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Non passa al Senato la proposta di Kerry per il ritiro dall'Iraq

28 giugno 2006 – Il 22 giugno, con 86 voti contro 13, non ha superato lo scrutinio del Senato USA la proposta dei senatori Democratici John Kerry e Russ Feingold per il ritiro a fasi delle truppe dall'Iraq, in larga parte a causa della codardia dimostrata dai democratici chiamati a sostenerla. Soltanto 13 senatori democratici hanno votato a favore: Daniel Akaka, Barbara Boxer, Richard Durbin, Tom Harkin, Daniel Inoye, James Jeffords, Edward Kennedy, Frank Lautenberg, Patrick Leahy, Robert Menendez e Ron Wyden. La proposta di Kerry stabiliva la scadenza del 2007 per il ritiro a fasi di tutte le truppe americane dall'Iraq, a partire dalla fine di quest'anno.

L'irresolutezza dei senatori Democratici è risaltata ancor più alcuni giorni dopo, quando la stampa americana ha dato notizia di piani del comando militare USA per iniziare il ritiro delle truppe già prima delle elezioni parlamentari di novembre.

L'economista e leader democratico Lyndon LaRouche ha criticato duramente “l'evidente anarchia e mancanza di considerazione per la realtà dimostrata dal contingente democratico al Senato”, che potrebbe trasformare gli Stati Uniti in una nazione non funzionante. “Al centro di questa grave crisi nella dirigenza del Partito Democratico”, ha scritto LaRouche in una dichiarazione del 22 giugno, “vi è la complicità di molti suoi dirigenti che subiscono passivamente le pressioni esercitate da Felix Rohatyn, il banchiere dell'Internazionale Sinarchista”. A questo proposito, LaRouche ricorda il ruolo svolto da Rohatyn nel mandare in bancarotta l'industria dell'auto, e prosegue: “Ovviamente, come potrebbe confermare qualsiasi sociologo qualificato nel valutare il comportamento del Senato, il problema sta in qualche sporco accordo dietro le quinte”.

“In molti ambienti dirigenti del mondo politico americano”, prosegue LaRouche, “mi sento spesso dire: 'Lei avrà ragione a parlare così, ma proprio per questo motivo abbandono la nave che affonda!'. E' come se i soldati di un esercito che si considera già sconfitto prendessero la fuga in massa, senza nemmeno lasciare un capo che negozi i termini della resa. I leader ad alto livello, i generali politici, i comandanti del reggimento, cominciano ad abbandonare il campo di battaglia, costringendo le legioni lasciate a se stesse a vedersela col caos che essi hanno provocato”.

“Assistiamo dunque a uno spettacolo disgustoso, quello che danno i dirigenti del Democratic Leadership Council e i loro consimili”.


Come ha fatto Cheney a ricattare i democratici?

Il fiasco della proposta del Sen. Kerry per il ritiro delle truppe porta la firma del vicepresidente Dick Cheney. In un'intervista alla CNN, poco prima del voto del 22 giugno, Cheney ha denunciato la proposta democratica, facendo capire che ricattava i senatori al fine di bocciarla.

L'argomentazione di Cheney era che la proposta di Kerry è un dono ai terroristi. “I democratici hanno torto”, ha dichiarato Cheney; “stiamo facendo progressi significativi in Iraq”, ha affermato, elencando tra questi la formazione del governo e aggiungendo che “i personaggi alla Al Zarqawi speravano di spezzare la resistenza degli Stati Uniti” e, stancandoli, costringerli a tornarsene a casa. Se questo accadesse, ha minacciato Cheney, “sarebbe devastante per la guerra al terrorismo”, perché avrebbe un influsso sugli sviluppi in Afghanistan, Iran, Pakistan, Arabia Saudita e via dicendo. La proposta democratica, ha dichiarato Cheney, “sarebbe la cosa peggiore a questo punto. Darebbe ragione ai terroristi e li incoraggerebb, facendo esattamente quello che vogliono”.

Interpellato sui dati che dimostrano come la popolazione americana sia sempre più contraria alla politica dell'amministrazione e sia convinta che questa non abbia alcun piano, Cheney ha risposto categorico: “Ha torto. Un piano ce l'abbiamo”.

L'intervistatore chiede a Cheney anche del suo intervento sulla Commissione Giustizia del Senato per impedire che ottenesse la documentazione richiesta alle compagnie telefoniche sulle intercettazioni della NSA (National Security Agency). Il Sen. Arlen Specter, presidente della Commissione Giustizia, aveva accusato Cheney di “interferenze” nell'attività parlamentare. La sua risposta è stata: “Non le definirei interferenze. Sono presidente del Senato e parlo spesso coi colleghi senatori di proposte di legge, come ho fatto in questo caso. Non c'è alcun motivo per cui non debba esprimere il punto di vista dell'amministrazione ai membri della Commissione. Ed è quello che ho fatto”.

Presumibilmente, è quanto ha fatto Cheney anche per bloccare la proposta di Kerry.

Denunciato il ruolo nefasto di Cheney nelle menzogne che portarono alla guerra

In un documentario di 90 minuti intitolato “The Dark Side” (il lato oscuro) e andato in onda il 20 giugno, la Public Broadcasting System (PBS) ha denunciato con forza il ruolo svolto dal vicepresidente americano Dick Cheney nel fabbricare finte informazioni ed enti paralleli di intelligence che fornissero un pretesto per invadere l'Iraq. Anche se le informazioni del documentario erano già state pubblicate dall'EIR, il documentario le ha rese in modo conciso e schiacciante. Ha documentato le macchinazioni della cricca di Cheney e Rumsfeld fin dai tempi dell'amministrazione Ford, in cui entrambi si erano proposti di “ristabilire” i poteri presidenziali dopo il Watergate. Intervistando ex analisti della CIA, della DIA e del National Security Council, “The Dark Side” rivela fino a che punto sia arrivato Cheney nel fabbricare la finta documentazione di cui aveva bisogno per andare in guerra, tra l'altro licenziando analisti della CIA che avevano grande esperienza per sostituirli con suoi uomini in posizioni chiave, e continuando a mentire spudoratamente anche quando prove schiaccianti dimostravano l'assurdità della sua affermazioni sulle presunte armi di distruzioni di massa e l'uranio arricchito dal Niger. Tra le interviste, i testi delle quali sono disponibili sul sito www.pbs.org, ci sono quelle con l'ex capo dello staff di Colin Powell, il Col. Lawrence Wilkerson, con l'ex funzionario del NSC Richard Clarke, il famoso giornalista del Washington Post Bob Woodward, e molti altri.

La testimonianza di Wilkerson

La fabbricazione di false informazioni per giustificare la guerra in Iraq può essere riassunta “in tre parole: il Vice Presidente”, ha dichiarato il col. Lawrence Wilkerson, che fu capo di gabinetto dell'allora segretario di Stato Colin Powell. Wilkerson ha fatto questa affermazione il 26 giugno di fronte al Senate Democratic Policy Committee, in un'aula affollata del Senato.

“Mentre il segretario di Stato Colin Powell stava cercando di costruire un percorso diplomatico”, ha raccontato Wilkerson, “il Vice Presidente Cheney minava i suoi sforzi pronunciando discorsi che ne negavano la possibilità. Nel far ciò, il Vice Presidente usava parti dei documenti di intelligence in modi che gli stessi documenti non sembravano sostanziare. Altri, nell'amministrazione, partecipavano a questa distorsione. L'esempio più eclatante fu il discorso del Presidente sullo stato dell'Unione, il 28 gennaio 2003, che incluse il passaggio ormai famoso sull'uranio del Niger. Io ed il segretario di Stato e una serie di altre persone nel governo, sapevamo che il presunto tentativo iracheno di acquisire uranio dal Niger, perlomeno così come veniva riferito, era altamente improbabile. Inoltre, quando furono fatte affermazioni come 'non vogliamo che la pistola fumante sia un fungo nucleare', ad esempio da [Condoleezza] Rice, crebbe la nostra preoccupazione al Dipartimento di Stato perché i nostri esperti di intelligence ci dissero che dubitavano che l'Irak avesse persino un programma nucleare attivo”.

Wilkerson ha raccontato come egli avesse radunato un gruppo di scienziati al Dipartimento di Stato, tutti con esperienza di ispezioni nucleari, i quali concordarono sul fatto che Saddam Hussein stesse aspettando che si allentassero le sanzioni contro l'Irak, e che alcuni importanti paesi riavviassero i rapporti commerciali con Baghdad, per riprendere il programma di costruzione di armi di distruzione di massa (ADM). Ma al momento, “non possedeva virtualmente niente”.

“Poi, il 29 gennaio 2003, il segretario di Stato mi porse un canovaccio di 48 pagine, che descriveva il programma iracheno per le ADM. Lo aveva appena ricevuto dall'ufficio del Vice Presidente”. Powell chiese di studiare il rapporto, assieme ad altri due che sarebbero arrivati il giorno dopo, per prepararlo all'intervento di fronte al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.” Wilkerson ha poi riferito la sua frustrazione quando la task force da lui nominata allo scopo, si accorse che era impossibile verificare le affermazioni contenute nel dossier, in quanto questo non conteneva, come d'uso in tali documenti, i necessari riferimenti alle fonti. Bisognava controllare riga per riga, e ciò era impossibile nel breve tempo a disposizione. “Mi rivolsi a Tenet (capo della CIA, ndr.), il quale mi diede ragione e mi consiglio di usare un altro documento, quello compilato dalla National Intelligence Estimate nell'ottobre 2002”.

Quando si trattò di fare le prove del discorso con Powell, “la discussione avvenne sempre nella forma del segretario di Stato che cercava di eliminare dei passaggi non sostanziati, e di altri della Casa Bianca che cercavano invece di tenerli, o aggiungerne altri. L'ufficio del Vice Presidente o il personale del National Security Council tentò ripetutamente di inserire nel discorso il presunto incontro tra il dirottatore di Al Qaeda Mohamed Atta e membri dell'intelligence iracheno, e Powell ripetutamente lo tolse. Infine, ad una delle ultime prove, Powell fu interrotto nel mezzo del discorso da Hadley, che gli chiese che fine avesse fatto il paragrafo che descriveva l'incontro di Praga. Powell fissò Hadley negli occhi e disse un po' risentito: 'L'abbiamo tolto, Steve, e rimane fuori'”.

Wilkerson ha riferito che il momento più drammatico per lui fu alla prova generale, quando Powell chiese a Tenet se concordasse con tutto quanto aveva appena esposto. Tenet rispose affermativamente, aggiungendo che nel caso ci fossero delle inaccuratezze nel discorso, lui sarebbe finito sulla graticola, di fronte al Comitato per i Servizi del Congresso. “Powell commentò che Tenet avrebbe dovuto tener fede alle sue parole perché sarebbe apparso sui teleschermi accanto a lui, durante il discorso al Consiglio di Sicurezza”.

Wilkerson ha concluso la sua testimonianza parlando di “due sviluppi molto antipatici” che scoprì dopo aver lasciato il dipartimento di Stato. Primo, “che la DIA (intelligence militare, ndr.) aveva dissentito sui risultati dell'interrogatorio di Ibn al-Sheikh al-Libi, ma che né lui né Powell ne erano stati informati. Secondo, che la notizia dei “presunti laboratori biologici mobili iracheni” proveniva da una fonte inattendibile, denominata “Curveball”.



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