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La Corte Suprema USA censura le pretese imperiali di Bush e Cheney

8 luglio 2004 – Con due clamorose delibere, la Corte Suprema USA ha bocciato l'esercizio di poteri illimitati in tempo di guerra, che l'amministrazione Bush ha imposto contro il volere dei tribunali federali. All'interno dell'amministrazione Bush, il vicepresidente Dick Cheney era il principale sostenitore della linea "presidenziale imperiale" che conferisce ogni potere al ramo esecutivo, relegando il ramo legislativo e giudiziario al ruolo di meri osservatori esterni quando il Presidente esercita i propri poteri di comandante in capo.
Con le sentenze del 28 giugno, che hanno colto di sorpresa il Pentagono ed il Dipartimento di Giustizia, la Corte Suprema ha infatti decretato 6 a 3 che tutti i prigionieri a Guantanamo hanno accesso ai tribunali federali americani se intendono fare ricorso contro la propria detenzione, ed ha deliberato 8 a 1 che un cittadino americano non possa essere detenuto come "nemico combattente" senza avere l'opportunità di rivolgersi ad un tribunale federale e sfidare le ragioni addotte dal governo per la sua detenzione.
L'argomentazione addotta dall'amministrazione Bush era che la condotta del Presidente durante la guerra al terrorismo, inclusa la detenzione a tempo indeterminato di "nemici combattenti", senza alcun diritto legale, è al di fuori della giurisdizione della corte, e dunque implicitamente della giurisdizione della Costituzione americana. La Corte Suprema ha respinto con forza questa affermazione, riaffermando il proprio ruolo come uno dei tre rami del governo anche, e soprattutto, in tempo di guerra.
Le tre delibere possono essere riassunte come segue.
Guantanamo: L'amministrazione Bush aveva asserito con arroganza che i tribunali non hanno alcuna giurisdizione sui "nemici combattenti" nella Baia di Guantanamo, detenuti senza alcuna possibilità di comunicare e a tempo indeterminato, e che la detenzione e gli interrogatori dei prigionieri sono un elemento essenziale della guerra al terrorismo, in cui il sistema della giustizia non può interferire.
Con 6 voti contro 3, la Corte Suprema ha respinto questa affermazione, decretando che perfino i cittadini stranieri, soggetti a detenzione potenzialmente infinita nel territorio coperto dalla giurisdizione dei tribunali americani, hanno il diritto di rivolgersi alle Corti Federali americane. Pur identificando lo status legale particolare di Guantanamo, i critici aggiungono che questo potrebbe applicarsi anche alle operazioni militari americane all'estero, ad esempio in Afghanistan o Iraq. Il giudice della Corte Suprema Antonin Scalia, che ha preso le distanze dalla sentenza, afferma che la maggioranza della Corte "tende una trappola all'esecutivo" sottoponendo Guantanamo alla giurisdizione dei tribunali, e denuncia la decisione come "avventurismo giudiziario della peggior sorte".
Hamdi: Yasser Hamdi fu catturato in Afghanistan, condotto a Guantanamo e poi trasferito in un carcere statunitense quando si scoprì che era nato negli Stati Uniti e possiede dunque la cittadinanza americana. Otto dei nove giudici della Corte Suprema dissentono dall'amministrazione Bush, che ritiene di poter continuare la detenzione sulla base di una decisione del governo, senza che le corti federali possano essere interpellate a proposito. Gli otto giudici concordano che Hamdi ha il diritto di rivolgersi a un tribunale e dovrebbe avere l'opportunità di presentare prove a sua discolpa. Hamdi era stato arrestato come "nemico combattente" solo sulla base di una dichiarazione di due pagine di un burocrate neo-conservatore del Pentagono (tale Michael Mobbs, attualmente sotto inchiesta per le bustarelle della Halliburton), dichiarazione che la corte aveva definito "basata su sentito dire". Il governo aveva deciso che Hamdi non aveva alcun diritto di fare ricorso contro la dichiarazione di Mobbs.
Altri quattro giudici ritengono che la detenzione di Hamdi non sia affatto autorizzata e che egli dovrebbe essere rilasciato, a meno che il governo non porti prove a suo carico. Il giudice Souter, sostenuto dal giudice Ginsburg, discorda con l'idea che la detenzione sia giustificata dall'autorizzazione dell'uso della forza in Afghanistan, data dal Congresso USA, e sostengono che essa violi la Legge contro la Detenzione approvata dal Congresso nel 1971. Perfino il giudice Scalia, sostenuto da Stevens, afferma che il governo non ha alcun diritto di detenere Hamdi a meno che il Congresso non dichiari la sospensione dell'Habeas Corpus.
Padilla: Il terzo caso su cui ha deliberato la Corte Suprema è quello di José Padilla, un cittadino americano arrestato sul territorio degli Stati Uniti sulla base di "prove" ottenute con la tortura di sospetti appartenenti ad Al-Qaida catturati in Afghanistan, e quindi trasferito dal sistema delle corti federali alla custodia militare. Il suo avvocato ha presentato richiesta di scarcerazione a New York, dove l'ha visto l'ultima volta prima che venisse affidato ai militari.
Per motivi tecnici, la Corte Suprema ha deliberato 5 contro 4 che il tribunale di Manhattan non ha la giurisdizione, in quanto Padilla è prigioniero in South Carolina. Ma se presenterà richiesta di scarcerazione al tribunale più vicino, essa sarà presa in considerazione secondo la sentenza sul caso Hamdi.
Senza dubbio un fattore determinante nelle tre delibere della Corte Suprema è la recente ondata di rivelazioni sulle torture di <Abu Ghraib e sui documenti del Ministero della Giustizia USA che le autorizzavano. Durante le udienze per il caso Padilla e il caso Hamdi, il 27 e 28 aprile, i giudici Ginsburg e Stevens hanno interpellato il rappresentante del Ministero della Giustizia, Paul Clement, a proposito delle torture, e costui ha risposto alla corte: "Dovete fidarvi dell'esecutivo".
Nel giro di pochi giorni sono emerse le storie delle torture ad Abu Ghraib, basate sul Rapporto Taguba, e pochi giorni dopo anche le rivelazioni sui memorandum riservati dell'amministrazione Bush in cui il Ministero della Giustizia sosteneva che gli Stati Uniti possono ignorare la Convenzione di Ginevra (sul comportamento in tempi di guerra) ed anche la Convenzione internazionale contro la Tortura. Non ci vuole molta immaginazione per capire che impatto le rivelazioni abbiano avuto sulla Corte Suprema, che era stata invitata a "fidarsi del governo".