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Perquisizioni al Congresso, oltraggio bipartisan

29 maggio 2006 – La notte del 20 maggio l’ufficio del parlamentare William Jefferson è stato perquisito dalla FBI. Jefferson è il primo nero della Luisiana ad essere eletto al Congresso dall’epoca della guerra civile. Sul suo conto vi sarebbe una videoregistrazione che lo mostra mentre accetta una mazzetta da 100 mila dollari, e 90 mila dollari rinvenuti nel suo congelatore. L’episodio rilancia tecniche usate ai tempi dell’ABSCAM, l’ondata di scandali e trappole tese da agenti dell’FBI che si spacciavano per arabi dalla bustarella facile, che alla fine degli anni Settanta portò alla sbarra una schiera di politici a livello statale e locale.

A prescindere dai risultati dell’inchiesta sul conto di Jefferson, l’episodio è stato duramente condannato sia dai democratici che dai repubblicani. Per l’ex parlamentare repubblicano Newt Gingrich si tratta di una “violazione palese” della separazione dei poteri. Il capogruppo repubblicano alla Camera Bill Frist ha espresso “preoccupazione”. Il presidente della Camera Dennis Hastert ha definito la cosa “costituzionalmente sospetta”, e ha parlato di “abuso di potere da parte dell’Esecutivo”. La leader democratica Nancy Pelosi ha dichiarato: “Le indagini del ministero della Giustizia debbono essere condotte in conformità alle garanzie costituzionali e ai precedenti storici”.

Hastert e Pelosi hanno emesso una dichiarazione congiunta il 24 maggio in cui asseriscono che “il Dipartimento di Giustizia deve restituire immediatamente i documenti che ha sequestrato illegalmente”. Insieme a diversi senatori dei due schieramenti, Hastert e Pelosi hanno dichiarato che la perquisizione viola la separazione dei poteri sancita dalla Costituzione: “Questi principi costituzionali non furono concepiti dai padri fondatori per collocare qualcuno al di sopra della legge, ma per proteggere il Congresso e la popolazione americana dagli abusi di potere, e meritano di essere difesi energicamente”.

“Da quando fu fondata questa repubblica 219 anni fa”, ha dichiarato Hastert, “il dipartimento di Giustizia non ha mai ritenuto necessario fare ciò che ha fatto sabato sera, superare cioè la linea che separa i poteri allo scopo di combattere la corruzione dei membri del Congresso. Da quanto ho appreso nelle ultime 48 ore non c’è niente che mi possa indurre a credere che vi fosse una qualsiasi necessità di cambiare il precedente stabilito in questi 219 anni”.

Secondo alcune voci riferite dalla ABC, Hastert sarebbe sotto inchiesta per uno scandalo di lobbying. Secondo l’interessato si tratterebbe di una manovra da parte dell’amministrazione, una probabile rappresaglia nei suoi confronti. “E’ una di quelle veline che girano per intimidire e noi non ci lasceremo intimidire da una cosa del genere”.

Il parlamentare James Sensenbrenner, che presiede la Commissione Giustizia, ha reso noto che la sua commissione dovrà occuparsi di questa vicenda, che solleva “quesiti costituzionali che provocano profondo turbamento”.

Dal canto suo l’on. Jefferson ha presentato ricorso presso il tribunale federale contro la perquisizione, ed ha chiesto l’immediata restituzione delle carte e di altro materiale sequestrato nel suo ufficio del Congresso.

Il presidente Bush ha ordinato il 25 maggio che il materiale sequestrato dall’FBI sia posto sotto sigillo per 45 giorni nell’ufficio del Solicitor General (il procuratore presso la Corte Suprema), per dare alle parti il tempo necessario a risolvere le dispute. “Il governo non ha mai affrontato un problema del genere in oltre due secoli. Però, dopo discussioni protrattesi per giorni, è chiaro che occorre tempo per risolvere le questioni”.


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