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Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
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Γνϖθι σεαυτòν (conosci te stesso)

di Stephan Otorhinogologus

3 febbraio 2012 (MoviSol)

«Pensa a uomini chiusi in una specie di dimora sotterranea, a mo' di caverna, che abbia l'ingresso aperto alla luce e lungo per tutta la lunghezza dell'antro; che essi vi stiano sin da bambini incatenati alle gambe e al collo, così da restare immobili e guardare solo dinanzi a sé, non potendo ruotare il capo per via della catena; che dietro di loro, alta e lontana, brilli la luce di un fuoco, e tra il fuoco e i prigionieri corra una strada in salita, lungo la quale immagina che sia stato costruito un muricciolo, come i paraventi sopra i quali i burattinai, celati al pubblico, mettono in scena i loro spettacoli».

«Immagina allora che degli uomini trasportino lungo questo muricciolo oggetti d'ogni genere sporgenti dal margine, e statue e altre immagini in pietra e in legno delle più diverse fogge; che alcuni portatori, com'è naturale, parlino; che altri tacciano [….] Simili a noi, innanzitutto credi che tali uomini abbiano visto di sé stessi e dei compagni qualcosa di diverso dalle ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna di fronte a loro?»

«E se nel carcere ci fosse anche un'eco proveniente dalla parete opposta? Ogni volta che uno dei passanti si mettesse a parlare, non credi che essi attribuirebbero quelle parole all'ombra che passa? […] Allora, per questi uomini la verità non potrebbe essere altro che nelle ombre degli oggetti».

Questo passaggio è l'inizio drammatico del famoso "dialogo della caverna" di Platone, nel VII libro della sua Repubblica. È in questa allegoria che troviamo il cattivo stato permanente di tutto il genere umano. Sì, anche chi di noi vive nel settore ad alta tecnologia e "avanzato" è spesso, troppo spesso, preda di una trappola: guarda incantato delle ombre, parla alle ombre, pensa alle ombre. Come dimostra Platone in momenti successivi del dialogo, non si tratta di uno stato naturale dell'umanità, ma di uno stato infantile, in cui persisterebbe soltanto un folle, dopo aver raggiunto l'età adulta. Ciò che potrebbe dimostrare qualunque storico vissuto successivamente è che questo perdurante stato infantile è diventato uno strumento politico della cosiddetta classe dominante: mantenere gli uomini nella loro ignoranza tramite il culto dei sensi e la rimozione della loro innata capacità creativa.

Osservate, ad esempio, l'immagine sottostante. Che cosa vedete?

Vedete delle impronte feline di colore verde chiaro alternate a impronte di colore celeste? No. Tutte queste orme sono dello stesso colore. Non mi credete? Provate ad aprire questa immagine in un qualunque programma di grafica e controllate. Un unico colore per tutte le orme, anche se il vostro occhio e il vostro cervello non vi permettono di vederle come sono davvero. Così... che cosa sta accadendo?[1]

Non ci è permesso di vedere ciò che registrerebbe un robot, poiché esso interpreterebbe i dati forniti dai sensori, in quanto tali. Noi, invece, abbiamo un apparato biologico, unificato nel cervello. E dobbiamo chiederci che cosa stiamo trascurando, quando percepiamo questa immagine. Che cosa sono, dunque, le percezioni sensoriali? Non potrebbe essere che tutto ciò che sentiamo sia una congettura, un assunto pratico per guidarci nei misteri della vita?

Platone affronta questo problema nella forma dell'allegoria della caverna; Niccolò Cusano lo sviluppò nella sua Dotta Ignoranza; Giovanni Keplero, nell'esposizione della sua scoperta della gravitazione universale, fece un passo avanti e provò che gli esseri umani sono fondamentalmente una specie superiore, capace di percepire le qualità dell'universo che sono di una specie superiore rispetto alle percezioni sensoriali. Rivelò che tutti gli uomini non sono, né possono essere animali brancolanti in questioni pratiche. Ogni grande artista e ogni grande scienziato del passato, infatti, dovette occuparsi, in un modo o in un altro, del senso superiore di sé, e lottò per provare che gli esseri umani non sono creature dei sensi, ma della mente.[2]

Coloro che, rispetto ai loro simili, si credono degli dei dell'olimpo, combattono invece questo potenziale e si dannano a "lavare il cervello" per portare la gente a credere una visione pateticamente opposta dell'umanità e della verità. Ne abbiamo esempi nella forma di vecchi detti che esprimono la vox populi, come "L'uomo non è che un animale", o "L'unica cosa che mi rimane è cercare il piacere ed evitare il dolore", oppure "Tutto ciò che posso conoscere è ciò che vedo", oppure infine "la verità non esiste".

Il modo di liberarsi da questa follia in cui siamo intrappolati, come nazione e come popolo, sta nel combattere per un più alto significato di ciò di cui è dotata l'umanità, al di là di queste regole arbitrarie di pensiero, imposteci dal basso, da ciò che dovremmo piuttosto chiamare opinione popò-lare. A questo scopo, l'umanità deve evolvere dal suo stadio infantile e neutralizzare il modello oligarchico, insieme al suo sistema monetarista inerentemente fallito.


Bruegel il Vecchio, La parabola dei ciechi, 1568

Allo stesso scopo Lyndon LaRouche ha sviluppato una nuova e superiore nozione del sé, nel suo ultimo articolo "Il mistero del tuo tempo". L'umanità, sostiene LaRouche, è una specie unica, dotata di una mente, che non è oggetto delle percezioni sensoriali. L'umanità è una specie che può indagare l'universo, andando oltre gli inganni delle percezioni sensoriali; una specie, quindi, che una connessione innegabile con una modalità superiore della mente, nell'universo, ed è in sé universale.

Così, di nuovo, la vecchia massima incisa nell'antico tempio di Delfi, "conosci te stesso" va rivoluzionata, abbandonando il concetto di "stai al tuo posto e agisci come uno schiavo degli dei", per arrivare al concetto superiore proposto da Platone, "conosci te stesso", facendoci riconoscere che la conoscenza dell'universo è anche conoscenza di noi stessi e che all’incremento delle scoperte compiute dell'umanità a proposito di sé stessa e del "luogo" della sua mente, corrisponde un aumento del guadagno, in termini di dominio all'interno e sopra l'universo.

Per fare tutto questo, dobbiamo indagare sulle anomalie generate, tra il cervello e ciò che consideriamo i nostri organi di senso. Questa è l'intenzione, di cui ho una certa esperienza, espressa nel video qui sotto, dal titolo "Il senso di sé – Un dialogo".

La questione che si pone ora è come esplorare, al pari di Keplero e di Beethoven, quei limiti dei sensi e dimostrare ex novo questo concetto di umanità. Chi è sufficientemente orgoglioso da lasciare la caverna delle ombre e restituire grandiose meraviglie ai nostri simili imprigionati? Vi sembra interessante? Bello? Forza, allora! Riguardate il video e metteteci del vostro in questo dialogo!


Note:

[1] - Altri esempi di illusioni cromatiche sono disponibili sul sito del prof. Akiyoshi Kitaoka. Esperimenti sonori a questi somiglianti sono disponibili nella pagina delle "Dimostrazioni di illusioni uditive, di AA.VV." o sul sito della psicologa Diana Deutsch.

[2] - Questo argomento è trattato in modo dilettevole da Jason Ross nella serie di cortometraggi su "Riemann, Keplero e la metafora": "Il potenziale e la metafora", "Sulle funzioni abeliane", "Sulla metafora: un intermezzo"

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