Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

 

Yossi Beilin a Washington
per la Madrid II 

Intervistato dall'EIR

11 novembre 2006 – Yossi Beilin dirige in Israele Meretz-Yachad, il principale partito di opposizione favorevole alla pace. Il 9 novembre è intervenuto ad un incontro della New America Foundation di Washington per presentare una prospettiva molto articolata per una soluzione di pace al conflitto israeliano-palestinese ed in generale alle crisi che colpiscono l’intera regione mediorientale. A conclusione dei lavori Beilin ha rilasciato una breve intervista ai corrispondenti dell’EIR Bill Jones e Jeff Steinberg.
Beilin ha iniziato il suo discorso riferendo le frustrazioni degli attivisti che lavorano per la pace ed ha poi presentato una serie di iniziative molto concrete che potrebbero condurre rapidamente ad una soluzione dei due stati. Ha però premesso che l’evidente debolezza dei governi al potere in Israele, Siria, Libano e dell’Autorità Palestinese non può essere presa come scusa per l’inazione. In effetti, ha notato Beilin, governi deboli come il governo di Olmert dopo il conflitto libanese, o il governo di Abbas dopo l’elezione di Hamas, non hanno nulla da perdere. Pertanto, giacché hanno perso il sostegno politico della loro base popolare, perché non intraprendere un’iniziativa coraggiosa a favore della pace? Secondo Beilin il presidente siriano Bashar Assad ha chiarito di essere disposto a negoziare un accordo di pace con Israele. Fin’ora però Olmert ha respinto tale offerta, ed un motivo sono le pressioni di Washington che “non vuole negoziare con i terroristi”. Beilin ha criticato l’idea delle condizioni preliminari ai negoziati di pace notando come Rabin, Peres, e persino Netanyahu abbiano negoziato senza porre tali condizioni.
Beilin ha posto in ridicolo il rifiuto dell’amministrazione Bush di qualsiasi contatto diplomatico con la Siria ed ha fatto notare che l’ultimo viaggio della Rice nella regione è stato un fiasco completo proprio a motivo del suo rifiuto di parlare con Damasco, con Hamas o con Hezbollah.
Beilin ha quindi parlato delle prospettive per un accordo definitivo. “Non c’è bisogno di partire da zero”, ha detto, passando quindi in rassegna tutti i negoziati di pace avvenuti dopo l’incontro di Madrid del 30 ottobre 1991. Ha aggiunto che l’accordo più chiaro e ampio è quello che fu messo a punto da Bill Clinton negli ultimi mesi alla Casa Bianca, ma anche la Roard Map del 2002 di Bush e l’accordo di Oslo del 1993 rappresentano degli sforzi apprezzabili di cui ha attentamente posto in rilievo gli aspetti salienti. Ha quindi concluso spiegando come la terza opzione, di cui si è fatto promotore, comprende la convocazione di una conferenza Madrid II. Ha spiegato che la Madrid I è stata un successo anche perché non c’era niente da votare giacché tutti gli accordi essenziali erano già stati raggiunti in vista della conferenza. Beilin ha concluso dicendo che se l’amministrazione USA decide di investire gli ultimi due anni della sua presidenza in un accordo di pace israeliano-palestinese, Bush dovrebbe nominare un emissario speciale che si occupi del caso. Ma, se gli USA non sono interessati, allora spetta alle parti nella regione farsene carico, come è avvenuto ad Oslo e con gli accordi di pace tra Israele e Giordania.

Intervista:
EIR: Come hanno reagito gli israeliani alla proposta di una nuova conferenza di pace a Madrid? Lei ha avanzato una proposta in tal senso che ha raccolto diversi sostegni.
Beilin: Non posso dire che vi sia stato molto entusiasmo per una nuova conferenza di Madrid. C’è una volontà di arrivare alla pace ma il problema è come procedere. Madrid è una questione tecnica, non sostanziale. Vedo che il sostegno c’è ma che non è troppo entusiasmante.
EIR: Lei pensa che dovrebbe raccordarsi con qualche altra proposta, come il Piano Abdullah, che al momento viene considerato da diversi paesi arabi moderati?
Beilin: Mi pare che il Piano Abdullah sia preso sempre più in seria considerazione. E se si deve arrivare ad una conferenza internazionale una delle sue fasi potrebbe essere il Piano Abdullah.
EIR: Qualche giorno fa Marin Indyk ha lanciato una proposta per un “asse della pace”, da contrapporre all’”asse del male”. Nella proposta essenzialmente si dice che gli USA, l’Europa, gli stati arabi sunniti e Israele dovrebbero allearsi e coalizzarsi contro l’Iran, anche nella prospettiva di sostenere azioni militari USA contro l’Iran. E temiamo che la guerra in Iran sia ancora nella testa di certa gente a Washington, e questa gente usa il mantello di “Israele e Palestina” e altre cose del genere sostanzialmente miranti a raccogliere consensi per un attacco militare contro l’Iran. Sono rimasto sconvolto da come persino Akiva Eldar [corrispondente di Washington del quotidiano israeliano Ha'aretz, esperto di diplomazia e sicurezza nazionale], e il capo dell’ufficio di Al Hayat di Washington hanno condiviso in qualche misura l’idea che occorre sostenere le operazioni militari contro l’Iran.
Beilin: Ritengo che ogni azione militare debba essere l’ultima risorsa e prima che una tale idea ottenga credibilità c’è molta strada da percorrere.
EIR: Lei crede che nel nuovo Congresso vi sia maggiore sostegno alla proposta di una nuova conferenza di Madrid?
Beilin: Forse. Ritengo che un Congresso democratico possa manifestare maggiore entusiasmo per la pace in Medio Oriente e che una conferenza internazionale sia un’idea facilmente accettata dalla maggioranza.


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