ECONOMIA

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

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Il patto di stabilità di Maastricht dev'essere liquidato

La seguente dichiarazione, ripresa il 20 luglio dalla agenzia AgenParl, è stata diffusa dal presidente del Movimento Solidarietà Paolo Raimondi:

"Nel novembre 2003 la Commissione della UE definì le procedure definitive per sottoporre a sanzioni la Francia e la Germania, colpevoli di aver ripetutamente violato le regole del ‘patto di stabilità’ di Maastricht secondo cui il deficit annuale del bilancio non dovrebbe superare il 3% del PIL. I governi di Francia e Germania però, con un deficit prossimo al 4%, ottennero un voto della maggioranza dei ministri finanziari della UE (Ecofin), che il 25 novembre sospese la procedura della Commissione. Di conseguenza la Commissione dell'UE decise di fare ricorso presso la Corte di Giustizia della comunità europea. Il 13 luglio, dopo mesi di studio, la Corte lussemburghese ha decretato che la decisione della Commissione non può essere ribaltata dall’Ecofin con un voto che è ritenuto contrario ai regolamenti della UE. Ma, detto ciò, la corte non ha fatto raccomandazioni specifiche e ha anche aggiunto che non esiste nessun ‘automatismo per le sanzioni’. Il verdetto della corte offre ampio spazio all’interpretazione ed è interessante notare che ha lasciato decisamente interdetti i principali organi d’informazione dell’oligarchia finanziaria.
"Dal punto di vista del mondo reale, le decisioni del 13 luglio dimostrano un punto tanto semplice quanto fondamentale: il ‘patto di stabilità’ di Maastricht costituisce un cancro che affligge l’Unione Europea in quanto soffoca la vera crescita economica e l’occupazione produttiva. È l’ostacolo numero uno agli investimenti pubblici urgenti e indispensabili per le infrastrutture e le tecnologie. La mancanza di crescita e di occupazione qualificata si riflette nella riduzione del gettito fiscale e negli eccessi della spesa per mantenere i disoccupati. Il patto di stabilità non ha bisogno di essere reinterpretato o modificato, deve essere semplicemente liquidato. La risposta alle preoccupazioni legittime sui rischi d'inflazione è semplice: crescita economica reale e investimenti produttivi.
"I difensori del patto fanno ricorso ad argomenti legalistici. Il Frankfurter Allgemeine Zeitung del 10 luglio aveva pubblicato un articolo a tutta pagina di Juergen B. Donges, esponente di spicco della Commissione per la Deregolamentazione del governo tedesco (1988-1991) e della Commissione sullo ‘snellimento dello stato’ (1995-1997), che anticipava un verdetto conciliante della Corte del Lussemburgo. Donges ha preso posizione contro il crescente consenso a scavalcare il patto di stabilità con la strategia delle ‘eccezioni’: i francesi per le spese militari, gli italiani per finanziare le infrastrutture pubbliche (Piano Tremonti), i tedeschi per la spesa all'istruzione. Secondo Donges l’attuale progetto di Carta della UE, in cui si prevede di ridimensionare la Banca Centrale Europea (BCE) al rango di uno dei tanti organismi UE, farebbe il gioco dei violatori del patto di stabilità.
"In effetti, il presidente Jacques Chirac ha colto l’occasione della tradizionale intervista televisiva il giorno della festa nazionale (14 luglio) per criticare i criteri ‘troppo brutali’ sul deficit del patto. Chirac ha anche criticato ‘l’ossessione’ della BCE sulla stabilità dei prezzi ed ha caldeggiato una ‘nuova missione’ per la banca. Anche Silvio Berlusconi ha proposto delle modifiche al Patto, e altrettanto ha fatto Joaquin Almunia, Commissario delle Finanze della UE, ma nessuno ha messo in discussione il patto in quanto tale.
"L’unica via ragionevole da percorrere sarebbe l’abolizione del patto, per instaurare al suo posto nuovi accordi monetari-economici nell’Unione Europea, miranti ad estendere credito a lungo termine e a basso tasso d’interesse per investimenti nello sviluppo delle infrastrutture nel continente eurasiatico. In tale direzione si mosse il ‘Piano Delors’ del 1993, seguito dieci anni dopo dal ‘Piano Tremonti’".