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Senatori democratici contro la svolta dittatoriale

A metà marzo il capogruppo democratico al Senato USA Harry Reid e 37 colleghi senatori democratici hanno deciso di dare battaglia aperta contro il tentativo del vice presidente Dick Cheney e del capogruppo repubblicano sen. Bill Frist di eliminare la "filibuster", il diritto dei senatori al dibattito protratto garantito dalla Costituzione (vedi articolo sul sen. Byrd).
I repubblicani non sono disposti ad accettare il ricorso, da parte dell'opposizione, al mezzo estremo della filibuster per impedire che dieci giudici dell'estrema destra ottengano la presidenza delle Corti d'appello, e per questo si dicono pronti a ricorrere alla cosiddetta "opzione nucleare", che consiste in un intervento del Vicepresidente Dick Cheney il quale, in qualità di presidente del Senato, dovrebbe annunciare un cambiamento delle regole tale per cui alla conclusione del dibattimento non occorrerebbero più 60 voti per confermare nomine e ratificare le leggi, ma dovrebbe bastare una maggioranza semplice di 51 voti.
La Costituzione attualmente prevede che se almeno 41 senatori sono contrari a una nomina o una legge, essi possono protrarre il dibattito a tempo indeterminato (filibuster), costringendo così la maggioranza a venire a patti. Il Senato non è stato infatti concepito dai padri fondatori come un organismo in cui la maggioranza decide tutto e l'opposizione subisce, ma come un organismo con poteri realmente deliberativi, che si dovrebbe distinguere qualitativamente dalla Camera dei Rappresentanti per la capacità di accantonare le passioni del momento e di concentrarsi sugli interessi a lungo termine del paese.
Il pretesto addotto per abolire la "filibuster" è l'interpretazione esageratamente restrittiva della Costituzione, laddove essa stabilisce che il Senato ha il compito di ratificare o respingere le decisioni del presidente. Quindi, secondo la logica delle maggioranza, il Senato andrebbe riformato per poter espletare rapidamente la sua funzione.
I senatori democratici hanno deciso di salire sulle barricate per salvaguardare una prerogativa ritenuta cruciale per la salvaguardia delle istituzioni repubblicane. Il 16 marzo essi hanno indetto una manifestazione a Capitol Hill nella quale Reid ha esortato gli attivisti democratici "a raggiungere i repubblicani di buona volontà affinché votino insieme a noi su questo tema". Il sen. Robert Byrd, decano del Senato ed eloquente difensore della Costituzione, ha dichiarato: "Spira un vento malsano su questo paese, un vento che diffonde i semi della distruzione. La Costituzione è sotto attacco e dobbiamo schierarci". Secondo Byrd i leader repubblicani intendono imbavagliare il Senato, sopprimere i diritti della minoranza e traviare lo scopo costituzionale del Senato.
Reid ha esordito citando Benjamin Franklin. Nel settembre 1787, a conclusione dei lavori della Costituente, ad una donna che gli chiedeva "abbiamo una repubblica o una monarchia?" Franklin rispose: "Una repubblica, se siete capaci di mantenerla". Reid ha quindi spiegato: "La Costituzione prevede i contrappesi istituzionali, garanzie tali per cui nessun individuo al potere, nessun singolo partito, può esercitare il controllo totale sul corso seguito dalla nazione". "Adesso invece, per abolire la separazione dei poteri e imporre i propri candidati nella magistratura, il Presidente Bush e la dirigenza repubblicana vogliono eliminare duecento anni di storia istituzionale affermando che ogni membro del Senato ha il diritto di dire la sua, di parlare a nome di quelli che lo hanno mandato lì", implicando che poi quello che conta è solo la maggioranza.
Reid ha continuato: "In realtà il presidente ha avuto più conferme per i suoi candidati alle cariche giudiziarie di ogni altro presidente negli ultimi 25 anni. Solo dieci candidati su 214 sono stati respinti.
"Dovrebbe essere così chiaro che questo tentativo di eliminare i contrappesi istituzionali non riguarda la nomina dei giudici, ma esprime piuttosto il desiderio del potere assoluto..."
Reid ha fatto riferimento ai precedenti storici:
"E' accaduto in passato che presidenti e partiti si sono ubriacati di potere ... Oggi si considera un nuovo tentativo di riscrivere le regole affinché quelli che sono al potere abbiano mano libera". Permettere ciò "significherebbe ridurre il Senato ad un semplice timbro in mano all'Esecutivo. Significherebbe che un solo partito politico – che siano i repubblicani oggi o i democratici domani – si arroga il diritto di prendere tutte le decisioni. Significherebbe che una sola persona alla Casa Bianca dispone praticamente della facoltà di conferire personalmente il posto di lavoro a vita a dei giudici, le cui decisioni varranno per sempre".
"Ma l'America non funziona cosi", ha continuato Reid. "Qui in America c'è chi comanda e tutti gli altri possono dire la loro. Abbiamo giurato fedeltà ad 'una nazione, sotto Dio, con libertà e giustizia per tutti', e non libertà e giustizia per chiunque disponga della maggioranza del momento."
In una lettera al capogruppo repubblicano Frist, Reid afferma: "Se la maggioranza finisce per decidere di infrangere le regole, non deve poi attendersi la collaborazione della minoranza nel gestire le attività del Senato". Reid minaccia in pratica l'ostruzionismo a tutto campo con l'eccezione di questioni riguardanti la difesa nazionale e il bilancio per alcune attività essenziali. Per il resto i democratici "saranno restii a concordare qualsasi accordo che faciliti le attività del Senato". In sostanza si andrebbe alla paralisi.
Il chairman repubblicano Ken Mehlman ha risposto con una dichiarazione isterica in cui afferma: "La minaccia senza precedenti del sen. Reid di chiudere il Senato se ai senatori verrà chiesto di adempiere al dovere costituzionale di consigliare e approvare i giudici darebbe all'ostruzionismo partitico la precedenza sull'interesse del popolo". Ha aggiunto che "istruzione, sanità, pensioni e altre priorità" (proprio le voci che l'amministrazione si ripropone di decurtare massicciamente nella sua proposta di bilancio) "non debbono finire ostaggio di un'irresponsabile chiusura del Senato".

I signori del "Congresso imperiale"

La parlamentare democratica Louise Slaughter, esponente di spicco dello House Rules Committee (Giunta per il regolamento della Camera dei Rappresentanti), ha rilasciato l'8 marzo un rapporto intitolato: "Promesse infrante: la morte della democrazia deliberativa. Rapporto del Congresso sull'erosione senza precedenti del processo democratico nella 108° legislatura".
Nel rapporto si legge: "Soffocare le deliberazioni e liquidare il consenso nella Camera dei Rappresentanti sono ormai prassi comune ... Le legislature del passato derogavano al regolamento, ma la 108° legislatura più semplicemente lo ignora. Quando poi [i leader della maggioranza repubblicana] finiscono per cozzare contro regolamenti parlamentari che non possono ignorare, allora li cambiano", ricorrendo a "procedure 'd'emergenza' nelle ore piccole della notte o di primissimo mattino", ed escludendo con gli emendamenti di gran parte dei parlamentari dai dibattiti in aula... La limitazione del dibattito da parte dei leader repubblicani è arrivata a un punto tale che, quando vengono presentati in aula i resoconti, a conoscerne il contenuto sono soltanto i lobbisti degli interessi speciali che li hanno stilati".
Il rapporto documenta come i leader repubblicani del Congresso:

"I parlamentari che in passato, a buon motivo, si schierarono contro gli abusi di una maggioranza ora sono diventati i padroni del loro Congresso Imperiale", conclude il rapporto.

Nella coagulazione di questa resistenza democratica un ruolo fondamentale è svolto dagli attivisti di Lyndon LaRouche che, in particolare sul fronte delle lotta contro la privatizzazione delle pensioni, hanno dimostrato come sia possibile fare appello alla popolazione. Attualmente soprattutto i giovani del LYM sono impegnati ad animare gli incontri di partito che si tengono un po' ovunque negli States nella pausa pasquale delle attività parlamentari.


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