ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

ECONOMIA

DICHIARAZIONE DI PAOLO RAIMONDI, PRESIDENTE DEL MOVIMENTO INTERNAZIONALE PER I DIRITTI CIVILI – SOLIDARIETA’

Anche l'Economist ammonisce di nuovi choc finanziari. Che cosa aspettano ancora i governi a muoversi?


Roma 24 febbraio 2004 – Sul numero del 17 febbraio 2004 persino il settimanale Economist, parlando dell’andamento dei mercati finanziari, titola “La tempesta è in arrivo”. “Non hanno imparato niente dall’autunno del 1998?” si chiede il giornale, quando il mondo, dopo varie grosse crisi in Asia, Russia, Brasile, venne scosso dal crollo del fondo speculativo Long Term Capital Management (LTCM) che richiese un salvataggio da parte della Federal Reserve americana. Allora si sentirono molti mea culpa, ma sembra che le grandi banche internazionali, spasmodicamente impegnate a raccogliere alti profitti, abbiano dimenticato la lezione e, “entro la fine dell’anno dovranno fare nuovi mea culpa. “La dimensione delle scommesse (le chiama proprio così) delle banche sta aumentando rapidamente e ovunque, dice l’Economist, che poi cita Michael Thompson, dell’agenzia internazionale di analisi sui rischi negli investimenti, RiskMetrics, che aggiunge: “La situazione attuale non è dissimile a quella del periodo prima del crollo del fondo LTCM. I grandi scommettono sulla stabilità del mercato, ma camminano sull’orlo del precipizio”. I nomi delle banche più esposte fatti dalla rivista sono tra gli altri, la JP Morgan, la Citigroup, la UBS, la Deutsche Bank, la Goldman Sachs, un pò tutte quelle banche menzionate anche nel crollo della Parmalat. Uno dei dati analizzati per provare la difficolta speculativa a breve di queste grandi banche è il cosiddetto VAR (value at risk), cioè il parametro che indica la percentuale del capitale che deve essere accantonato a fronte delle posizioni contrattuali e dei rischi. Valga un solo esempio: la Goldman Sachs lo ha recentemente più che raddoppiato. E poi l’Economist ammonisce: questo parametro non è tra i più sicuri in quanto chi specula volutamente sottostima il rischio di grandi choc.

Allora, bisogna proprio aspettare altri crolli sistemici, molti LTCM, rimanendo seduti nelle cabine del Titanic che sta affondando? O non sarebbe meglio prendere delle iniziative a livello internazionale per far fronte preventivamente alla crisi finanziaria e intraprendere le azioni necessarie per riorganizzare un sistema in bancarotta? Pochi giorni fa 50 deputati e venti senatori si sono fatti promotori di una mozione, a cui ho contribuito alla stesura, che richiedeva al governo di iniziare contatti, studi e azioni che portassero a una Nuova Bretton Woods. E’ il caso di non perdere altro tempo. Mettiamo in campo forze politiche, organizzazioni di categoria ed esperti per lavorare in questa direzione. Il primo passo è quello di riconoscere che la crisi è sistemica.