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Non dai termovalorizzatori, ma dal Vesuvio viene il pericolo

Lettera aperta al Sindaco di Napoli Luigi De Magistris

di Claudio Celani,
Vicepresidente di MoviSol

7 giugno 2011 (MoviSol) - Egr. dott. De Magistris, quando era magistrato, Lei per me era un enigma. Visto che nessuna delle sue inchieste ha condotto ad alcun processo, è difficile dire se ci fosse sostanza. Per molti Lei è un eroe, per altri un avventuriero. Dopo la sua discesa in politica (non appena smessa la toga, senza neppure una pausa di riflessione), ha dovuto munirsi di un programma e ci ha offerto un miscuglio di giustizialismo e luoghi comuni ambientalistici. Questi ultimi piuttosto radicali e quindi preoccupanti. Riguardo al tema della "monnezza", in campagna elettorale Lei si è opposto tenacemente al termovalorizzatore, allineandosi col "partito del no".

Ma ora che Lei è il sindaco di Napoli, una delle più grandi città italiane e la capitale del Mezzogiorno, si trova di fronte a sfide formidabili, ben più complesse delle sue passate inchieste. I napoletani l'hanno votata per una cosa sola: come ex uomo di legge, dovrebbe avere le carte in regola per riuscire a introdurre un po' di legalità. Questo per Lei sarà un banco di prova eccezionale su cui siamo pronti a cambiare giudizio.

Saltando il tema della monnezza, dove Lei sembra già aver messo un piede... in fallo, vorrei attirare la sua attenzione sulla vera emergenza, la vera minaccia per Napoli, un tema nazionale, anzi mondiale: il Vesuvio. Quattromila anni fa ci fu la prima eruzione pliniana del Vesuvio antropologicamente documentata, detta di Avellino, che fu più distruttiva di quella che distrusse Ercolano e Pompei. Questa avvenne nel 79 DC, circa duemila anni fa. Dunque è trascorso, dall'eruzione che distrusse Pompei ed Ercolano, lo stesso lasso di tempo che trascorse tra questa e quella di Avellino. Gli scienziati hanno già lanciato l'allarme. Deve essere rivisto il piano di emergenza, attualmente basato su uno scenario intermedio tra un'eruzione pliniana e quella, leggera, del 1944. Si è preso come riferimento l'eruzione del 1631. Su questa base, i piani prevedono un preavviso da 7 a 20 giorni prima dell'eruzione, e una "zona rossa", cioè da evacuare, che comprende 600 mila persone. Ma gli scienziati ammoniscono: dobbiamo prepararci allo scenario peggiore, secondo cui il tempo di preavviso, nel quale la lava percorre il condotto di fuoriuscita dalla camera magmatica, è brevissimo: poche ore. Con questi tempi di preavviso brevissimo, ci aspetta con sicurezza matematica un'eruzione della massima potenza classificata, che nel caso di Avellino portò palle di fuoco (nubi piroclastiche) ad abbattersi alla velocità di cento chilometri l'ora sulla popolazione fino ad oltre venti chilometri di distanza. Nel caso il vento soffi verso nord-ovest, sarebbe investita l'intera città di Napoli. Occorre dunque approntare piani di evacuazione per tre milioni di persone.

La scienziata Margherita Hack, che sa come stanno le cose, non perde occasione di dire agli italiani di smettere di preoccuparsi del nucleare e invece cominciare a preoccuparsi del Vesuvio. Certo, evacuare tre milioni di persone è un'impresa. Anche evacuarne seicentomila non è facile. Per farcela, la protezione civile conta su quei tempi di preavviso di una-tre settimane. Senza questo tempo a disposizione è impossibile anche evacuare i seicentomila napoletani alle falde del Vesuvio.


Dal sito della Protezione Civile la mappa del piano di emergenza per l'area vesuviana

Il neosindaco De Magistris dovrebbe mettere questo tema al primo punto dell'ordine del giorno. Il suo compito non è certo quello di preparare piani di evacuazione – per lo meno non da solo – ma di lanciare un'iniziativa che per la posta in gioco (la vita di tre milioni di italiani) supera di importanza qualsiasi altra emergenza e assume rilievo nazionale. Il piano di prevenzione e protezione dalla prossima, sicura e devastante eruzione del Vesuvio sarà anche un piano di investimenti che farà da traino per l'economia locale, regionale e nazionale.

  1. Gli attuali residenti della Zona Rossa vanno trasferiti stabilmente. L'intera Zona Rossa va disabitata perennemente, perché in caso di eruzione pliniana non c'è evacuazione che tenga: sarebbero tutti morti nel giro di poche ore. Il modello da seguire è quello applicato recentemente dal governo turco: la costruzione di nuovi centri abitati lontano dal centro dell'eruzione. Le autorità hanno già fatto qualche passo timido nella direzione di dislocare le famiglie della Zona Rossa altrove, offrendo incentivi alla costruzione di abitazioni, ma il tentativo è di fatto fallito. Gli incentivi erano modesti, e quindi il costo della nuova casa pesava troppo sulle spalle degli interessati. Inoltre, al napoletano va offerto qualcosa che lo convinca ad allontanarsi dalla sua città, e l'argomento imbattibile è il lavoro. Vanno costruite nuove città attorno a centri di produzione agro-industriali, collegate con infrastrutture energetiche, idriche e di trasporto moderne.
  2. Una fascia, probabilmente quella più a nord, della popolazione napoletana va interessata da piani di evacuazione. Per questo occorre ridurre i tempi drasticamente dalle due-tre settimane al massimo a due-tre giorni. Va predisposta, e laddove mancante, va COSTRUITA, l'infrastruttura che permette il trasferimento rapido e sicuro: la ferrovia. Occorre costruire un dispositivo che metta a disposizione un numero di treni in grado di caricare e spostare contemporaneamente su più linee, nel giro di poche ore, almeno un milione di persone.
  3. La terza fascia, compresa tra l'attuale zona rossa e le periferie, dovrà probabilmente trovare riparo in rifugi sotterranei. Questi vanno costruiti e attrezzati, in modo che la popolazione possa trascorrervi in sicurezza diversi giorni: alloggi, servizi igienici, sanitari, scorte di cibo e acqua, accumulatori e sistemi di filtraggio dell'aria esterna.

Inoltre, per migliorare i sistemi di preavviso, va finanziato un programma di ricerca sui precursori vulcanici, in collaborazione con gli scienziati che studiano i precursori dei terremoti.

Se al neoeletto sindaco di Napoli sta veramente a cuore il bene pubblico e solamente quello, come egli ha affermato, allora non mancherà di condividere questa preoccupazione urgente, e si adopererà per mettere in sicurezza la città e gli abitanti di Napoli per le future generazioni. Egli deve approfittare del sostegno elettorale ricevuto per lanciare questa sfida. Dia spazio agli scienziati, faccia di questa una battaglia nazionale e si batta per ottenere i fondi. Non si arrenda di fronte a chi dice che non ci sono soldi in bilancio, perché se l'Italia trova 33 miliardi per salvare le banche francesi, inglesi e tedesche trova anche i soldi per salvare tre milioni di vite a rischio.

Dott. De Magistris, metta tutto il resto in secondo piano e faccia questo. Entrerà nella storia. In caso contrario sarà l'ennesima, cocente delusione per il popolo napoletano.


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