Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

 

Lo sfascio economico USA:

Refco, "la figlia di LTCM"
17 ottobre – La Refco è il più grande broker di materie prime e futures degli USA. Philip Bennett, suo amministratore delegato (e suddito britannico) è stato arrestato il 10 ottobre per aver tenuto nascosto un buco di 430 milioni di dollari nell'hedge fund Liberty Corner Capital. Si tratta di perdite su contratti derivati che secondo alcuni risalgono al fallimento di LTCM, nel 1998, nel contesto della crisi russa e asiatica.
La crisi della Refco potrebbe persino risolversi nella completa bancarotta, una riedizione della crisi di LTCM che nel 1998 condusse l'intero sistema "sull'orlo del tracollo", come ammise l'anno dopo il direttore del FMI Camdessus.
Mentre la Federal Reserve ha iniziato subito le trattative per evitare che il crollo di Refco metta in moto un effetto domino nel settore derivati, Christopher Cox, presidente dell'ente di vigilanza finanziaria SEC, ha detto di non poter commentare direttamente sul caso Refco ma ha obliquamente poi dichiarato: "C'è sempre la possibilità di effetti generalizzati provocati da casi isolati". Lasciando poi intendere che sono già scattate le misure per "minimizzare i danni", Cox ha aggiunto: "Per questo la SEC può contare su un'unità speciale, incaricata di guardare oltre l'orizzonte e dietro ogni angolo per scoprire se si possono materializzare casi del genere".
Un esperto di Londra ha fatto notare all'EIR che "il livello di criminalità" del caso Refco e quello delle collusioni di grandi banche internazionali nelle operazioni in derivati ricorda quello della Drexel Burnham Lambert, la finanziaria che fu alla testa delle "obbligazioni spazzatura" e fallì negli anni Ottanta. Altri ancora hanno paragonato la Refco alla Enron.
Tra i corresponsabili per truffa o mancato controllo figurano poi la la Credit Suisse First Boston (CSFB), la Goldman Sachs, la Bank of America, la Deutsche Bank e l'American International Group (AIG). L'ex chairman di quest'ultima, Hank Greenberg, è già sotto inchiesta per truffa. Lo scorso 11 agosto questi istituti hanno sottoscritto il debutto di Refco in borsa, dove sono state collocate azioni per 600 milioni di dollari, sebbene la Refco avesse annotato nella documentazione presentata alla SEC di non disporre di tutte le formalità necessarie per chiudere i bilanci. La trattazione del titolo è stata sospesa dopo una caduta da 23 a 7,90 dollari.
Diversamente dalla Refco, ha fatto meno scalpore la vicenda di Man Financial, hedge fund sul conto del quale la SEC ha annunciato un'indagine per accertare se è vero che abbia aiutato la Philadelphia Alternative Asset Management, finita in fallimento, a nascondere perdite per 175 milioni di dollari, una vicenda tutto sommato uguale a quella di Refco. Man Financial è la branca americana del Man Group di Londra, il più grande hedge fund del mondo, con assets per 44 miliardi. Se queste vicende contraddistinguono i più grossi, che cosa riservano gli altri 8000 hedge funds in materia di "trasparenza"?
Il Guardian di Londra del 16 ottobre ricordava la vicenda di LTCM del 1998 notando come la Refco "potrebbe diventare il catalizzatore di un altro tracollo". Lo stesso giorno il New York Times ha definito "paurosa" la vicenda, notando anche che la Refco operava con una quota di capitale proprio dello 0,3%. Nel febbraio 2005 Refco aveva capitale proprio di 150 milioni di dollari, con cui sosteneva assets per 49 miliardi e nel maggio successivo deteneva contratti derivati off-balance, non iscritti direttamente nel rendiconto, che ammontavano a 150 miliardi.
Le ripercussioni della crisi di Refco si fanno sentire in diverse direzioni, in particolare nei fondi pensione come TIAA-CREFF, grande fondo dei dipendenti pubblici che potrebbe essere il più duramente colpito, visto che ha acquistato ad agosto 25 milioni di azioni nel lancio in borsa. General Motors Investment Management, a cui fanno capo i fondi pensione di GM e sussidiarie, figura tra i primi acquirenti di azioni Refco. Anche il 60% delle transazioni dei titoli argentini e brasiliani a New York passava attraverso Refco, un mercato che complessivamente vale 1 miliardo di dollari al giorno. Gli effetti si sentono anche nella borsa mercantile di Chicago dove Refco svolgeva il 10% delle proprie attività.

La bancarotta di Delphi

La più grande impresa costruttrice di componenti per automobili, la Delphi Automotive Corporation, ha presentato richiesta di fallimento secondo il "Chapter 11" lo scorso 8 ottobre.
Il fallimento è stato orchestrato da Robert Miller, amministratore delegato in carica da soli tre mesi. In tal modo Miller conta di "garantirsi la protezione" dagli obblighi contrattuali in materia di salari, pensioni e sanità. L'obiettivo di Miller è delocalizzare la rimanente produzione della Delphi all'estero, in una impresa automobilistica che paghi salari al di sotto del minimo previsto dalla legge. Miller è reduce da operazioni analoghe con cui ha "ristrutturato" le principali imprese siderurgiche americane, la LTV, la Bethlehem Steel e la Morrison-Knudsen. In ciascun caso ha fatto ricorso al fallimento per rivendere poi le imprese.
Miller aveva lanciato l'ultimatum a 24 mila dipendenti iscritti al sindacato UAW (su un totale di 50 mila dipendenti americani): accettate una riduzione del salario del 63% e tagli di pari entità ai contributi sanitari e previdenziali. Il salario doveva scendere dai 26-30 dollari l'ora ad almeno 10-12 dollari. Il contratto sindacale della UAW prevede l'assicurazione sanitaria a vita. Miller ha invece offerto loro, in cambio, una buonuscita di 10 mila dollari. Per quanto riguarda la pensione, Miller propone di scaricare gli obblighi dell'impresa sulla PBGC, il fondo pensione pubblico che garantisce quando dovesse venir meno l'azienda. La PBGC stima gli arretrati contributivi di Delphi sui 10,9 miliardi di dollari, di cui non può coprire più di 4,1 miliardi, per cui l'assegno dei pensionati dev'essere decurtato. Si tratta di uno dei tagli retributivi e assistenziali più grandi della storia.
Miller aveva aggiunto, l'8 ottobre, che se la UAW non dovesse accettare "l'offerta", il 16 ottobre si sarebbe rivolto al tribunale fallimentare per chiedere al giudice l'annullamento del contratto UAW e, in aggiunta, la chiusura di "buona parte" dei 23 impianti Delphi in America delocalizzando il grosso della produzione all'estero. Quel poco che resta in America dovrebbe funzionare solo con operai che accettano salari minimi.
Una delle conseguenze del fallimento di Delphi è che si è innestata una reazione a catena di fallimenti dei suoi fornitori. Gli effetti peggiori però si faranno sentire sulla General Motors, che acquista il grosso dei componenti e dalla quale la Delphi si distaccò come una costola negli anni Novanta. Gli effetti si farebbero sentire in particolare sul mercato dei derivati, attualmente attraversato da tremori simili a quelli dello scorso maggio, all'epoca della crisi del debito GM-Ford.
Secondo il Financial Times, gli "investitori" avrebbero già capito che per GM tira aria di fallimento. Standard & Poor avrebbe portato i suoi bond a BB-, tre gradini sotto l'"investment grade". Dato il legame inestricabile tra GM e la sua finanziaria GMAC, a sua volta molto esposta sul mercato immobiliare, un tracollo di GM avrebbe effetti immediati sulla già molto preoccupante bolla immobiliare.
Il rischio più grave era stato segnalato lo scorso marzo da Lyndon LaRouche, alle prime avvisaglie della crisi di GM, Ford e Delphi, sostenendo che questo settore rappresenta il fondamentale parco tecnologico delle macchine utensili, con una buona specializzazione delle maestranze, e rappresenta quindi un pilastro centrale dell'economia USA. Il 13 aprile LaRouche aveva proposto al Senato di prendere iniziative d'emergenza per la riconversione del settore dell'auto, il cui mercato è già supersaturo, affinché passi a produrre componenti per le infrastrutture, a cominciare dall'alta velocità e i treni a levitazione magnetica, componenti per centrali di potenza e reti elettriche, ecc. L'aggravarsi della crisi del settore dell'auto non fa che rendere altre proposte decisamente insignificanti.


[inizio pagina]

MoviSol.org

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

Newsletter

Il CD di Solidarietà

© Copyright

MoviSol.org

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà