ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

Parmalat e i derivati finanziari

DICHIARAZIONE DI PAOLO RAIMONDI, PRESIDENTE DEL MOVIMENTO INTERNAZIONALE PER I DIRITTI CIVILI SOLIDARIETA’

Roma, 21 dicembre 2003 -- Il crac della Parmalat rischia di finire nella lista dei primati insieme a quello del fondo LTCM, crollato nel 1998, e il crac della ENRON del 2001.
Le responsabilità criminali in questa ultima speculazione devono essere punite e in modo esemplare.
Ma la cosa più importante da capire e da affrontare con azioni decise di strategia economica è che i fallimenti della Parmalat, della Cirio, della Enron, di LTCM non sono casi separati, “incidenti” che si verificano in un sistema che altrimenti funziona. Sono invece le manifestazioni sempre più frequenti e vistose della bancarotta dell’intero sistema finanziario che si sta rapidamente sgretolando. Sono il risultato della deregulation finanziaria che negli ultimi decenni ha creato bolle speculative di tutti i tipi. La bolla della finanza derivata è quella più fuori controllo, la più esplosiva. La Parmalat vi è finita dentro fino al collo rischiando di devastare un complesso industriale di prim’ordine e con esso le famiglie di decine di migliaia di lavoratori e l’economia italiana.
Nelle indagini sono emersi tra l’altro i nomi di due grandi banche americane, la Bank of America e la Citigroup, che ebbero già un ruolo nefasto nel fallimento della Enron. Importante notare che esse ricoprono la seconda e la terza posizione tra le banche americane maggiormente esposte in operazioni in derivati. Al primo posto c’è la Morgan Chase con oltre 30.000 miliardi di dollari in valori nozionali in derivati, più di tre volte il PIL americano!
Quegli economisti che non vogliono ammettere che la bolla speculativa globale, calcolata in almeno 400.000 miliardi di dollari, sta frantumando quello che è rimasto dell’economia reale, dovrebbero essere mandati a casa e in fretta.
Negli ultimi mesi la bolla dei derivati è letteralmente impazzita, cresciuta a dismisura per pompare liquidità virtuale in un sistema finanziario moribondo, dopo che Greenspan della Federal Reserve ha portato quasi a zero i tassi d’interesse senza alcun effetto.
Si guardino i dati che persino la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea si sente in dovere di pubblicare. Nel rapporto della BRI, “Il mercato dei derivati OTC nella prima metà del 2003”, pubblicato il 12 novembre 2003 si ammettono i seguenti valori nozionali dei derivati OTC in miliardi di dollari:
giugno 2002 : 127.500
dicembre 2002: 141.700
giugno 2003: 169.700
Cioè un aumento di 42.000 miliardi di dollari in 12 mesi! Dati ufficiali!
I fallimenti, anche quelli che verranno, non dovrebbero quindi destare meraviglia.
Che cosa fare allora?
Dopo una stagione di speculazione selvaggia, le banche e le finanziarie pretenderanno un intervento dello stato per coprire il buco. Dopo aver giocato alla deregulation scardinando le regole del sistema di Bretton Woods, adesso esigono che a pagare siano lo stato e i cittadini.
E’ arrivato il momento di azioni coraggiose. Il bene comune della nazione, dei suoi cittadini e della sua economia ha la precedenza sugli interessi della speculazione. Occorre mantenere il tessuto produttivo e punire la finanza speculativa, senza tentennamenti. Non si può pensare di mantenere a lungo un cancro in un tessuto sano facendo finta di non sapere che, se non si estirpa il male, esso porterà alla morte.
Ma se ad essere in bancarotta è l’intero sistema mondiale, la risposta non può che essere globale. La priorità va quindi alle iniziative internazionali, come la convocazione di una nuova Bretton Woods, che l’economista americano e candidato democratico Lyndon LaRouche sta da tempo promuovendo, in cui definire un nuovo sistema monetario internazionale, con cambi fissi, misure anti speculative, come il congelamento dei debiti illegittimi e impagabili, e l’erogazione di nuovi crediti a lungo termine per investimenti in grandi infrastrutture e in progetti di economia reale a livello mondiale.
Il parlamento italiano ha già discusso in passato una serie di mozioni sulla nuova Bretton Woods, presentate in varie occasioni dai senatori Pedrizzi e Peterlini e dall’on. Brugger che hanno raccolto il sostegno di un centinaio di parlamentari di tutti i partiti. Le mozioni impegnavano il governo a intraprendere iniziative in sede internazionale per la promozione di una nuova conferenza di Bretton Woods a livello di capi di stato e di governo, come quella del 1944.
Recentemente anche un’alta autorità morale, come il Cardinale Dionigi Tettamanzi, interpellato sul progetto di una nuova Bretton Woods in una conferenza organizzata dall’Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa a Milano il 24 novembre scorso, ha ribadito che “l’Italia non solo può ma deve promuoverlo, per quanto appaia difficile, e sprigionare le energie necessarie per realizzarlo”.