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Perché il sistema dell'euro è instabile

In una lunga intervista alla rivista EIR, l'economista tedesco Wilhelm Hankel ha spiegato perché l'euro e l'Unione monetaria europea (UME) abbiano rappresentato sin dall'inizio un fallimento e come sia possibile facilitare un ritorno alle monete nazionali. Henkel, socialdemocratico, appartiene al gruppo dei quattro professori tedeschi di diverse tendenze politiche che nel 1998 presentarono un ricorso presso la Corte Costituzionale contro l'adesione all'UME. Nell'intervista Hankel spiega tra l'altro:
"Nell'Eurozona i parametri della concorrenza sono stati completamente distorti: le economie più povere e arretrate possono ora competere, proprio in virtù della propria arretratezza, con le economie avanzate." Con "un rischio moneta prossimo allo zero", grazie all'euro, "le economie più povere, con livelli retributivi bassi, con livelli di vita bassi, e dove le infrastrutture più costose sono meno sviluppate, dove di conseguenza si pagano meno tasse, sottraggono investimenti alle nazioni più sviluppate, facendo leva sul vantaggio di costi sociali, salariali e fiscali minimi". Questa è "la manifestazione di una competizione del tutto distorta che viola la legge della produttività! Le nazioni più produttive, quelle che hanno lavorato sodo in passato per costruire delle infrastrutture di valore, e in cui gli standard sociali e le retribuzioni sono elevati, adesso vengono punite per la prosperità che si sono costruite! Perdono posti di lavoro, capitale, investimenti e opportunità di crescita".
"Nei primi, gloriosi quarant'anni del Mercato Comune, l'Europa si è protetta contro tutto questo, in una certa misura, attraverso la competitività della moneta. In paesi come Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia, e più recentemente persino la stessa Francia, la moneta veniva svalutata ogni due o tre anni per motivi che sono facili da capire. Un investitore straniero doveva pertanto considerare l'evenienza che di colpo il capitale investito poteva in parte scomparire. La Germania invece si avvantaggiava di una moneta stabile e forte, anche perché gli investitori potevano persino guadagnare sulle sue rivalutazioni. La Germania aveva i tassi d'interesse nominali e reali più bassi d'Europa. Perdendo il marco tedesco la Germania non ha più disposto della capacità magnetica della sua economia altamente produttiva".
"Tre dei quattro strumenti di una politica economica attiva -- tassi di cambio, tassi d'interesse e bilancio -- sono stati bloccati dall'euro. L'Agenda 2010 del cancelliere Schroeder è un semplice eufemismo per ridurre i livelli retributivi tedeschi al livello della media del resto d'Europa". Hankel ha concluso che "un'economia sociale di mercato -- per non parlare dello stato sociale tedesco -- è incompatibile con l'euro".
Henkel ha quindi sottolineato che un ritorno alle monete nazionali in effetti non rappresenta alcun problema legale o tecnico che non possa essere normalmente risolto, perché "nella legge internazionale, così come è stata definita da Ugo Grozio, i trattati internazionali debbono servire gli interessi più significativi dello stato e se questa premessa viene meno, allora lo stato in questione ha il diritto di rescindersi da un trattato, a prescindere dal fatto che una clausola di rinuncia sia espressamente contenuta in quel trattato o meno".
Il primo passo potrebbe essere "mantenere l'euro, ma per farne ciò che prima dell'UME fu l'ECU, e cioè una unità di conto ... Sarebbe la base per definire i cambi tra le nazioni. Poi l'attuale Banca centrale europea potrebbe essere trasformata in un istituto comune per la coordinazione della politica monetaria in tutta l'Europa, così come lo fu il Sistema Monetario Europeo (SME) per la regolazione dei cambi dopo il 1979".
A proposito della riconversione dall'euro alle monete nazionali, "non è un problema calcolare in marchi tutti i conti e i titoli che erano denominati in euro". Potrebbe essere fatto tenendo presente i tassi di cambio del passato e gli indici dell'inflazione. "Logisticamente questa conversione non rappresenta affatto un problema", come è stato dimostrato con la conversione del marco dell'ex Germania orientale nel Marco tedesco nel 1990 o nella conversione dell'euro, nel gennaio 2002.
Hankel ha poi fatto notare una conseguenza "decisiva" del ritorno alle monete nazionali: "l'Articolo 109 della Costituzione tedesca, che definisce come una missione costituzionale la Legge per la stabilità e la crescita del 1967, dovrebbe essere di nuovo applicato. Per dirla espressamente, di fronte a squilibri che colpiscono l'economia generale, i ministri delle Finanze, federale e degli stati, hanno il compito, o meglio, il dovere, di mettere in atto una politica attiva di crescita finanziata dal deficit. Allora si sarà in grado di combattere seriamente la disoccupazione e la crisi economica, attraverso bassi tassi d'interesse, investimenti pubblici e programmi di occupazione".
L'uscita dal Trattato di Maastricht e il ritorno ad un regime di monete nazionionali come quello dello SME dev'essere concepito nel contesto della creazione di un nuovo sistema di Bretton Woods: "Per trent'anni ormai, da quando è finito il sistema di Bretton Woods, abbiamo rivissuto un'esperienza analoga a quella degli anni Trenta. Con i tassi fluttuanti e i mercati finanziari non regolamentati ogni forma di credito è insicura. E quando il credito diventa insicuro c'è in ogni momento il pericolo che la piramide del debito diventi instabile e crolli. Questo è il sistema che abbiamo. Possiamo cercare di tenercelo fino a quando non esploderà, oppure possiamo decidere di tornare ad una architettura ordinata del sistema finanziario mondiale: questa sarebbe la Bretton Woods II".
 


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