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I democratici di LaRouche scuotono il partito

20 giugno 2006 – Quest'anno in Texas il clima delle elezioni interne del partito democratico, svoltesi tra il 10 e l'11 giugno, è stato animato dal Movimento Giovanile di LaRouche (LYM).
Lakesha Rogers e Charlie Urbina-Jones hanno infranto l'ambiente controllato, al quale il partito nel Texas deve il ridimensionamento subito negli ultimi anni, e sono riusciti ad aprire una discussione sulla piattaforma politica presentata dal LYM. Alla prima tornata del voto, i due candidati sostenuti dall'apparato non sono riusciti a riscuotere il quorum, per cui è stato necessario rimescolare le carte, e fare politica davvero.
La Rogers ha potuto così rivolgere un discorso ai 6000 candidati incoraggiandoli a mettere in minoranza la corrente dominante del Democratic Leadership Council, che si può considerare la principale responsabile del “successo” che Rohatyn continua a riscuotere nel partito.
La Rogers, 29 anni, si è presentata come una democratica convinta che occorra riportare il partito alle idee di fondo del roosveltismo. Quelle idee, che hanno fatto la grandezza del Texas, furono poi sostenute da democratici texani di spicco come il sen. Ralph Yarborough e il congressista Henry B. Gonzales. Loro capirono “che occorre schierarsi contro le strutture di Wall Street e degli interessi finanziari, gli stessi che cercano ora di infiltrarci per traviare e affossare il partito democratico. Gente come Felix Rohatyn, che vuole distruggere il nostro partito”.
Tra gli applausi suscitati quando ha ricordato che per essere eletto presidente Roosevelt fece appello agli strati “dimenticati”, la giovane attivista ha spiegato che occorre coinvolgere soprattutto i lavoratori ed ha deprecato il fatto che alla convention texana non fosser rappresentate ben 36 contee e che la componente giovanile fosse troppo modesta.
Anche se le votazioni successive si sono concluse con l'elezione di Boyd Richie, proposto dall'apparato, questi ha pubblicamente ammesso di aver capito l'antifona e di essere disposto a collaborare con Urbina-Jones e la Rogers, che ha personalmente ringraziato anche in un documento scritto in cui si ripromette di combattere insieme nella campagna elettorale di novembre.

Anche in Virginia i democratici cambiano registro

Le primarie democratiche per il senato, tenutesi in Virginia il 13 giugno, sono state vinte da James Webb, ex esponente del governo di Ronald Reagan ed ex segretario della Marina. La sua candidatura è stata sostenuta dall'ex candidato presidenziale John Kerry, senatore del Massachusetts, dal presidente della commissione elettorale democratica del Senato Charles Schumer e dal capogruppo democratico al Senato Herry Reid. Contro la sua candidatura si è invece schierata la dirigenza del partito dello stato, che aveva candidato Harris Miller, un lobbista della tecnologia dell'informazione. Webb è un ex repubblicano capace di fare appello ai cosiddetti “democratici di Reagan”, i democratici che disgustati dallo sfascio economico presenziato da Carter votarono per il candidato repubblicano nel 1980.
Webb si è nettamente schierato contro la guerra in Iraq e contro lo smantellamento dell'industria USA che avviene con la delocalizzazione (sostenuta da Miller in pratica e non solo in teoria). Ha ottenuto il 53% dei voti, contro il 47% del rivale, il grosso dei quali nei sobborghi di Washington, dove ha riscosso in tanti casi fino al 20% in più di Miller.
Già nel settembre 2002 l'ex segretario della Marina e reduce decorato della Guerra del Vietnam si schierò contro la guerra in Iraq con un articolo pubblicato dal Washington Post e intitolato “Andare incontro ai guai: c'è davvero bisogno di occupare l'Iraq per trent'anni?”.
Affermava tra l'altro: “La questione non è semplicemente se gli Stati Uniti debbano porre fine al regime di Saddam Hussein, ma se come nazione siamo pronti all'occupazione fisica del territorio mediorientale per i prossimi 30 0 50 anni. Chi spinge per la guerra unilaterale sa benissimo che non c'è una exit strategy dopo l'invasione.”


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