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Il sistema di Maastricht sotto stress

8 marzo 2006 – La Francia e la Polonia hanno inflitto due duri colpi al sistema neo-liberale dell'Unione Europea respingendo l'acquisizione da parte di imprese straniere di quote significative dei settori dell'energia e della finanza, accampando interessi nazionali di primaria importanza.
Alla fine di febbraio il governo francese ha annunciato la fusione di Suez e di Gaz de France per impedire che l'Enel potesse acquisire la Suez. Il 1 marzo il governo polacco ha ordinato alle autorità finanziarie di impedire alla Unicredit di acquisire una posizione dominante nel sistema bancario polacco con la fusione delle due controllate della Unicredit in Polonia, la Pbh e la Bank Pekao.
Dal punto di vista italiano si impongono almeno due osservazioni. Se in apparenza le decisioni di Parigi e Varsavia colpiscono imprese italiane, in realtà sono una utile doccia fredda per ricordarci che le teorie del libero mercato sono sempre state applicate dal più forte contro il più debole, sin dai tempi di Adam Smith. Inoltre, se prendiamo il caso di Enel, l'ente elettrico di stato si trova con una generosa liquidità, frutto della posizione dominante sul mercato nazionale, che farebbe meglio ad investire nella costruzione di nuovi impianti produttivi, tenuto conto del desolante deficit di capacità che può in ogni momento replicare il blackout nazionale del 2004. Invece, la legge frutto dell'ideologia liberista vieta all'Enel di superare la quota del 50% sul mercato interno, per far spazio alla “competizione”. Così l'Enel, che nuota nella liquidità, non trova di meglio che far shopping all'estero mentre in Italia si vive in perenne stato di emergenza.
Invece di pretendere la famosa “reciprocità” dagli altri membri dell'EU, l'Italia farebbe bene a prendere atto che la politica deve difendere gli interessi nazionali, a cominciare dall'economia interna. Gli episodi polacco e francese non sono che l'assaggio di ciò che avverrà tra non molto in campo finanziario e monetario, dove una crisi dell'Euro è inevitabile. Gli osservatori più perspicaci cominciano a proporre delle vie d'uscita, come ha fatto ad un incontro della “Open Europe” a Londra il prof. John Gillingham, docente di Storia all'Università del Missouri-St Louis. “Si dovrebbe tornare - ha proposto Gillingham - a battere moneta nazionale in Eurolandia, rinunciando ad ogni tentativo di regolare i valori delle monete con una camicia di forza monetaria e fiscale”. Gillingham ha proposto valute nazionali liberamente fluttuanti nei confronti dell'Euro, il quale potrebbe continuare a coesistere con le monete nazionali.
Si tratta di una proposta diversa da quella lanciata nel luglio 2005 da Helga Zepp-LaRouche, che proponeva di relegare l'Euro al ruolo di “unità di conto”, così come esisteva nel Sistema Monetario Europeo, tra il 1979 ed il 1992, e di fare ritorno alle monete nazionali. Essa riflette in ogni caso un dibattito in corso dietro le quinte sull'insostenibilità del sistema di Maastricht.
L'esternazione di Gillingham è stata ripresa dal giornalista Matthew Lynn, in un articolo del 1 marzo su Bloomberg intitolato: “Volete salvare l'Euro? Ripristinate le 12 monete”. Lynn notava: “Che questa proposta specifica sia la più giusta non è ciò che importa, alla fine dei conti. Ciò che importa è che la gente si renda conto del fatto che l'euro non ha funzionato come doveva, e cominci a parlare di come rimediare. Ci sono solo tre possibilità. Una è continuare ad arrancare con un'economia sempre più arretrata. Un'altra è aspettare una crisi finanziaria o un'uscita rabbiosa (probabilmente da parte dell'Italia). La terza è mantenere ciò che c'è di buono nell'Euro mentre si cerca di riparare gli aspetti che non funzionano”.


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