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Dietro la rivolta dei generali

di Jeffrey Steinberg

Il 15 aprile Lyndon LaRouche ha positivamente commentato la richiesta di licenziare in tronco il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld che è stata avanzata da un gruppo di alti ufficiali in congedo, definendola “senza precedenti” e “appropriata, visto che la nazione è vittima del tradimento”.
Tra gli alti ufficiali che hanno preso posizione spiccano il gen. Anthony Zinni, il gen. Paul Eaton, il gen. Gregory Newbold, il gen. Paul Van Riper, il gen. Charles Swannack, il gen. John Riggs e il gen. John Batiste. Tutti e sei hanno pubblicamente richiesto l'allontanamento immediato di Rumsfeld a motivo dal suo rifiuto di tener conto di consigli e moniti provenienti dai comandanti militari, e per aver di conseguenza condotto gli Stati Uniti in un fiasco disastro in Iraq, un paese che sta ormai precipitando in una guerra civile totale e incontrollabile.
Sebbene le critiche sollevate dai generali riguardino formalmente l'Iraq, esperti vicini al Pentagono hanno confermato che l'ondata di richieste di licenziamento è da mettere in rapporto ai piani dell'amministrazione Bush di attaccare l'Iran, forse già nel corso delle prossime settimane.

Inoltre, negli ambienti degli ufficiali militari e dei servizi si parla di una lettera che alcuni generali e ammiragli in servizio attivo avrebbero presentato al presidente dei capi di stato maggiori riuniti, gen. Peter Pace, in cui gli ufficiali minacciano le dimissioni nel caso in cui la Casa Bianca ordinerà un attacco militare contro l'Iran. I generali e gli ammiragli sarebbero rimasti gravemente scossi dal rifiuto plateale della Casa Bianca di escludere il ricorso alle armi nucleari tattiche contro i bersagli meglio protetti in Iran.
Inoltre, mentre le ire dei generali si appuntano contro Rumsfeld, in realtà essi si rendono ben conto che il vero architetto della politica della guerra perpetua dell'amministrazione Bush, che comprende il piano di un attacco nucleare preventivo contro l'Iran, è il vice presidente Dick Cheney. Ma, diversamente dal Segretario della Difesa che può essere licenziato in tronco dal presidente in qualsiasi momento, il vice presidente ricopre una carica elettiva, per cui un suo allontanamento esige una procedura complessa. Alle difficoltà costituzionali si aggiungono poi i fattori soggettivi del presidente Bush, che sono davvero notevoli: la sua dipendenza psicologica da Cheney e la crescente precarietà del suo equilibro mentale dovuta al rifiuto di riconoscere che la sua presidenza sta cadendo in picchiata, e che la maggioranza degli americani, repubblicani compresi, e molti parlamentari, non gli accordano più un minimo di fiducia.

La complicazione finanziaria

Il quadro sarebbe decisamente incompleto se non si menzionasse il principale fattore che accelera la crisi: il tracollo imminente dell'intero sistema monetario a tassi di cambio fluttuanti.
La finanza sinarchista (fascista) internazionale, che controlla il vice presidente Dick Cheney, per sviare l'attenzione dall'esplosiva crisi finanziaria è persino disposta ad imbarcarsi in una guerra preventiva contro l'Iran. Nelle circostanze di emergenza che si determinerebbero, essa cercherà ancora una volta di arrivare ad una dittatura, come ha già cercato di fare, ottenendo solo successi limitati, a seguito del disastro dell'11 settembre 2001.

Negli Stati Uniti questo apparato fa pubblicamente capo a Felix Rohatyn e a George Shultz, attorno ad un raggruppamento bostoniano-ginevrino di banche, società d'intermediazione e hedge funds, noto nel New England come “The Vault”. Questo raggruppamento di banchieri apertamente sinarchisti si raccorda, attraverso istituti come Credit Suisse First Boston, con gli ambienti londinesi e dell'Europa continentale eredi dei sostenitori finanziari di Hitler, Mussolini, Franco e della repubblica di Vichy in Francia. Questa politica oggi torna a riproporre la guerra perpetua dei banchieri sinarchisti che all'epoca del Piano Young, negli anni Trenta, portarono Hitler e nazisti al potere per scatenare una guerra che incendiasse completamente il continente eurasiatico.
Questi banchieri sanno perfettamente come i 19 anni del regno disastroso di Greenspan alla Federal Reserve abbiano prodotto una bolla finanziaria di derivati e titoli immobiliari che difficilmente potrà sopravvivere oltre l'estate. Sono inoltre destinati a fallire i tentativi coordinati dei banchieri centrali di orchestrare una deflazione “controllata” delle bolle, pilotando un aumento dei tassi d'interesse ed eliminando la differenza degli interessi pagati in Giappone che ha reso fin ora possibile lo yen carry trade. In effetti, come ammonisce LaRouche, tentare un'inversione di rotta della politica iperinflativa di Greenspan alla fin fine non farà che accelerare lo scoppio della bolla immobiliare.

Si aggiunga a ciò l'allarme, tra le file sinarchieste, provocato dal loro insuccesso nel sopprimere nel partito democratico USA l'eredità di Franklin Delano Roosevelt, che è quella del vero Sistema Americano di Economia Politica. Questo aspetto è posto in risalto da due recenti sviluppi.
Primo, per iniziativa personale di Felix Rohatyn, dall'inizio di aprile sono circolate una serie di calunnie contro Lyndon LaRouche e il suo movimento giovanile LYM, l'organizzazione che più rapidamente si sta sviluppando tra le nuove generazioni del Partito Democratico, e che ha sviluppi simili in Europa e nell'America Latina. Le principali di queste calunnie sono state pubblicate dal Boston Globe e dal quotidiano elvetico Neue Zuercher Zeitung, e sono state diffuse dall'emittente francese France Inter.
Rispondendo direttamente a questi attacchi Lyndon LaRouche ha diffuso una breve dichiarazione in cui afferma: “L'origine ebraica di Felix Rohatyn non lo dissuase dall'organizzare il sostegno finanziario per la banda nazista del regime di Augusto Pinochet in Cile e per le connesse operazioni fasciste delle squadre della morte in America Latina. Forse molti elementi dell'antifascismo in Europa altro non sono che una facciata per i neo-nazisti alla quale è stato detto di chiamarsi 'la sinistra'.”
Rohatyn, che insieme a George Shultz è stato l'architetto della politica di “privatizzazione della guerra” di Cheney, Rumsfeld e Halliburton, non nasconde in alcun modo di essere un assertore del primato degli interessi finanziari privati al di sopra dei governi sovrani, anche negli investimenti per le infrastrutture.
Il secondo sviluppo che riflette le idee sinarchiste di Rohatyn è il seguente. Nell'edizione del 14 aprile, il Wall Street Journal riferiva in prima pagina che il Segretario al Tesoro John Snow, parlando alla Università del Mississippi il 12 aprile, si è lanciato in una tirata contro l'ex segretario al Tesoro Robert Rubin e il Progetto Hamilton - un'iniziativa di alcuni economisti della sfera clintoniana che si raccolgono nel Brooking Institution - mirante ad imprimere una svolta agli indirizzi economici degli USA. Nell'annunciare il progetto Rubin ha invocato l'eredità di Alexander Hamilton, il primo segretario al Tesoro che creò la banca nazionale e diresse il credito governativo alle infrastrutture ed all'istruzione, avviando così un miracolo economico senza precedenti. Nella sua tirata Snow ha avuto la sfrontatezza di dire che Hamilton fu un paladino del liberismo e del “settore privato”, dunque, promuovendo “un ruolo maggiore del governo” il Progetto Hamilton “abusa” del nome di Hamilton.

Nell'epicentro c'è Cheney

Mentre il crollo finanziario rappresenta la spinta principale che determina i tempi dell'amministrazione Bush per un possibile attacco all'Iran, a far precipitare gli eventi si aggiunge anche un altro fattore.
Il vice presidente Cheney, l'uomo di punta di Shultz e Rohatyn, ha di nuovo attirato su di sé i fari dell'inchiesta di Patrick Fitzgerald sul caso dell'agente segreto della CIA Valerie Plame. La vera identità della Plame, moglie dell'ex ambasciatore Joseph Wilson, fu sbattuta sui giornali il 14 luglio 2003 dal giornalista Robert Novak. Nel 2002 l'ambasciatore Wilson era stato inviato per conto della CIA nel Niger affinché controllasse dei rapporti inconsistenti secondo cui il regime iracheno stava trattando l'acquisto di grandi quantitativi di uranio da quello stato africano. La CIA era stata incaricata di seguire questa pista dell'affare Iraq-Niger dal vice presidente Cheney.
Wilson riferì alla CIA che le informazioni erano false e quando poi cominciò a far chiasso sostenendo che i vertici dell'amministrazione sapevano che la storia del programma per un arsenale nucleare iracheno - giustificazione principale dell'invasione dell'Iraq - era falsa, Cheney ordinò una campagna di rappresaglie contro l'ex ambasciatore.
Le documentazioni raccolte dall'inchiesta di Fitzgerald e dai legali di Lewis Libby, ex capo dello staff di Cheney accusato di ostacolare la giustizia e di spergiuro, non fanno che confermare sempre di più che Cheney è l'architetto della fuga di notizie a scapito della Plame. Il rapporto presentato il 12 aprile da Fitzgerald prova chiaramente che il complotto contro Wilson è nato alla Casa Bianca e nell'ufficio del vice presidente.

Mentre alcuni ritengono che il magistrato speciale Fitzgerald intendesse mettere a fuoco il ruolo di Cheney nel caso Plame solo dopo le elezioni di metà legislatura che si terranno a novembre, adesso la tabella di marcia appare drasticamente alterata, e la testa di Cheney è già chiusa nella gigliottina, mentre sul caso Libby nuovi documenti cruciali e relative dispute dovrebbero animare il caso nelle prossime settimane.
Secondo un esperto delle istituzioni, nel momento in cui la responsabilità di Cheney come istigatore del colpo alla schiena della Plame sarà dimostrato, ed una incriminazione apparirà inevitabile, Cheney dovrà fare le valigie.
L'allontanamento del vice presidente e del segretario alla Difesa costituirebbe lo shock salutare di cui c'è disperato bisogno per garantire che l'amministrazione Bush tolga il dito dal bottone per colpire l'Iran, una decisione che metterebbe in moto sviluppi che nessuno sarebbe in grado poi di controllare.

Executive Intelligence Review, n. 16 del 21 aprile 2006 


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