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Sdegno per l'atteggiamento del governo USA verso le banche

29 agosto 2012 (MoviSol) - L'abbrivio per reintrodurre la legge Glass-Steagall cresce negli USA, anche come reazione alle recenti decisioni dell'amministrazione Obama di non procedere legalmente contro grandi banche e banchieri nonostante l'evidenza e le dimensioni dei reati commessi.

Un esempio è l'inchiesta sulla HSBC, nota come la banca della droga numero uno nel mondo. Secondo alcune fonti, il Dipartimento di Giustizia USA sta preparando una proposta di patteggiamento da offrire alla banca per evitare il processo, pagando una multa di almeno 700 milioni di dollari. Anche se fosse di un miliardo sarebbero noccioline per una megabanca come HSBC, e soprattutto ridicola per reati che giustificherebbero il ritiro della licenza bancaria e un'azione penale nei confronti dei responsabili, come ha suggerito il rapporto della commissione del Senato lo scorso luglio (cfr. EIR Strategic Alert 31-34/12).

Molte fonti hanno riferito che addirittura nel 2009 il Dipartimento della Giustizia di Obama sotto Eric Holder aveva deciso di non procedere contro le grandi banche, apparentemente perché si sarebbe perso ai processi.

Tale notizia ha suscitato lo sdegno generale, riflesso in un editoriale del New York Times il 26 agosto, intitolato "Nessun reato nessuna punizione", in cui si condanna l'amministrazione Obama per aver rifiutato di rinviare a giudizio Goldman Sachs. "Quando il Dipartimento della Giustizia recentemente ha chiuso l'inchiesta su Goldman Sachs, è diventato chiaro che nessuna grande banca americana o i loro top managers avrebbero mai subito rinvii a giudizio per il ruolo svolto nella crisi finanziaria. I funzionari della giustizia e persino il Presidente Obama hanno difeso la decisione di non procedere, sostenendo che anche se sulla strada che ha portato alla crisi l'avidità e altri difetti morali sono risultati evidenti, la condotta non necessariamente è stata illegale".

Questo giudizio, scrive il Times, "ha sempre cozzato contro il senso comune". Può darsi che sia difficile provare le malefatte, ma deve comunque essere fatto, ad esempio nel caso della manipolazione dei tassi d'interesse. Mentre ci sono numerosi processi civili contro le banche per frode, raramente sono coinvolti i top managers, e le multe "sono piccole a confronto con i profitti e i bonus dei banchieri".

Dopo tutti questi anni, conclude il Times, "ciò che è ancora necessario sono casi con condanne e multe sufficientemente severe da scoraggiare futuri comportamenti sbagliati. Se istituti che operano nel cuore dell'economia non possono essere ritenuti responsabili, la soluzione dovrebbe essere quella di spacchettarli, non di dar loro e ai loro leaders un salvacondotto".

Anche se in questo caso non menziona per nome Glass-Steagall, il direttore del giornale lo aveva fatto nell'editoriale del 26 luglio, intitolato "Il ripensamento del grande banchiere". Commentando il sensazionale pentimento di Sandy Weill, ex manager di Citigroup, aveva ammesso di aver anch'egli sbagliato nel 1999, quando il giornale appoggiò l'abrogazione di Glass-Steagall.

Il New York Times avrebbe potuto aggiungere nell'ultimo editoriale che c'è bisogno di una commissione simile a quella del 1933 presieduta da Ferdinand Pecora, che tenga audizioni pubbliche sulle malefatte e le illegalità e creando consenso popolare per un procedimento penale.

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