Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

 

Disoccupazione in Germania: cinque milioni ammessi e dieci milioni reali

È indispensabile che l'Europa esca dal tunnel di Maastricht


24 marzo 2005 – In Germania la cifra ufficiale della disoccupazione ha toccato all'inizio di marzo i 5,216 milioni, un livello che trova precedenti solo nella Grande Depressione degli anni Trenta. La realtà, in effetti è persino peggiore, come riferito di seguito.
Il Cancelliere Schroeder ha presentato a metà marzo alcune misure che risultano decisamente insufficienti. A "fare muro" contro proposte più valide è stata l'opposizione CDU/CSU, tutta preoccupata di ossequiare i neo-cons negli USA, i cosiddetti "esperti economici", e i neo-liberal nella stessa compagine governativa rosso-verde. Anzi, queste forze hanno sfruttato l'allarme occupazione per chiedere più "riforme" contro i lavoratori (taglio dei salari e della spesa sociale, più mobilità, ecc.), il tutto per "migliorare la competitività tedesca". I presunti "esperti" pretendono di ignorare il fatto che le esportazioni e il surplus commerciale della Germania hanno raggiunto un massimo storico, e, di contro, che il costo dell'unità di prodotto in Germania è tra i più bassi al mondo, confermando una realtà che i liberisti fanno difficoltà a riconoscere: i lavoratori meglio pagati, qualificati e assistiti sono i più produttivi.
L'economia interna, invece, versa in una grave depressione; una realtà sempre pìù sentita che si protrae ormai da un decennio.

200 miliardi di euro l'anno

I politici neo-liberal, di colorazioni diverse, economisti e banchieri, si sono ricompattati nella crociata contro un "programma di investimento statale", noto come Konjunturprogramm. Sostengono che gli investimenti del governo "funzionavano nel passato", ma che oggi equivarrebbero a semplici sovvenzioni e soprattutto sono incompatibili con il "Patto di Stabilità" dell'Unione Europea.
C'è da chiedersi: ma contro chi si stanno schierando i migliori nomi del liberismo tedesco, di destra e di sinistra? Attualmente c'è una sola forza politica in Germania che esplicitamente propone un programma di grandi investimenti, soprattutto statali ma anche privati, per rilanciare la produzione su scala eurasiatica: il BÜSO, il Movimento Solidarietà tedesco presieduto da Helga Zepp-LaRouche.
La paura è che il BÜSO riesca a risvegliare l'anima produttiva tedesca, quella a cui si deve la ricostruzione e il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta.
Il BÜSO è impegnato in una campagna elettorale, nello stato del Nordrhein-Westfalen, in vista del voto del 22 maggio che interessa il 20% degli elettori tedeschi. Il programma del Movimento Solidarietà tedesco prevede la creazione di 10 milioni di nuovi posti di lavoro altamente produttivi, soprattutto nelle infrastrutture, sulla base dell'erogazione di crediti a lungo termine e a basso tasso d'interesse per un volume nell'ordine dei 200 miliardi di euro l'anno. Questo credito potrebbe essere amministrato dal Kreditanstalt fuer Wiederaufbau (KfW), l'ente che gestì magistralmente il finanziamento della ricostruzione nel dopoguerra. La prima priorità di questi programmi sarebbe la realizzazione di linee ferroviarie Transrapid, a levitazione magnetica. Un'altra priorità sarebbe la re-industrializzazione dei nuovi stati orientali della Germania, il cui potenziale produttivo fu smantellato dalla politica delle privatizzazioni forzate negli anni Novanta, in modo che questi stati possano diventare la testa di ponte per lo sviluppo delle regioni più interne dell'Europa orientale e dell'Asia.
La realizzazione di un programma tanto ambizioso esige però che sia abolito in Europa il regime del "Patto di Stabilità" di Maastricht in quanto vieta agli stati l'esercizio del diritto sovrano di finanziare i grandi progetti di cui hanno bisogno per sottrarsi alla depressione.
Che le misure di Maastricht rappresentino una vera e propria camicia di forza per l'economia europea è ormai riconosciuto al punto che il 23 marzo i 25 paesi dell'UE riuniti a Lussemburgo hanno deciso una serie di misure che allentano gli automatismi intransigenti del patto e concedono qualche spazio per l'emissione di credito e misure per frenare l'ondata di disoccupazione provocata dalla globalizzazione. Queste però non sono riforme sufficienti a liberare le forze produttive, come occorre per mettere in moto una ripresa. Con un esposto alla Corte Costituzionale e ad altre autorità, il Patto era stato denunciato come incostituzionale da Paolo Raimondi a nome del Movimento Solidarietà, già all'epoca della sua ratifica, nel 1995.

La proposta di Schroeder

Questa realtà limita lo spazio di manovra al Cancelliere Schroeder, il quale ha preso una serie di misure che, pur avendo qualche merito, non sono affatto risolutive.
Annunciando le misure al parlamento, il 17 marzo, Schroeder ha fatto riferimento allo shock provocato dalle perdite enormi subite nel crac del Nuovo Mercato, agli effetti disastrosi dell'aumento del prezzo del petrolio, ma, incapace di prendere le distanze dal liberismo, ha finito per ribadire che la soluzione è contenuta nell'Agenda 2010 del governo e nella mannaia sociale Hartz IV, la riforma del mercato del lavoro. Schroeder ha previsto le seguenti misure contro la disoccupazione:
* Aumento dell'assegno agli assistiti Hartz IV. 250 milioni di euro per un programma di reintegrazione degli ultracinquantenni nel mercato del lavoro. Premi alle imprese che assumono. Riduzione dell'imposta sulla società dal 25 al 19 percento.
* Riduzione al di sotto dei 25 mila euro del capitale societario minimo per la costituzione di nuove imprese. Programma statale per modernizzare le infrastrutture, pari a 2 miliardi di euro da spendere soprattutto per le autostrade, creando 60 mila posti di lavoro. Maggiore partnership tra pubblico e privato nei progetti per la realizzazione di strade, autostrade e ferrovie. Un programma statale da 700 milioni di euro per l'ammodernamento dell'edilizia che dovrebbe mettere in moto investimenti pari a 5 miliardi e creare 60 mila posti di lavoro nelle costruzioni e settori connessi.
* Riforma del Patto di Maastricht per promuovere maggiore crescita. Un programma della KfW affinché possa estendere crediti alla piccola e media industria ad interessi inferiori del 2% rispetto al mercato. Aumento della spesa pubblica per la scienza e la ricerca dal 2,5 al 3 per cento del PIL entro il 2010.
Ad impedire al Cancelliere di andare oltre si è scomodato persino il Presidente della Repubblica Horst Koehler che proprio due giorni prima, il 15 marzo, aveva pronunciato a Berlino un discorso asserendo che per creare nuovi posti di lavoro occorrono tagli al bilancio. Koehler ha aggiunto che la politica che ha favorito l'industria prima degli anni Settanta oggi non rappresenta un'alternativa.
Contro questi dogmi neo-liberisti ora stanno venendo allo scoperto anche i sindacati. Il presidente della IG Metall ha raccomandato il varo di programmi infrastrutturali per un volume di almeno 20 miliardi di euro l'anno, da gestire attraverso il KfW. Il capo economista del sindacato dei servizi pubblici, il secondo il paese, ha proposto un programma di 40 miliardi di euro, sempre attraverso il KfW, particolarmente diretto allo sviluppo delle infrastrutture municipali.

Mancano 10 milioni di posti di lavoro

L'allarme occupazione, scattato a febbraio e poi di nuovo a marzo in Germania, è solo una parte della verità. La realtà è molto più preoccupante di quanto ametta la cifra ufficiale, 5,216 milioni, e c'è chi comincia a riconoscerlo.
La questione fu ampiamente denunciata dal Movimento Solidarietà tedesco, BÜSO, già in occasione della campagna elettorale in Sassonia, nel settembre 2004, in cui la capolista Helga Zepp-LaRouche si candidò con un programma che prevedeva la creazione di otto milioni di posti di lavoro.
All'inizio dell'anno queste conclusioni sono state accettate persino dal consiglio degli esperti economici del governo, che ha riconosciuto come oltre ai 5 milioni di disoccupati ufficiali esista la cosiddetta "disoccupazione nascosta", che interessa almeno 1,6 milioni di persone. Di questi, un milione sono lavoratori costretti al pre-pensionamento e seicentomila sono registrati come lavoratori socialmente utili o come inseriti nei programmi di riqualificazione.
Ma anche così resta escluso un bel contigente di lavoratori, si tratta di coloro che in realtà avrebbero bisogno di lavorare e che invece hanno finito per desistere dalla ricerca attiva di un lavoro e di conseguenza sono stati esclusi dalle statistiche. L'IAB (Istituto per la ricerca del mercato del lavoro) stima questa fetta della forza lavoro a 1,9 milioni, ma si tratta di una stima in eccesso giacché in parte va a coincidere con la cosiddetta "disoccupazione nascosta". Tutto sommato, i posti di lavoro davvero necessari in Germania salgono facilmente oltre gli 8 milioni.
La storia però non è completa. Dalle statistiche risulta che ad un lieve aumento dei posti di lavoro, di anno in anno, corrisponde una rapida diminuzione del numero dei contribuenti degli oneri sociali. Alla fine del gennaio 2005 si contavano 38,961 milioni di posti di lavoro, ma a versare i contributi sono stati solo 26,748 milioni di lavoratori, con una diminuzione di 337 mila unità rispetto all'anno precedente. Il motivo: la categoria dei posti di lavoro in espansione è quella dei cosiddetti "mini-jobs", il part-time a bassa retribuzione e senza copertura sociale. Nel novembre 2004 i "mini-jobs" (talvolta più d'uno a persona) hanno raggiunto i 4,86 milioni. Secondo le stime, coloro che sono stati costretti a prendere un mini-job ma vorrebbero un lavoro serio a tempo pieno si aggirano tra l'1 e i 2 milioni. In fin dei conti, i posti di lavoro necessari in Germania sono così più del doppio dei cinque milioni ufficiali.



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