che fare con il collasso economico e sociale in corso.


POCA RICERCA, MOLTA SPECULAZIONE:
UNA MODESTA PROPOSTA TERAPEUTICA

Volantino dialettico del Movimento Internazionale per i Diritti Civili – Solidarietà (www.movisol.org), in risposta alle sollecitazioni raccolte nella prima giornata della conferenza nazionale sulla ricerca e l'innovazione nel settore biomedicale.

Negli anni del programma Apollo le nostre restrizioni erano dettate dai tempi, dal peso o dal volume, non certo dal budget. In pratica, non avevamo problemi di soldi: se ci accorgevamo che il nostro approccio non funzionava potevamo fare un passo indietro e lavorare contemporaneamente su un piano B, che sarebbe stato finanziato adeguatamente, potendo poi scegliere il migliore. Donald Rethke

E così scopriamo che nel distretto biomedicale di Mirandola non si fa ricerca da molto tempo, che si fatica a "fare sistema", che gli ospedali sono lunghi nei pagamenti, che le registrazioni sono onerose, che i capitali esteri sono scoraggiati a investire, che le imprese soffocano per mancanza di credito. È un elenco di sofferenze come quello che Shakespeare affidò ai pensieri di Amleto, sull'uomo che preferisce "sopportare i nostri mali piuttosto che [con un colpo di pugnale] correre in cerca d'altri che non conosciamo". Sono litanie e appelli alla politica che i più anziani tra noi sentono ripetere da trent'anni.

Come nazione e come imprenditori siamo caduti in alcune trappole letali. Abbiamo creduto che, senza vendicare con una coerente politica economica nazionale la morte di E. Mattei e la detronizzazione di F. Ippolito, ce la saremmo cavata comunque. Abbiamo cominciato a credere alle tesi delle élite maltusiane, rinunciando così alla forza motrice stessa dello sviluppo industriale (il soddisfacimento dei bisogni universali e lo sviluppo demografico conseguente): in cambio, ai pochi è stata concessa la via "paradisiaca" del consumismo e dell'importazione di gadget; ai molti un disperato soggiorno all'inferno, quello della fame e di mille curabilissime malattie infettive. Abbiamo accettato anche il loro modello di "disintegrazione controllata dell'economia", praticato con il quarantennale taglio degli investimenti ad alta intensità di capitale nell'industria pesante e nella ricerca scientifica di base, contentandoci della promessa di sviluppo di qualche nicchia, l'informatica e le biotecnologie per esempio. Abbiamo subìto e stiamo subendo silenziosamente l'estrema unzione dei programmi di esplorazione umana dello spazio cui tanto deve la ricerca biofisica e biomedica.

In altre parole, assistiamo senza muovere un dito al salvataggio megamiliardario degli attori di quell'alta finanza speculativa che non si è mai sporcata le mani con l'economia reale; di quegli stessi usurai che, per tramite di lacchè accademici e politici, hanno contato sulla nostra pazienza quarantennale (tanto è durato il nostro fiabesco "sonno nel bosco"?), per spiegarci perché non approvassero la costruzione di nuovi porti, canali, ferrovie e strade, di nuovi ospedali, scuole e centri di ricerca, la cura di malattie, ecc: per mancanza dei fatidici "soldi".

Per anni ci hanno consolati, invitandoci a delocalizzare, uccidendo la manodopera locale. Ci hanno suggerito di venderci alle multinazionali, mentre le banche locali venivano accompagnate a viva forza al casinò, a scommettere con i risparmi popolari. Ci hanno chiesto di consolarci con l'export, dimenticando ogni politica nazionale di espansione del credito nazionale. E ora il dollaro è troppo debole…

Poi sono arrivati le "certificazioni di qualità", i comitati bioetici che soffocano la ricerca, i comitati che mettono la vita dei pazienti sul piatto della bilancia contabile. Quindi gli esperti che ci beffano: "forse avete investito in prodotti senza futuro", che non sono poi così anticiclici come ce li avevano dipinti. Poniamoci invece l'amara questione: non siamo forse stati così sciocchi da seguire le loro expertise contabili, incaponendoci nel rispettare le regole di un intero sistema finanziario, questo sì, senza futuro!

Non è ora di ribellarsi? Di pretendere una buona volta che sia la politica a riflettere le prospettive e le conquiste della scienza, anziché stare ai suoi capricci? Non è ora di un nuovo Roosevelt? O di tornare al tempo in cui la NASA assorbiva il 5% di un PIL americano ancora fatto di economia reale e generava ricchezza 10-15 volte superiore. Non è ora di uscire dall'euro, di rifiutare l'arbitrio di organismi sovrannazionali che negano l'esercizio nazionale del credito e chiamano, per esempio con Maastricht, spese gli investimenti?

Troppo vitale è il criterio del Bene Comune nazionale e delle altre nazioni, per tollerare oltremodo l'attuale politica monetarista iperinflattiva e liberista: è ora di proteggere le produzioni nazionali, non nel senso di una "guerra commerciale", ma siglando trattati di cooperazione economica (principalmente sui grandi progetti infrastrutturali ad alta tecnologia come il Ponte Terrestre Eurasiatico), che garantiscano ad ogni nazione lo sviluppo del proprio mercato interno e dei tenori di vita della popolazione. Come abbiamo visto nei salvataggi, i "soldi" ci sono sempre stati, in quanto la loro fonte è il credito nazionale: l'errore è nel darli alle persone sbagliate.

Il volantino in formato PDF



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