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Conferenza dell'EIR a Berlino sulla crisi iraniana

Il 2 marzo l'Executive Intelligence Review ha tenuto a Berlino un seminario sul tema della crisi sviluppatasi attorno al programma nucleare iraniano. I circa cento partecipanti erano soprattutto diplomatici, studiosi, giornalisti, politici e scienziati del nucleare.
Il discorso principale è stato pronunciato dal fondatore dell'EIR Lyndon LaRouche, seguito dal col. Juergen Huebschen, ex addetto militare dell'ambasciata tedesca a Bagdad, da Helga Zepp-LaRouche, presidente del Movimento Solidarietà tedesco BüSo, e Cliff Kiracofe del Virginia Military Institute (VMI). Il prof. Mohammad El-Sayed Selim, docente di Scienze Politiche all'Università del Cairo, ha dovuto rinunciare all'ultimo minuto a partecipare ma ha inviato il suo discorso. Un quadro degli scontri politici in corso negli USA è stato dato da Michelle Steinberg dell'EIR.
Lyndon LaRouche ha situato la crisi iraniana nel contesto della crisi economica e strategica globale. L'adozione dei principi del “Sistema Americano” di economia politica, così come fece Franklin D. Roosevelt per sottrarre gli USA alla grande depressione e fondando poi il sistema di Bretton Woods, è l'unica prospettiva per stabilire la pace, in particolare nella regione dell'Asia occidentale. Occorrono cioè investimenti a lungo termine per sviluppare le risorse e una moderna rete infrastrutturale, una prospettiva in cui l'energia nucleare ricopre un'importanza decisiva.
E' per questo motivo che l'Iran ha diritto al nucleare. Un attacco militare contro l'Iran, ha spiegato LaRouche, non ha niente a che vedere con la politica di questo paese, in quanto l'Iran non è “la causa”, piuttosto è “l'obiettivo che si presenta più opportuno” per la politica seguita dall'oligarchia finanziaria sinarchista che è determinata a schiacciare gli stati nazionali con la “globalizzazione imperiale”. Il primo passo decisivo da compiere per risolvere la crisi iraniana è l'allontanamento di Dick Cheney dal potere, visto il suo ruolo di fautore più esposto di tale politica oligarchica. L'allontanamento di Cheney avrebbe vaste ripercussioni strategiche.
Il col. Huebschen ha parlato delle conseguenze di un possibile attacco missilistico e/o aereo contro l'Iran. La NATO e la partnership transatlantica andrebbero in pezzi, Washington sarebbe costretta a ritirare le truppe dalle proprie basi nel resto del mondo e i sentimenti di ostilità nei confronti degli USA raggiungerebbero il parossismo a livello internazionale. L'unica via d'uscita dal conflitto sarebbe che l'occidente, e gli USA in particolare, trattino l'Iran come partner su di un piano paritario, rinunciando così ad un approccio “diplomatico” che si risolve sempre in “diktat” e nei “doppi standard”, imporre ad alcuni regole che non valgono per altri.
E' necessario, ha aggiunto Huebschen, costruire un ponte per l'Iran fatto di genuine garanzie di sicurezza, cooperazione economica e l'accettazione del trattato di non proliferazione (NPT) da parte di ognuno. Successivamente LaRouche ha notato però che al trattato NPT non dovrebbe essere attribuita una validità fissa e inamovibile, visto che si tratta di qualcosa che fu messo a punto nel passato, mentre il vero punto di riferimento dovrebbe essere un nuovo ordine economico e politico mondiale.
Nel pomeriggio Helga Zepp-LaRouche ha parlato del ruolo che la Germania dovrebbe svolgere per contribuire alla risoluzione della crisi iraniana. Occorre abolire due tabù che hanno impedito alla Germania di prendere iniziative per sventare lo scontro delle civiltà, sia tra il cosiddetto occidente e il mondo musulmano che in seno alla stessa Europa: primo, c'è l'integrazione dei musulmani nella società tedesca, e per questo occorre risolvere il problema generale della disoccupazione e della crisi economica. Questo comporta la rinuncia al Trattato di Maastricht ed all'Unione Monetaria Europea. Un vero dialogo delle culture significa riconoscere l'effettiva esistenza di principi che sono davvero universali, e rinunciare invece a dei paradigmi culturali, in particolare quelli su cui indugia la generazione dei baby boomer, e cioè l'esistenzialismo e il relativismo. In questo contesto Helga Zepp-LaRouche ha fatto riferimento ad un'opera molto importante che gettò le basi dell'ecumenismo nel XV secolo, il “De Pace Fidei” del cardinale Niccolò Cusano.
Cliff Kiracofe, che è stato consigliere della Commissione Affari Esteri del Senato USA, ha posto in risalto la svolta della politica estera USA, che ha abbandonato la tradizione cooperativa per passare alla tendenza imperiale rappresentata dalla “presidenza imperiale Bush Cheney” e dai neocon. Dal punto di vista arabo questo stesso fenomeno è stato sottolineato dal prof. Selim.
Tornando su questo tema, Lyndon LaRouche ha fatto notare come la posizione del vice presidente, già critica, sia stata tremendamente indebolita dall'incidente di caccia dell'11 febbraio. LaRouche ha rilevato come nonostante le note e ripetute malefatte, “Cheney è sempre rimasto al suo posto grazie alla capacità di intimidire i senatori ed altri politici … ma adesso sia i repubblicani che alcuni democratici vorrebbero sbarazzarsi di lui. Vorrebbero fare ciò che consiglio da tempo: convincere il presidente a scaricarlo. E i motivi ci sono, sia per l'impeachment che per sbatterlo in galera … è ovvio che con una palla al piede di questo tipo i repubblicani finiranno per perdere le prossime elezioni del novembre prossimo. Probabilmente perderanno la maggioranza alla Camera dei Rappresentanti, come pure quattro o cinque seggi al senato. Ciò significa che il Congresso tornerebbe sotto il controllo democratico e il Watergate allora sarebbe cosa fatta”.
LaRouche ha sottolineato lo stato di ansietà che serpeggia tra i repubblicani che dovranno fare i conti con l'elettorato, mentre la popolarità del presidente è ai minimi storici e il vice presidente è diventato lo zimbello del paese. Per liberarsi di questo albatross, i repubblicani possono ancora contare su alcuni democratici con i quali si può raggiungere un accordo: Cheney andrebbe ma il presidente resterebbe in carica, almeno per il momento, e si eviterebbe così la situazione penosa di un lungo processo di impeachment.


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