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A Berlino proposte ragionevoli sull'Iran

L'Istituto di ricerca per la pace di Francoforte (PRIF) ha organizzato tra il 27 e 28 marzo una conferenza a Berlino sul tema “Nuclearizzazione della regione mediorientale come sfida della coordinazione politica transatlantica”. Vi hanno preso parte importanti centri studi USA come il CSIS e la RAND, esperti europei, una delegazione iraniana ad alto livello e due analisti israeliani. I rappresentanti politici dei partiti tedeschi hanno brevemente esposto le rispettive posizioni sul tema ed è poi stata aperta una discussione a cui hanno partecipato diplomatici egiziani, tedeschi e statunitensi.
Tra i contributi più significativi c'è stato quello di Tim Guildimann, ex ambasciatore elvetico in Iran, che ha presentato una proposta concreta del Gruppo di Crisi Internazionale (ICG).
L'ICG vorrebbe che l'Iran abbandonasse completamente l'arricchimento dell'uranio, ma si rende conto che questa “opzione zero” non ha prospettive. L'opzione successiva, più credibile, considerata dall'ICG prevede una prima fase, della durata di 2-3 anni, in cui l'Iran dovrebbe sospendere l'arricchimento, fino a quando l'AIEA non abbia chiarito tutte le questioni aperte. L'Iran dovrebbe sospendere anche ogni trattamento del plutonio e il suo parlamento dovrebbe approvare un protocollo aggiuntivo al trattato di non proliferazione (NPT), ratificato dal governo, per consentire ispezioni invasive. L'Iran otterrebbe anche il vantaggio di una maggiore cooperazione per il suo programma nucleare civile. Nella seconda fase sono previsti solo dei controlli intesi a garantire che non si intraprendano attività non dichiarate. L'Iran avrebbe facoltà di produrre uranio a basso arricchimento disponendo di un certo numero di centrifughe. Quest'uranio dovrebbe essere usato esclusivamente per alimentare l'impianto di Busheher, sotto uno stretto controllo.
La proposta, presentata lo scorso febbraio dall'ICG ed esposta alla conferenza da Tim Guildimann, ha incontrato le obiezioni di coloro che presumono che di uno scontro non si possa fare a meno. Qualcuno ha accampato problemi di realizzabilità, altri hanno parlato di “tradimento” di Israele, esigendo che l'Iran riconosca Israele prima di intavolare qualsiasi trattativa.
A sostegno della proposta si è invece schierato Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Carter e oggi membro dell'ICG, attivo anche nell'Iraq Study Group, formazione bipartitica di ex funzionari governativi di Washington.
Per Brzezinski il problema posto dalla questione iraniana sta nei rischi della proliferazione regionale e non nella minaccia rivolta ad Israele o agli USA, che dispongono infatti del loro rispettabile deterrente. Per Brzezinski gli USA dovrebbero passare dal negoziato per interposta persona (l'EU3, che tratta poi con Iran e Russia) ad un negoziato diretto sul modello del colloquio a sei con la Corea del Nord. Un precedente è quello dei colloqui di Bonn sull'Afghanistan, nel 2002, in cui l'Iran svolse un ruolo positivo.
Già semplicemente menzionare che c'è una opzione militare è controproducente, ha spiegato Brzezinski, “a meno che a questa opzione militare non si voglia arrivare davvero”. Ma questo provocherebbe reazioni gravi da parte dell'Iran, destabilizzando l'intera regione, cosa che “forse rappresenta un prezzo eccessivo”. In ogni caso, le azioni militari debbono essere ritardate il più possibile, se non sono del tutto evitabili.
Collocando la questione iraniana in un contesto più ampio, Brzezisnki ha proposto che si cerchi di affrontare simultaneamente il conflitto palestinese-israeliano e la guerra in Iraq. Gli Stati Uniti debbono attivare il processo di pace ed insieme all'UE codificare gli elementi essenziali dell'accordo in un'unica dichiarazione. A proposito dell'Iraq ha fatto riferimento al suo piano di disimpegno in quattro punti, che ha presentato dettagliatamente il 31 marzo in una trasmissione dell'emittente polacca TVN24. Si tratta di una proposta, ha detto, che rende possibile un ritiro degli USA “senza una vittoria ma anche senza una sconfitta”. Nella prima fase “Washington suggerirebbe alle autorità irachene di chiedere pubblicamente agli Stati Uniti di ritirarsi dall'Iraq”. Nella seconda fase si concorderebbe la data per il ritiro. Nella terza fase il governo iracheno inviterebbe i paesi vicini “ad una conferenza regionale dei paesi musulmani” per discutere come stabilizzare l'Iraq. Gli USA infine dovrebbero convocare una conferenza internazionale per concordare il finanziamento di un programma di ricostruzione.


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