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Da «21st Century Science and Technology» (Estate 2005)


Non sono "rifiuti"

Il combustibile nucleare è rinnovabile

di Marjorie Mazel Hecht

La prima cosa da sapere sui rifiuti nucleari è che essi non sono affatto “rifiuti”, ma una risorsa rinnovabile che, opportunamente riciclata (ritrattata), può offrire nuovo combustibile fissile e isotopi preziosi per molte applicazioni. La principale ragione per cui sono chiamati “rifiuti”, è che la lobby anti-tecnologica non vuole far sapere al pubblico che è possibile riciclarli. Trasformando il carburante esausto nel fantasma di un problema minaccioso e insolubile, la fazione anti-nucleare ha inteso e intende bloccare la diffusione dell’energia nucleare nel mondo. Il problema è che senza l’energia nucleare, il mondo non potrà industrializzarsi, pertanto la popolazione mondiale non potrà crescere: questo è il sogno dei malthusiani.
La verità è che, con l’ingresso dell’umanità nell’era del nucleare, da subito la possibilità di riciclare il combustibile fissile parve essere la grande promessa di un modo di produzione dell’energia allo stesso tempo poco costoso e efficiente. Si pensò subito che le nazioni facenti uso dell’energia nucleare avrebbero riprocessato il combustibile esausto, completando il ciclo di rinnovamento dell’uranio inizialmente arricchito, dopo essere stato “bruciato” nei reattori.
Quando le altre fonti di energia moderne – legno, carbone, petrolio, gas – sono bruciate, non rimane altro che cenere e prodotti aeriformi inquinanti, effetto estraneo ad una centrale nucleare. Al contrario il fissile esausto, alla fine della reazione nucleare conserva un 95-99% di uranio inutilizzato, disponibile al riciclaggio.
Questo significa che se gli Stati Uniti sotterrano 70000 tonnellate di fissile esausto, si sciupano circa 66000 tonnellate di uranio 238. Significa, inoltre, che si sciupano anche 1200 tonnellate di uranio 235 fissile e di plutonio 239. A causa dell’altissima energia contenuta nei nuclei atomici, queste quantità relativamente piccole di fissile (sarebbero contenute nel volume di una piccola villetta) è energeticamente equivalente al 20% delle riserve petrolifere degli Stati Uniti.
Fino al 96% del fissile esausto può essere convertito in nuovo combustibile. Il 4% dei cosiddetti rifiuti pesa circa 2500 tonnellate, e consiste di materiali altamente radioattivi, i quali pure sono ancora sfruttabili. Tra di essi vi sono circa 80 tonnellate di cesio 137 e stronzio 90 che, separati, possono essere impiegati in applicazioni mediche quali la sterilizzazione delle attrezzature. Usando le tecniche di separazione isotopica e la trasmutazione per bombardamento con neutroni veloci (tecnologie in cui gli Stati Uniti furono pionieri, prima di decidere di non svilupparle ulteriormente), si possono separare tutti i tipi di isotopi, come l’americio (impiegato negli allarmi antifumo) o quelli usati nelle diagnosi e nelle terapie mediche.
Risulta che, oggi, gli Stati Uniti devono importare il 90% degli isotopi ad uso medico, impiegati in 40000 procedure mediche quotidiane. Anziché estrarre gli isotopi dalle cosiddette scorie, gli Stati Uniti riforniscono altre nazioni di uranio arricchito, per permettere a queste di processarlo e spedire indietro gli isotopi medici necessari!

Come il combustibile diventa "esausto"

Il fissile resta per diversi anni dentro al nocciolo del reattore nucleare, fino a che la concentrazione dell’uranio 235 si è ridotta al di sotto dell’1%, soglia che impedisce la prosecuzione della reazione a catena. Un impianto di 1000 MW deve pertanto sostituire un terzo del suo fissile circa ogni diciotto mesi.
Inizialmente, il fissile sostituito è molto caldo, e deve essere depositato in piscine d’acqua che lo raffreddino e al contempo fungano da schermatura contro le radiazioni. Passato un anno in acqua, la radioattività totale diventa circa il 12% di quella riscontrata al termine delle operazioni di sostituzione. Dopo cinque anni, essa diventa circa il 5%.
A differenza di altri rifiuti tossici, gli isotopi radioattivi nel tempo perdono la loro pericolosità. Questo processo di decadimento è misurato in unità di “vita media”, che indica il tempo necessario a metà della massa iniziale per decadere in qualcosa di diverso, talvolta non più radioattivo. Benché pochi siano gli isotopi con vite medie di migliaia di anni, la maggior parte dei componenti dei rifiuti nucleari decadono a livelli di radiotossicità inferiori a quello dell’uranio naturale in poche centinaia di anni.
Il fissile esausto comprende uranio e plutonio, e altre varietà di prodotti della fissione, e un piccolo quantitativo di elementi transuranici (cioè più pesanti dell’uranio stesso: gli attinidi), che hanno lunghi tempi di dimezzamento. Se questo fissile non è riciclato, bisogna aspettare centinaia di anni affinché per via naturale la sua tossicità scenda ai livelli dell’uranio naturale.


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