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Terremoto politico in Francia e in Europa

Il voto dei francesi contro il progetto di Costituzione Europea – 54,87% no e 45,12% si – è una dichiarazione "franca e massiccia", per usare un termine del generale De Gaulle. La partecipazione al referendum di quasi il 70% dell'elettorato è stata eccezionale, pari a quella della prima tornata delle presidenziali del 2002.
Il "si" ha raccolto consensi soprattutto nei distretti cittadini ad alto reddito (Parigi 66,5%, Strasburgo 62,84%, Lione 61%). Per il "no" hanno votato soprattutto i francesi dei sobborghi poveri e delle regioni ex industriali e rurali. Ad esempio, nel distretto popolare più battuto dalla campagna condotta da Jacques Cheminade, rappresentante di LaRouche in Francia, il "no" ha raggiunto il 69%.
Commentando il risultato referendario Cheminade ha dichiarato che "niente sarà più come prima" e ha definito la bocciatura della Costituzione Europea "un mandato per creare una Francia ed un'Europa sociali, capaci di affrontare la crisi economica mondiale".
Cheminade ha anche respinto proposte come quella di ripetere il referendum fra un paio d'anni, ritoccando la Costituzione per fare qualche speciale concessione alla Francia, bollandole come "un insulto alla popolazione francese".
I politici intanto cercano di correre ai ripari: il presidente Chirac ha cercato di minimizzare la gravità del risultato ed ha annunciato un rimpasto di governo. Chirac ha detto che i francesi hanno espresso "le proprie preoccupazioni e attese" e ha promesso "un impulso nuovo e vigoroso" alle iniziative del governo -- in pratica: il primo ministro Jean Pierre Raffarin dovrà dimettersi e al suo posto potrebbero subentrare Dominique de Villepin, attualmente ministro degli Esteri, oppure Michele Alliot-Marie, ministro della Difesa, o Jean Louis Borloo, ministro per gli Affari Sociali.
Nel partito socialista (PSF) si è aperta una crisi profonda. Si stima che il 64% della base elettorale del PSF abbia votato contro il trattato, disobbedendo alla dirigenza che ha sostenuto in blocco la Costituzione. Francois Holland, il presidente del PSF schierato per il "si", ha attribuito l'esito referendario agli indirizzi politici di Chirac, ignorando il fatto che si tratta dello stesso fenomeno che ha prodotto la bocciatura del candidato socialista Lionel Jospin nelle presidenziali del 2002. L'ex Primo ministro Laurent Fabious, vice presidente del PSF, e altre figure della sinistra del partito come Jean Pierre Melenchon e Henry Emmanuelli, che hanno fatto campagna contro il carattere liberista della Costituzione e contro l'indipendenza della Banca Centrale Europea, escono decisamente rafforzati da questa storica consultazione popolare. La dirigenza del partito si riunirà il 4 giugno per preparare il congresso d'autunno in cui si prevede un drastico cambiamento degli indirizzi del PSF sull'economia e nei confronti dell'Europa.
Osservatori molto ben informati fanno notare che le crisi che imperversano sulle due sponde del Reno, in Francia e in Germania, aprono prospettive di cambiamento in ambedue i paesi e quindi nell'intera sfera europea. L'economista Jacques Sapir, direttore della scuola di Parigi per gli studi delle scienze sociali (EHESS), ha raccomandato al campo del "no" di non disperdere le forze ma di concentrarsi in un attacco contro l'indipendenza della BCE e contro le sue politiche monetaristiche che soffocano lo sviluppo nello spazio europeo. "Le guerre si vincono con un passo dopo l'altro e questo dovrebbe essere il nostro prossimo passo", ha dichiarato Sapir, secondo il quale la sopravvivenza politica del Cancelliere tedesco Gerhard Schroeder dipende dalla sua capacità di schierarsi apertamente nella lotta per cambiare lo stato indipendente della BCE.


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