ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

Perché nessuno parla degli strumenti di finanza derivata nello scandalo Parmalat?

DICHIARAZIONE DI PAOLO RAIMONDI, PRESIDENTE DEL MOVIMENTO INTERNAZIONALE PER I DIRITTI CIVILI SOLIDARIETÀ, COLLABORATORE DEL’ECONOMISTA E CANDIDATO DEMOCRATICO AMERICANO LYNDON LAROUCHE

Roma, 26 gennaio 2004 – La truffa dei 12-13 miliardi di euro di bond della Parmalat ai danni degli investitori e dei risparmiatori sta venendo a galla con tutta la sua drammaticità. Ma della vera truffa speculativa globale intorno ai bond nessuno ha avuto ancora il coraggio e la competenza per parlarne, in quanto si tratta di una dimensione da crisi finanziaria sistemica. Come ha riportato la stampa italiana, Calisto Tanzi  durante un interrogatorio avrebbe detto che nel giugno 2003, cioè quando l’insolvenza della Parmalat era già nota nei circoli della grande finanza, “il direttore finanziario della Parmalat venne contattato da un dirigente della Morgan Stanley Italia che disse che c’era un investitore istituzionale che voleva investire 300 milioni di euro in obbligazioni e chiedeva se noi fossimo interessati all’affare”.
Perchè la Morgan Stanley allora e altre banche come la JP Morgan, la Bank of America, la Citigroup o la Deutsche Bank avevano acquistato altri grossi pacchetti di bond della Parmalat per parecchie centinaia di milioni di dollari?
Questi signori conoscevano molto meglio della Banca d’Italia, della Consob o del Tesoro la vera situazione debitoria e fallimentare della Parmalat.
Perché allora?
La risposta si chiama: Collateral Debt Obbligations (CDO), Obbligazioni di Debito Collateralizzato.
Si tratta di titoli derivati e cioè emessi proprio sulla base di questo tipo di bond (una combinazione di titoli Parmalat e di altre imprese, ad esempio) e poi venduti a fondi di investimento e ad altri acquirenti. Strumenti di speculazione finanziaria, un gioco d’azzardo purtroppo permesso dalle autorità monetarie. Questo settore di speculazione pura, insieme a quello dei titoli immobiliari,  è molto cresciuto dopo il crollo della New Economy del 2001. E le banche coinvolte nella Parmalat, come sempre, sono in testa alla classifica anche nel campo dei CDO. Secondo il Comptroller of the Currency USA, a giugno 2003 la JP Morgan aveva 460 miliardi di dollari di CDO con un aumento rispetto all’anno precedente del 51%, la Citigroup 152 miliardi (+ 30%) e la Bank of America 123 miliardi (+ 67%).
La domanda da porre non tanto alla magistratura, ma al governo e alle altre autorità politiche ed economiche italiane, ma anche di tutti gli altri stati, è la seguente: quali passi si vogliono seriamente fare per affrontare la bolla speculativa e il crac finanziario globale? Quanti crac si vogliono sperimentare ancora per ammettere che l’attuale sistema finanziario globale è in bancarotta? Non sarebbe tempo di iniziare con impegno discussioni e azioni che portino a ridefinire un sistema economico e finanziario che ristabilisca la priorità dell’economia produttiva e reale su quella finanziaria con tutta una serie di misure contenute per esempio nella proposta per una “Nuova Bretton Woods” che noi da tempo proponiamo?
E’ importante sottolineare che il parlamento italiano si è già impegnato a prendere delle iniziative in questa direzione, come quando al termine di un dibattito sulla crisi argentina e sulla bolla finanziaria globale, la Camera dei Deputati  il 25 settembre 2002 votò all’unanimità la risoluzione firmata da Volontè, Brugger e altri deputati che impegnava il governo a “prendere, in particolare, l’iniziativa di proseguire, nelle sedi internazionali competenti, l’attività di studio e di proposta per una nuova architettura finanziaria in grado di sostenere l’economia reale e di evitare bolle speculative e crac finanziari”.