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Il dilemma delle banche centrali

Nei mercati finanziari si acuiscono nervosismo e volatilità, a causa del tentativo disperato da parte delle banche centrali di mettere in qualche modo sotto controllo le “bolle dell'era Greenspan”. Nella consapevolezza che continuare a pompare denaro nel sistema porterebbe prima o poi ad un'esplosione inflativa, esse hanno cominciato ad aumentare i tassi a breve ed a ridurre la liquidità.
Però i banchieri centrali sanno che chiudendo il rubinetto c'è il rischio che si provochi ugualmente l'esplosione delle bolle: quella immobiliare, quella delle materie prime, quella dei mercati emergenti e quella delle obbligazioni societarie. Il dilemma si complica ancora: se per timore dell'esplosione di queste bolle gigantesche le banche centrali dovessero sospendere o invertire la manovra restrittiva, darebbero agli investitori un'indicazione di quanto sia davvero precaria la situazione sui mercati finanziari, di conseguenza producendo ancora più paura e nervosismo.

Questo dilemma spiega la decisione a sorpresa della Banca Centrale Europea (BCE) e della Banca d'Inghilterra di sospendere, lo scorso 6 aprile, nuovi aumenti dei tassi d'interesse.
I rendimenti sulle obbligazioni a lungo termine, che non sono sotto il controllo diretto delle banche centrali, continuano comunque a lievitare in ogni parte del mondo. I buoni decennali del Tesoro USA hanno raggiunto il 4,96% il 7 aprile, il massimo in quattro anni. A febbraio erano a 4,5. In Giappone i rendimenti sui titoli di stato quinquennali sono all'1,4%, i più alti dal febbraio 2000. Anche i titoli di stato dell'Eurozona hanno raggiunto il massimo in quattro anni.
L'aumento del rendimento dei titoli di stato spinge in alto i tassi dei mutui; così il 6 aprile il mutuo trentennale medio ha raggiunto il 6,43%, il massimo in 31 mesi, e al tempo stesso elimina le basi per i vari “carry trade”. Quasi ogni giorno la stampa finanziaria presenta storie allarmanti sulle bolle dei “carry trade” in pericolo in Islanda, Nuova Zelanda, Australia, Turchia, Ungheria, ecc.

Intanto prosegue la frenesia speculativa sui mercati delle merci, su cui incide naturalmente anche il desiderio di assicurarsi degli assets fisici in un periodo di forte insicurezza. Il 5 aprile il prezzo dell'oro ha raggiunto i 601,9 dollari, il massimo dall'inizio del 1981. Per la prima volta in 23 anni l'argento ha superato i 12 dollari. Diversi metalli, come il rame e lo zinco, hanno raggiunto il massimo assoluto. Dall'inizio dell'anno lo zinco è aumentato del 47%, il rame del 30%, il palladio del 37%, l'argento del 35%. Anche il greggio si sta avvicinando ad un record assoluto.

Moniti di scompigli sistemici

Nel discorso che ha rivolto il 4 aprile all'Harvard Center of European Studies, il direttore del FMI Rodrigo de Rato ha messo in guardia dagli “squilibri globali” che, se precipitassero rapidamente e caoticamente, potrebbero provocare “scompigli sistemici” o addirittura una “recessione globale”.
“Ci sono due modi ovvi in cui può verificarsi un riassestamento disordinato degli squilibri globali”, ha detto de Rato. “Uno è una brusca caduta della crescita dei consumi negli Stati Uniti … In questo scenario si verificherebbe una contrazione della domanda globale e forse una recessione globale. Un'altra possibilità è che il riassestamento potrebbe essere prodotto di forza dai mercati finanziari. In questo secondo scenario, gli investitori potrebbero diventare sempre più riluttanti a detenere quantità crescenti di titoli finanziari USA ai tassi di cambio e d'interesse vigenti. Questo condurrebbe ad un deprezzamento del dollaro USA ed all'aumento dei tassi d'interesse americani, cosa che a sua volta provocherebbe una contrazione della domanda interna negli Stati Uniti. Di nuovo, se questo accadesse bruscamente, potrebbe provocare una grave flessione, come pure lo scompiglio del mercato finanziario globale”.
Il problema più visibile, ha aggiunto de Rato, sta nelle dimensioni del deficit dei conti correnti USA, ma c'è anche la possibilità che esploda il mercato immobiliare USA. Alcuni politici, ha spiegato de Rato, suppongono che gli squilibri globali possano permanere a tempo indefinito o che si aggiustino col trascorrere del tempo. “Ritengo che queste opinioni siano tanto ottimistiche da sconfinare nella deliberata cecità”.
Il presidente della Federal Reserve di New York, Timothy Geithner, ha già per la terza volta quest'anno indicato il rischio crescente di un'esplosione del sistema finanziario.
Parlando il 5 aprile all'Associazione dei banchieri di New York ha detto: “Il ruolo maggiore che gli hedge funds ed altri istituti finanziari non bancari svolgono nei mercati come quello del credito potrebbe amplificare l'impatto dello stress di tali istituti sulle dinamiche di mercato e di liquidità se il rischio della controparte non è dovutamente gestito. La proliferazione di nuove forme di derivati e prodotti derivati strutturati ha cambiato la natura del rapporto d'indebitamento nel sistema finanziario. L'effetto leva aggiuntivo insito negli strumenti finanziari … potrebbe amplificare l'impatto di un forte cambiamento nelle percezioni dei rischi macroeconomici o relativi al credito per i prezzi degli assets e sulla liquidità. Una maggiore concentrazione in alcuni mercati finanziari “potrebbe rendere il sistema più vulnerabile”, nell'evenienza di un fallimento bancario.

Il War Game della crisi finanziaria

Il Financial Times ha pubblicato il 10 aprile un articolo intitolato “L'Europa simula un'implosione finanziaria”, riferendosi con questo alla “simulazione di una crisi finanziaria di portata continentale” tenutasi nella sede della BCE a Francoforte.
Il War Game in questione prevedeva “il crollo di una grande banca attiva in diversi grandi paesi” e l'intervento di BCE, banche centrali, ministeri finanziari ed enti di supervisione. “E' come controllare se una centrale nucleare riesce a sopravvivere ad un aereo che le si schianta addosso”, avrebbe detto un partecipante al Financial Times.
Parallelamente, in occasione della riunione dell'8 aprile a Vienna, i ministeri finanziari europei hanno discusso un “rapporto riservato” sui rischi sistemici. Il rapporto indica Hedge Funds e Private Equity Funds all'origine della crisi finanziaria a cui l'UE attualmente non è preparata. Pertanto gli enti di supervisione sono incoraggiati a migliorare i piani di contingenza e a tenere più esercitazioni in cui si simulano emergenze.
Nel rapporto, che è trapelato sul sito Bloomberg, si legge: “Gli hedge funds possono contribuire all'efficienza del mercato ed a spalmare i rischi, ma possono anche essere una fonte di rischi sistemici”. Le autorità dovrebbero “continuare il monitoraggio delle minacce possibili garantendo l'integrità del mercato, la sicurezza degli investitori, il buon funzionamento dei mercati e la stabilità finanziaria”. Un'altra preoccupazione proviene dalle imprese di buyout, che compiono acquisizioni indebitandosi, “a motivo della loro illiquidità e scarsa trasparenza”. “La crescita relativa nei mercati di private equity (partecipazioni al capitale di rischio di società non quotate), in rapporto al mercato pubblico, potrebbe aumentare i rischi di instabilità finanziaria”. Le autorità dovrebbero eseguire degli “stress test” tali da garantire che transazioni che falliscono o fondi che crollano non abbiano ripercussioni ovunque sui mercati. Il rapporto è opera dell'”Economic and Financial Committee”, un gruppo di esperti dei ministeri delle finanze e delle banche centrali dell'UE.


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