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Zamagni: "Chi propone l'uscita dall'euro è un incompetente" (e ora chi glielo dice, a Paolo Savona?)

24 febbraio 2011 (MoviSol) - Stefano Zamagni, economista italiano e presidente dell'Agenzia per le Onlus incaricato dal fu governo Prodi, ha tenuto il 18 febbraio un intervento su federalismo e sussidiarietà, nell’ambito di un corso di formazione socio-politica, organizzato dalla Diocesi di Ascoli Piceno.

Con lo scopo di introdurre il concetto di federalismo, Zamagni ha ben iniziato partendo dalla rivoluzione americana e dalla costituzione degli Stati Uniti di America come unione di stati federali. Purtroppo, Zamagni non ha minimamente accennato al vero spirito americano dietro la guerra d’indipendenza e, cosa più discutibile, non ha speso una parola sul concetto di banca nazionale ideata da Alexander Hamilton [1]. Nulla dunque riguardo il concetto di credito produttivo come elemento fondamentale per lo sviluppo di una nazione, nulla sul concetto di “federazione” (dal latino “foedus”, patto, alleanza) costituita per sconfiggere il dominio di una cultura schiavista e oligarchica come quella dell’impero britannico. Andava forse evidenziato il concetto di un federalismo che unisce piuttosto che dividere, a favore di una visione umanistica dell’individuo.

Che Zamagni non simpatizzi troppo per politiche nazionali di credito lo si è capito anche nel corso della conferenza, durante la quale ha affermato: «il debito pubblico è un cancro da debellare». Insomma in perfetto accordo con un approccio monetarista puro dell’economia. Lo stesso approccio che, dagli anni 70, ha condotto rovinosamente il mondo forse nella più grande crisi economica del tempo moderno. Senza credito da parte dello Stato, non si capisce allora come si dovrebbero finanziare le infrastrutture e i servizi che Zamagni vorrebbe fossero realizzati nel sud dell’Italia, per colmare così quel gap di sviluppo con la parte più industrializzata del Paese. Secondo l’economista riminese, il sud dell’Italia avrebbe uno sbilanciamento in negativo di trenta punti percentuali tra i consumi e il prodotto interno lordo procapite. Un 30% che sarebbe finanziato dallo Stato, cioè dal Nord del Paese: un’economia “drogata”, ha detto Zamagni. Per questo, ha aggiunto, vi sarebbero anche motivazioni di giustizia sociale dietro le spinte federaliste italiane.

Zamagni, che è anche professore aggiunto e vice-direttore della John Hopkins University – sede di Bologna, ha spiegato che bisognerebbe correttamente parlare di federalismo fiscale e non federalismo istituzionale, in quanto quest’ultimo è vietato dalla Costituzione italiana, la quale ha previsto un sistema regionalistico della Repubblica, piuttosto che federale. In ogni modo, ha affermato l’economista, il federalismo fiscale potrebbe rappresentare un primo passo per quello politico.

Dopo aver sottolineato alcuni aspetti positivi della legge 42 sul federalismo fiscale (introduzione del concetto di “fallimento politico” e di “inventario” di fine mandato) e aver giustamente attribuito i problemi del sud anche a carenze infrastrutturali e di sistema (assenza di servizi, eccessiva delocalizzazione territoriale dei centri produttivi, mancanza di politiche di coordinamento,…) Zamagni ha concluso citando San’Agostino, secondo il quale la Speranza ha due bellissimi figli: la rabbia ed il coraggio. Per Zamagni è stata smarrita la capacità di indignarsi.

Onestamente a noi pare che rabbia ed indignazione nel nostro Paese abbondino. Piuttosto mancano le idee e la giusta direzione per risolvere gli endemici problemi che affliggono l’Italia.

Tuttavia la parte più interessante, a nostro giudizio, è stata sicuramente il momento del dibattito. Interpellato sulla motivazione per la quale avesse assegnato nel 1995 una laurea honoris causa a George Soros, Stefano Zamagni si è difeso ribattendo all’interlocutore: «Lei è male informato, l’hanno informata male! Io non ho dato nessuna laurea a Soros! È stato il rettore a decidere. Io ero solamente il Preside della Facoltà di Economia (sic!) e comunque sicuramente oggi non gliela darei». Forse il professore ha ragione e l’allora Rettore Fabio Alberto Roversi Monaco, esponente di spicco della massoneria [2], ha imposto la sua linea... Peccato che dalle sue dichiarazioni di allora non risultino segnali di indignazione (quella di Sant’Agostino per capirci) o comunque di disapprovazione e distacco da quella sciagurata decisione. Tanto da indignarsi (a questo punto si) contro chi contestava un titolo onorifico al più grande speculatore finanziario della storia: «È una montatura. I soldi (Soros n.d.a.) li ha fatti nel rispetto delle leggi»[3].

Tanto per dare una vaga idea del livello di moralità di un sicario economico come George Soros è sufficiente fare riferimento al documento “Lo sviluppo moderno dell'attività finanziaria alla luce dell'etica cristiana”, preparato dalla Commissione pontificia Justitia et Pax. Soros testualmente dice:

«Sono certo che le attività speculative hanno avuto delle conseguenze negative. Ma questo fatto non entra nel mio pensiero. Non può. Se io mi astenessi da determinate azioni a causa di dubbi morali, allora cesserei di essere un efficace speculatore. Non ho neanche l'ombra di un rimorso perché faccio un profitto dalla speculazione sulla lira sterlina. Io non ho speculato contro la sterlina per aiutare l'Inghilterra, né l'ho fatto per danneggiarla. L'ho fatto semplicemente per far soldi».

Zamagni, che venne definito l’alfiere del capitalismo (ben?) temperato [4], ha reagito con sufficienza di fronte a chi gli ha chiesto una opinione sul rapporto Angelides [5] ed evidenziato l’importanza storica di questo documento: «Si sapeva già tutto, certo che la crisi si poteva evitare. Tutti gli economisti seri l’hanno scritto». A parte le dichiarazioni di Lyndon La Rouche, a noi non risulta esserci stato altro economista che nel 2007 previde il tracollo delle borse mondiali e del sistema finanziario. Invitiamo il professor Zamagni a farci avere del materiale a riguardo. Inoltre se davvero il professore aveva già le idee chiare allora, perché non denunciò l’imminente crisi che ha condotto milioni di individui a perdere la casa, un lavoro e a sopravvivere nell’indigenza? Quantomeno avrebbe risparmiato un bel po’ di lavoro e più di settecento pagine di relazione alla commissione Angelides…

Stefano Zamagni si è trovato d’accordo con chi ha affermato che spinte localistiche da un lato e processi di globalizzazione dall’altro, stanno schiacciando gli stati nazionali in una morsa distruttiva. Ma non lo ha ritenuto un problema. Lui, gli stati nazionali, li ha chiamati “meta-strutture”, un concetto quasi geometrico e poco più. Per questo ha esclamato: «c’è necessità di un’Europa più forte ed unita, come pensata dai padri fondatori: De Gasperi, Spinelli (sigh!). Ci vogliono gli Stati Uniti d’Europa!». Insomma per Zamagni la soluzione ai disastri provocati dalla globalizzazione è… ancora più globalizzazione!

Il pericolo che qui rileviamo è che passi, soprattutto in certi ambienti di area cattolica in cui Zamagni è venerato come un guru, il concetto che la globalizzazione non si può combattere e quindi tanto vale dargli un volto umano, quasi solidale. Una sorta di giustificazione teorica, da un punto di vista etico, della globalizzazione e del mondialismo. Lo si legge anche nelle proposte di Zamagni di creare una “borsa etica”, con “titoli di solidarietà”. Insomma un vestito nuovo per una vecchia finanza. «Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore» [6], Zamagni dovrebbe saperlo. O per essere più “terreni”: «Il capitalismo è un male e non si può regolamentare il male», dice Michael Moore nelle scene finali di un suo film [7], dove aggiunge anche: «Ci meritiamo tutti il sogno di Roosevelt ed è un crimine che non lo abbiamo». Il sogno di Roosevelt professor Zamagni, non quello di Soros.

Il “Zamagni-pensiero” si è manifestato in maniera ancora più evidente durante una risposta a chi gli chiedeva un’opinione sull’uscita dall’euro, come anche il professor Paolo Savona aveva auspicato nelle settimane passate [8]. Qui Zamagni, quasi in collera, ha affermato perentorio: «A chi dice queste cose, vi concedo io il permesso di dirgli che è un incompetente!».

E ora chi glielo dice, al professor Savona?

Uniche due note positive sono date prima dal fatto che l’economista ha denunciato la decrescita come “teoria eversiva” (invitando lo sprovveduto autore della domanda sul tema ad “andare a vivere in solitario”, nel caso desiderasse il contatto diretto con la natura agreste) e poi la citazione dell’economista Antonio Genovesi quale vero fondatore dell’economia civile.

A proposito vorremmo fare un’ultima considerazione.

A nostro parere, c’è una sbagliata interpretazione delle teorie del Genovesi, il quale affermava che “l’economia doveva servire ai governi per alimentare la ricchezza e la potenza delle nazioni” e di conseguenza aumentare la pubblica felicità, facendo uscire così l'uomo dallo stato di "oscurità". Riteniamo che non si possa prendere in considerazione, in modo ideologico, unicamente la seconda parte, tralasciando la struttura portante di una teoria che dovrebbe condurre l’essere umano verso la felicità. Sicuramente sono di valore i concetti di sussidiarietà e solidarismo sociale, ma questi non possono essere slegati da un contesto storico ed economico più ampio, si rischia al massimo di applicare dei “pannicelli caldi” per curare il male del mondo di oggi. Si rischia di fare una buca sul bagnasciuga.

Senza un intervento anche a livello di politica nazionale, la cooperazione sociale e i rapporti nuovi tra le imprese a poco servono, se non a mantenere lo status quo. Con responsabilità gravissime.

Zamagni ha proposto la diffusione capillare dell’imprenditorialità, all’interno di una rete di imprenditori che si aiutano con spirito fraterno, in un principio di reciprocità: una rete di imprenditoria dal basso. Non ha accennato per nulla allo Stato e alle politiche nazionali di sviluppo. Chiediamo al professor Zamagni: chi dovrebbe e potrebbe costruire le infrastrutture (porti, autostrade, ferrovie,…)? Chi dovrebbe e potrebbe fornire energia agli imprenditori (centrali, dighe, rete di distribuzione,…)? Chi dovrebbe o potrebbe fornire un sistema di comunicazioni avanzato, efficiente e competitivo (banda larga, comunicazioni satellitari, reti telefoniche,…)? Chi dovrebbe e potrebbe difendere i nostri imprenditori dalla concorrenza sleale, da merci importate a prezzi stracciati, da un sistema di credito che corre dietro alla finanza piuttosto che alle imprese (vedi le operazioni Parmalat, Tecnost-Olivetti, Pirelli,…)? Chi dovrebbe o potrebbe promuovere la nostra imprenditoria all’estero o aiutarla a fare “sistema”? Chi dovrebbe o potrebbe fornire un’istruzione ad alto livello, fondi e “free energy” per la ricerca scientifica, linfa vitale per l’industria e l’imprenditoria in generale?

E si potrebbe continuare a lungo.

Qui si evidenzia a nostro giudizio un altro pericolo tangibile: quello di voler attualizzare il futuro in modo ideologico, forzando l’interpretazione di teorie economiche e scientifiche. In questo l’economia solidale di Zamagni e altri economisti presenta un parallelismo impressionante con il mondo delle energie rinnovabili: il desiderio di ottenere energia infinita qui ed ora lasciando la natura illibata ed incontaminata. Tutto ciò sta portando ad un deficit energetico disastroso oltre a distrarre immensi capitali da ricerche su fonti più affidabili, riproducibili e ad alta densità energetica.

Caro Zamagni, sappiamo bene che in Paradiso non serve lo Stato. Ma non ci siamo ancora. E bisogna cominciare a costruirlo davvero, da dove siamo.

Senza ideologie.

Andrea Pomozzi
Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà


Note:

[1] - Vedi http://www.movisol.org/amsys.htm.

[2] - Vedi un articolo del 1989 sul rapporto della Digos sulle logge massoniche e anche un articolo sulle indagini sul rettore Roversi Monaco.

[3] - Vedi un articolo sulle proteste che accompagnarono la laurea di Soros.

[4] - Zamagni è esponente rilevante, assieme al suo amico di lunga data e uomo di Goldman Sachs Romano Prodi, di quel "liberismo illuminato" che ha portato alla svendita delle più grandi aziende pubbliche del Paese. Un dossier completo sulla catastrofe sociale derivante dal capitalismo degli illuminati si può leggere con questo collegamento.

[5] - Vedi http://www.movisol.org/11news023.htm.

[6] - Vedi Lc 9:16

[7] - Vedi "Capitalism – A Love Story".

[8] - Vedi http://www.movisol.org/10news230.htm.


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