Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

Lettere a Movisol:

Tremonti e la banca per il Mezzogiorno

Nella sua newsletter settimanale, il Movimento Solidarietà aveva diffuso all'inizio di maggio questo commento:

Il Berlusconi-bis salpa in acque agitate

Il Berlusconi-bis ha permesso di superare la crisi di governo ma non ha cambiato il carattere entropico del quadro strategico italiano a breve-medio termine. L'istituzione del nuovo ministero per il Mezzogiorno e l'avvicendamento al ministero della Sanità sono chiare indicazioni di una politica della spesa elettorale, in vista delle politiche dell'anno prossimo. In questo contesto, la novità è rappresentata dal ritorno di Giulio Tremonti, estromesso nemmeno un anno fa dal golpe interno pilotato da Gianfranco Fini e dal gruppo Dellutrista in Forza Italia. Tremonti, vicepresidente del Consiglio senza portafogli, ha reintrodotto vivacità nel dibattito, annunciando proposte e idee senz'altro diverse dal conformismo liberista dei suoi colleghi di governo. Ad esempio, ha lanciato l'idea di una banca per lo sviluppo del mezzogiorno, sottolineando che non esiste una banca con radici sul territorio, e che il problema dello sviluppo è il problema del credito. L'idea di Tremonti non è sbagliata. Ma il neoministro per il Mezzogiorno, il siciliano Micciché (uomo di Dell'Utri), gli ha risposto immediatamente dicendo che il Sud non ha bisogno di nuove banche. Insomma, la conflittualità della coalizione non sembra essersi ridotta e si annunciano nuovi scontri.

Alla redazione del nostro sito è giunto un commento che riteniamo utile pubblicizzare, con la nostra risposta. Invitiamo inoltre i nostri sempre più numerosi lettori a scriverci sui temi che meritano maggiori approfondimenti o che sono comunque i più sentiti.


Essere contro le derive liberiste appoggiando Tremonti? Mi suona particolarmente ambiguo.
Dire che Tremonti non è nulla in confronto ai mafiosi non può di certo coincidere con un apprezzamento delle politiche bossi-tremonti-berlusconi (vivaci? bah... più che altro direi populiste e narcisisticamente vuote).
Ascolto con vivo interesse le analisi internazionali del Movisol ma più di una volta mi sono trovato sinceramente imbarazzato di fronte alle prese di posizione sulla politica italiana.

[lettera firmata]

La redazione risponde


Caro amico,
come ormai molti riconoscono, il sistema politico italiano è tale che i due schieramenti, Polo e Unione, non rappresentano ideologie e programmi omogenei; al contrario, sia a destra che a sinistra ci sono sostenitori e avversari del liberismo, sostenitori e avversari delle privatizzazioni, sostenitori e avversari dei dazi, sostenitori e avversari del dirigismo, del bene comune ecc. ecc. Questo non vuol dire che il nostro giudizio sui due schieramenti sia uguale; come ben sa chi ci segue, specialmente da quando Berlusconi fece il gran passo di aderire alla "coalizione dei volenterosi", le spinte neo-con nella coalizione di governo prevalgono e determinano un netto giudizio generale di condanna.
Ciò però non toglie che una giusta proposta sia giusta a prescindere da chi la faccia. L'idea di una banca per lo sviluppo del Mezzogiorno è talmente ovvia che ci si chiede perché non ci abbia pensato finora nessuno, e specialmente l'opposizione che combatte la "deriva liberista". Populismo? Può darsi, ma la risposta da dare al populismo è dire: vuoi la banca, benissimo, vediamo come farla e come usarla. In altre parole, chiamare il bluff e se c'è bluff, si vedrà.
Esempio: quando la Lega Nord, lo scorso dicembre, presentò una proposta di legge per costringere le banche a rimborsare i risparmiatori che avevano acquistato bond argentini, la sinistra presentò una proposta di legge-fotocopia e in commissione votarono assieme, la Lega e il centro-sinistra. In seguito, la Lega fece marcia indietro - si dice perché in cambio il governo salvò la banca di Bossi e co.- e la proposta di legge fu battuta in aula. In quel caso, l'opposizione ha chiamato il bluff e oggi può fregiarsi del titolo di paladino dei risparmiatori.
Similmente, quando Tremonti propose il famoso "piano di azione europea" per le infrastrutture, il leader della sinistra in Germania, Oskar Lafontaine, disse che non gli interessava chi l'avesse proposto, ma che era buono e andava sostenuto. Invece fu attaccato dai liberisti, primo tra tutti l'ex capo della Trilaterale, il conte Otto Lambsdorff.
Un esempio contrario: il dibattito sui dazi. Ma è ovvio che le imprese italiane vanno difese dalla concorrenza di beni prodotti là dove il costo del lavoro è insignificante (e dove tra l'altro vanno a produrre grandi imprese occidentali). Può darsi - anzi, è probabile - che la Lega cavalchi la questione dei dazi per demagogia, come ha fatto con i bond argentini; ma non si rigetta una proposta giusta solo perché l'hanno fatta Bossi e Tremonti. Fa ridere chi sostiene che le imprese italiane non si difendono con i dazi ma con l'innovazione. Giusto, ma che vogliamo fare, la "terapia d'urto" come fu fatto nell'ex DDR? Prima che riconvertiamo le imprese, riqualifichiamo le maestranze ecc. (e i capitali chi li mette, Maastricht?), centinaia di imprese tessili, del calzaturiero ecc. chiudono mettendo sul lastrico migliaia di lavoratori e le loro famiglie. E si badi bene, non si tratta di impianti obsoleti, ma spesso di produzioni al livello tecnologico di avanguardia, solo che in Asia usano gli stessi impianti.
Allora, noi vogliamo evitare di scadere in un dibattito "Tremonti si-Tremonti no", anche perché, accanto agli elementi positivi, "colbertisti", Tremonti offre ricette assolutamente non condivisibili, come la riforma fiscale.
Guardiamo ai fatti e non facciamo i fondamentalisti. E i fatti ci dicono che questa proposta della banca ha già suscitato un dibattito sulla questione del credito e dello sviluppo del mezzogiorno. Citiamo Franceschini della Margherita: "proposta interessante, perché non l'avete fatta prima". Epifani: "l'idea della banca non è sbagliata, ma mi chiedo come possa funzionare se non cambiamo la politica del credito".
Diciamo di più: anche la proposta di rivedere il Trattato di Roma per permettere di "detassare" i capitali che vanno a investire nel Sud è fondamentalmente giusta. Essa equivale alle sovvenzioni statali tanto vituperate dai liberisti.
Detto ciò, molti aspetti della politica del governo Berlusconi sono criticabili, così come lo sarebbero tanti altri aspetti di un governo di sinistra che abbia come padrini De Benedetti e George Soros. È noto che la "tenuta" delle elite oligarchiche si fonda proprio sul saper giostrare, contemporaneamente, sia la destra che la sinistra, il governo e l'opposizione: ma l'oligarchia stessa non è né l'uno né l'altro, anzi, la sua scaltrezza sta nel sapere liquidare i limoni (o i politicanti) spremuti per sostituirli con altri.
Di contro, discutere di cose come la banca per il Mezzogiorno, dazi e sovvenzioni, pone il problema del ruolo dello stato nell'economia e conduce al nodo centrale: che tutte queste proposte non saranno realizzabili nell'ambito del sistema della globalizzazione costruito sulle macerie del sistema di Bretton Woods, e che occorre ripartire da quel 15 agosto 1971, quando quel sistema fu abolito dai padrini degli odierni neo-cons.
Il voto del 6 aprile alla Camera sulla nostra mozione per una "nuova Bretton Woods" (la chiamiamo così anche se il nome è stato tolto dal testo) è una riprova che l'approccio socratico alla politica italiana funziona: il tentativo del governo di stravolgere la mozione è stato battuto dalla sua stessa maggioranza. Se avessimo fatto i puristi, rifiutando i voti dei rappresentanti di AN e dell'UDC, magari ravvisandone motivazioni o sfumature non proprio eleganti, avremmo ottenuto una luminosa ma impotente sconfitta.


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