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Caso Libby: poi toccherà a Cheney?

13 febbraio – L'indagine condotta dal magistrato speciale Patrick Fitzgerald sul caso di Valerie Plame (l'agente della CIA la cui identità segreta fu rivelata ai giornali), dovrebbe portare al più presto a nuove incriminazioni oltre a quella di Lewis Libby, il braccio destro del vice presidente Cheney.
Il 9 febbraio il giornalista Murray Waas ha riferito sul National Journal che Lewis Libby ha confessato al gran giurì di essere stato “autorizzato” dai suoi “superiori” alla Casa Bianca a passare alla stampa l'informazione riservata. Wass scrive anche che alla Casa Bianca gli avrebbero riferito che a dare a Libby l'autorizzazione fu Dick Cheney (vedi oltre).
Lo stesso 9 febbraio Jason Leopold ha pubblicato su Truthold degli aspetti nuovi di questa vicenda ricostruita due anni fa da Jeffrey Steinberg dell'EIR: la manovra per “incastrare Wilson” iniziò nel marzo 2003 con una riunione nell'ufficio di Cheney, tre o quattro mesi prima che il giornalista Robert Novak rendesse nota l'identità della Plame. L'incontro in questione avvenne a seguito di un'intervista alla CNN di Joe Wilson, il marito della Plame, che aveva ridicolizzato le denunce dell'amministrazione Bush di presunti acquisti di uranio del Niger da parte del regime di Saddam Hussein.
Dopo questa intervista dell'8 marzo 2003, riferisce Leopold, Cheney personalmente presiedette quella riunione in cui fu deciso di screditare Wilson. Alla riunione presero parte Libby, Steven Hadley, Karl Rove e John Hannah. “Da quello che ricordo”, avrebbe spiegato un ex agente CIA presente all'incontro, “era il vice presidente ad essere ossessionato da Wilson. Lo chiamò 'buco di culo' e 'figlio di puttana'. Prese molto personalmente le dichiarazioni di Wilson. Voleva che facessimo tutto il possibile per rovinargli la reputazione e voleva che gli si riferisse puntualmente ogni nuovo passo in avanti”.
Qualche settimana dopo l'inizio della guerra in Iraq, continua Leopold, Wilson partecipò ad una conferenza sponsorizzata dal comitato politico dei senatori democratici ed in tale occasione parlò con il giornalista del New York Times Nick Kristoff, che sulla base della conversazione scrisse un articolo. Fu a seguito di ciò che l'operazione contro Wilson entrò nella fase calda, tanto che Cheney si recò personalmente negli uffici della CIA per informarsi sul conto di Wilson. “Cheney e Libby misero in chiaro che a Wilson bisognava tappare la bocca”, avrebbe detto l'ex funzionario CIA. “Non si trattava semplicemente di proteggere la credibilità della Casa Bianca, prendersela con Wilson per il vice presidente era una questione puramente personale…”
A conclusione dell'articolo Leopold ricorda le parole famose pronunciate da Cheney in un'intervista a Meet the Press della NBC, il 14 settembre 2003: “Non conosco Joe Wilson… Non ho idea di chi l'abbia ingaggiato … Non so chi abbia inviato Joe Wilson” nella famosa missione in Niger in cui l'ambasciatore certificò che la storia dell'uranio era una bufala.
Della riunione di marzo, l'EIR riferì nei numeri del 5 novembre 2004 e del 15 luglio 2005.

La testimonianza di Libby contro Cheney
Nel suo articolo del 9 febbraio sul National Journal, Murray Waas riferisce che Libby impernierà la sua strategia processuale sul fatto che fu Cheney ad autorizzarlo a comunicare le informazioni su Plame alla stampa. Waas cita un giurista e un ex magistrato federale secondo i quali “sicuramente non ci si potrebbe attendere che, come parte della sua difesa, Libby vanti una chiara autorizzazione da parte di Cheney se questo non fosse vero, perché rischierebbe che il governo esiga da Cheney di sconfessare la pretesa”. Waas riferisce che sia Libby che Cheney hanno respinto ogni richiesta di commento.
Waas fa notare che in tal modo cresce il cumulo delle informazioni sul fatto che Cheney avrebbe personalmente diretto le iniziative contro Wilson e altri critici dell'operato dell'amministrazione. In secondo luogo c'è da chiedersi che motivi abbia avuto Libby per tenere nascosto di essere stato lui a rivelare alla stampa l'identità della Plame, visto che Cheney e altri lo avevano autorizzato a contrastare le accuse dell'ambasciatore Wilson.
Waas riferisce che nell'atto di incriminazione è scritto che l'identità della Plame sarebbe stata rivelata a Libby da almeno quattro funzionari, tra cui Cheney, che avevano accesso alle informazioni riservate.
Infine Waas nota che la linea di difesa ora adottata da Libby, di essere stato autorizzato e incoraggiato dai vertici dell'amministrazione a commettere irregolarità, ricorda da vicino la linea di difesa del colonnello Oliver North nel caso Iran-Contra, tanto che Libby ha ingaggiato lo stesso avvocato di North, John D. Cline.
Il sen. Ted Kennedy ha commentato: “Se risulteranno fondate, le accuse mostrano un livello ancor più basso raggiunto nei già sordidi casi in cui l'interesse di parte viene posto al di sopra della sicurezza nazionale. La vendicatività del vice presidente nel difendere la guerra in Iraq è ovvia. Se ha fatto ricorso ad informazioni segrete per difenderla dev'essere pronto ad assumersene tutte le conseguenze. Il presidente Bush ha chiaramente detto che avrebbe 'fatto pulizia' di chiunque avesse avuto a che fare con la fuga di informazioni sulla Plame”.
“Gli americani hanno inoltre il diritto di sapere se il presidente fosse al corrente del fatto che le informazioni riservate venivano usate a tale scopo e se lui stesso lo abbia autorizzato. Debbono inoltre sapere che il caso non sarà insabbiato dall'amministrazione quando si deciderà di togliere il segreto alle informazioni necessarie in sede processuale”.


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