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Lettera aperta di Claudio Giudici al segretario del PD Renzi

29 gennaio 2014 (MoviSol) - Pubblichiamo una lettera aperta di Claudio Giudici, che si rivolge al segretario del PD Matteo Renzi in qualità di presidente di un'associazione di tassisti di Firenze.

 

Matteo così non cambiamo verso!

Caro Matteo,
è indubbio che la proposta politica che stai avanzando stia suscitando un grande entusiasmo nella pubblica opinione. L'Italia ha infatti bisogno di ritornare ad avere fiducia in un futuro che obbligatoriamente dovrà cambiare. Personalmente però, in qualità di piccolo imprenditore fiorentino e di legale rappresentante del 4390 Taxi Firenze, non intravedo nella tua proposta l'elemento di novità, di discontinuità che servirebbe.

Nell'ultimo ventennio, più volte abbiamo detto no alla politica dei due tempi: il primo tempo dedicato alla messa in ordine dei conti, il secondo tempo dedicato allo sviluppo. Tuttavia, abbiamo sempre attuato il primo tempo, chiedendo sacrifici agli Italiani, ma non abbiamo mai attuato il secondo. Anzi, questo secondo tempo, se analizziamo oggi i dati relativi ai consumi interni che segnano livelli record negativi dal dopoguerra ad oggi, è stato proprio precluso dal mettere “a posto” i conti, tanto che oggi non abbiamo né i conti in ordine, né crescita.

Anche tu ti sei presentato dicendo che avremmo chiesto uno sforamento del famoso vincolo del 3% del rapporto Pil/deficit imposto dal Patto di Stabilità europeo – in quanto ciò servirebbe a riproporre politiche di spesa pro-crescita – soltanto dopo, di nuovo, aver fatto "i compiti a casa". Dunque siamo alle solite: ci riproponete il solito fallimentare metodo dei due tempi; tanto più fallimentare proprio quando ha preteso di essere il più ubbidiente possibile alle richieste della Troika (il Governo Monti ne è l'esempio più eclatante).

In concreto, proponi all'Italia di rivedere ancora una volta la regolamentazione del mercato del lavoro, la legge elettorale, l'architettura costituzionale. Per ciò che a me più compete, voglio concentrarmi sul primo punto.

Quest'anno, nonostante la congiuntura sfavorevole, il 4390 Taxi Firenze, grazie al marketing ed alle migliorie di processo adottati, ha saputo conquistare nuove fette di mercato. Queste, ci sono state utili per evitare di mandare a casa parte del personale. Addirittura, abbiamo dovuto assumere una nuova persona, ma non in un reparto produttivo, bensì in quello amministrativo. Questo perchè la famosa semplificazione amministrativa della cosa pubblica si è tradotta più che in una de-burocratizzazione dei processi, in una esternalizzazione dei processi dalla Pubblica Amministrazione alle imprese stesse, rappresentando dunque per le stesse una nuova improduttiva voce di costo. In questi mesi mi sono più volte chiesto se fosse il caso di assumere anche un nuovo operatore di centrale radio, per riuscire ad incentivare la produttività. Questo operatore non l'ho mai assunto non tanto perché non avessi idea di quale contratto adottare, nè perché invece che costarmi 24mila euro annui (con contributi pagati, con tredicesima e quattordicesima) me ne sarebbe potuto costare 14mila (laddove volessimo arrivare, come talvolta sentiamo, ad eliminare le parti che io chiamo della dignità economica del contratto di lavoro ex art. 36 Cost.), ma perché avrei comunque un problema di produttività reale. Infatti, nella fase estiva, il lavoro tiene grazie al flusso turistico portatoci dalle nuove classi medio-ricche dei Paesi del B.r.i.c. (Brasile, Russia, India e Cina, ossia quelle realtà che adottano da tempo politiche espansive di investimento in infrastrutture ed industria); d'inverno invece la situazione è naturaliter progressivamente stagnante perché poggia sulla sola arrancante domanda locale. Ma ammettiamo che il 4390 Taxi Firenze fosse così bravo da far risalire la domanda di servizio tanto da dover assumere nuovo personale: noi non riusciremmo comunque ad assorbirla a causa della carenza del sistema infrastrutturale fiorentino che non consente fluidità di scorrimento ai nostri taxi, oltre che ai fiorentini in genere. Le corsie preferenziali, infatti, già storicamente carenti, seppur la tua Amministrazione le abbia aumentate in zone periferiche (dove era possibile occupare spazi riservati alla viabilità generale), le ha diminuite in alcune più bisognose zone in prossimità del centro città. Questo perché si è preferito eliminare le corsie preferenziali – si pensi a via Pisana, via Bronzino – sostituendole con posti auto, di cui vi è pur bisogno. Ma una più efficiente gestione dello spazio, suggerirebbe di sfruttare il sottosuolo per la creazione di parcheggi sotterranei e – incredibile ma vero! – di una metropolitana (o anche il “tubone” sotterraneo nord-sud che volevi fare); ma non abbiamo i soldi per fare ciò, perché il Patto di stabilità ce lo impedisce! Il Presidente Letta ad inizio mandato gasò il Paese perché forse avremmo potuto sforare il Patto per 12miliardi di euro (tu ieri a Virus hai parlato di 5miliardi, ma mi auguro solo per un capitolo di spesa). Una cifrona? Se paragoniamo questo circa mezzo miliardo di euro a regione, con gli oltre 20miliardi di dollari che è costata l'area dove sorge il Burj Dubai, il grattacielo dei record, direi una miseria!

Dunque, burocrazia e carenza infrastrutturale sono due primi problemi che bloccano l'impresa che lavora in particolare sul mercato interno. Il terzo problema, connesso a questi, è il mercato interno stesso, che è stato “stritolato” soprattutto dalle politiche di austerità del Governo tecnico.

Il prof. Fortis dell'Università Cattolica di Milano, ha recentemente dimostrato che l'Italia oggi esporta all'estero quanto ai livelli pre-crisi, e più di Germania e Francia (!), mentre il consumo interno è perfino peggiore di quello dei minimi toccati nel 2009. Non è dunque un problema di competitività dell’Italia, di riforme del mercato del lavoro e di un Paese che non ha saputo reagire alla crisi. Si tratta semplicemente di una cinghia che ci è stata messa al collo, quella dell'austerità applicata sotto pressioni esterne, che ha portato a risultati disastrosi. L’Italia infatti è il secondo paese più competitivo per le esportazioni a livello mondiale secondo l’indice Unctad/Wto; è uno dei pochi paesi con la bilancia commerciale in attivo ed è leader in numerosi settori, non solo quelli più conosciuti come l’alimentare, l’abbigliamento e l’arredamento, ma anche in vari settori della meccanica e dell’ingegneria.

È evidente allora che se vogliamo che gli Italiani ritornino ad acquistare, a riprendere la strada del benessere, che gente come De Gasperi, Mattei, La Pira ci aveva insegnato a costruire, dobbiamo abbassare il complessivo livello di tassazione e procedere con politiche espansive di investimento nelle infrastrutture e nei settori strategici: abbiamo bisogno di un nuovo New Deal, dove la politica torni a fare il direttore d'orchestra, le banche tornino a finanziare l'economia reale, chi fa speculazione invece che esser salvato con i soldi dei contribuenti sia, come con lo standard Glass-Steagall, abbandonato a sé stesso, e che le imprese italiane possano esser facilitate nella loro grande creatività piuttosto che, paradossalmente, essere il creditore di ultima istanza di un Eurosistema fatto al contrario.

Dunque o la Commissione europea ci consente di sforare il patto di stabilità fin da subito, senza la presa di giro di altri inutili "compiti da fare a casa", oppure dobbiamo riappropriarci della nostra sovranità monetario-creditizia. La prima opzione sarebbe comunque un compromesso che lascerebbe in mani terze un cardine fondamentale della sovranità economica e politica dello Stato; la seconda opzione sarebbe, seppur psicologicamente più probante, la strada che sempre più economisti, premi Nobel o meno, suggeriscono.

Claudio Giudici
Presidente 4390 Taxi Firenze




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