Mappa del sito

Newsletter

Il CD di Solidarietà

© Copyright

Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà
MoviSol.org
Movimento Internazionale per i diritti civili – Solidarietà

   

NO ALL'EUROPA DELLE BANCHE E DELLE GUERRE COLONIALI!

di Liliana Gorini, presidente di MoviSol

15 aprile 2011 (MoviSol) - "Mi chiedo se davvero abbia senso restare in questa posizione, continuare a far parte dell'UE, un’istituzione che si attiva subito per salvare le banche e dichiarare guerra, ma quando c'è da esprimere solidarietà concretamente a un paese in difficoltà come oggi è l'Italia si nasconde". Così ha dichiarato l'11 aprile il ministro Maroni, immediatamente richiamato all'ordine dal Presidente Napolitano, secondo il quale l'Europa non si tocca. Ma la domanda di Maroni è del tutto legittima, e deve aiutarci a puntare l'attenzione sui problemi più fondamentali dell'Unione Europea: l'imposizione di una politica economica lacrime e sangue stile FMI che non aiuta, ma peggiora, la situazione, e una struttura istituzionale in cui i poteri forti riescono facilmente ad utilizzare l'Unione per giustificare le loro politiche decise a tavolino. Anche l'economista Paolo Savona, ex ministro dell'Industria nel governo Ciampi e oggi presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, pur non lasciandosi trascinare dall'emotività del momento, si è espresso criticamente nei confronti di questa Europa, ben diversa dall'Europa della libera circolazione di persone e capitali che si era auspicata all'inizio: "L'Unione Europea" afferma Savona in un'intervista a L'Occidentale, "è scivolata sempre più verso una 'governance delle regole' la quale, di per sé, è ricattatoria. Guardiamo a quello che è accaduto con Grecia, Irlanda e Portogallo: se un paese membro UE si trova in difficoltà e vuole che lo si aiuti, deve accettare i vincoli che gli vengono imposti, che peraltro peggiorano la loro situazione".

Hanno ragione sia Maroni che Savona a dirsi scettici sulle istituzioni europee. Come il nostro movimento ribadisce da anni, opponendosi al Trattato di Maastricht ed al Trattato di Lisbona imposti con la forza a numerose nazioni europee recalcitranti, tra cui l'Irlanda, un'Europa all'insegna dei "salvataggi bancari" a spese dei contribuenti, sempre pronta a favorire chi ha provocato la crisi con la speculazione finanziaria, sul petrolio e sulle materie prime, ma assolutamente sorda alle esigenze dei meno ricchi, incluse le popolazioni del Nord Africa che fuggono dalla povertà e dalla guerra, è bel lontana dall'"Europa delle patrie" che auspicarono De Gaulle e De Gasperi. È l'Europa delle guerre coloniali, come la guerra voluta da Sarkozy e Cameron in Libia per appropriarsi delle materie prime, mettendo fine alla politica anti-coloniale di Mattei e dell'ENI. È l'Europa della Banca Centrale Europea, che ammette candidamente, nella persona del suo presidente Trichet, che potrebbe benissimo prendere misure per vietare la speculazione in materie prime e derrate alimentari, ma non ha alcuna intenzione di farlo (vedi "Pur ammettendo di poter agire contro la speculazione, il vanesio Trichet fa l'ignavo"). Pur sapendo benissimo che la speculazione sulle derrate alimentari è una delle cause delle rivolte nel Nord Africa, perché la gente non può più permettersi anche generi di prima necessità come il pane ed il riso, i cui prezzi vanno alle stelle a causa della speculazione, come ha ribadito più volte anche il ministro dell'Economia Tremonti. Ma secondo Trichet e l'Unione Europea, il diritto degli hedge funds a speculare è molto più importante del diritto alla vita dei cittadini tunisini che vorrebbero cercare fortuna in Francia o Germania, e vengono bloccati al confine pur essendo dotati di un permesso di soggiorno temporaneo che consentirebbe loro il "ricongiungimento familiare" coi loro parenti in questi paesi. Pur sapendo benissimo che gli sbarchi a Lampedusa sono solo il primo atto di un'ondata ben più grande, che includerà 15.000 libici che Gheddafi è pronto a mandare in Italia allo scopo di destabilizzarla, creando una situazione insostenibile per il nostro paese, l'Europa risponde sistematicamente "no" a tutti gli appelli alla condivisione di questo problema, che non è certamente un problema solo italiano.

Come abbiamo scritto sul nostro sito, e in numerose proposte per lo sviluppo del Nord Africa (vedi "Infrastrutture per impedire l'esodo biblico dal Nordafrica"), le misure da prendere per far fronte all'emergenza immigrazione vanno ben oltre i permessi di soggiorno temporanei o le tendopoli. Occorrerà un Piano Marshall per lo sviluppo del Nord Africa, che consenta alle popolazioni di questi paesi di restare dove sono, e partecipare allo sviluppo del loro paese, a partire dallo sviluppo infrastrutturale ed idrico, con progetti concreti come il progetto Transaqua ed altri progetti, come il "Progettoafrica" dell'ENEA per la bonifica del deserto del Sahara, o il tunnel tra la Tunisia e la Sicilia, per il trasporto di merci, progetti che potrebbero dar vita ad una ripresa economica sia nel Nord Africa che nel nostro paese. Occorreranno misure concrete per fermare i trafficanti di persone, una vera e propria mafia ricca di mezzi e violenta, come abbiamo visto dai servizi dalla Tunisia. Tale Piano Marshall costerebbe pochi spiccioli rispetto ai megasalvataggi bancari dell'UE. Basterebbe solo il 10% del Fondo di Salvataggio UE (EFSF, in futuro ESM).

Occorreranno accordi con i governi di questi paesi (Tunisia, il governo provvisorio a Bengasi in Libia, e tutti i paesi del Maghreb) per poter distinguere tra i migranti che cercano fortuna in Europa, gli evasi e i potenziali terroristi mandati da Gheddafi a fini di destabilizzazione.

Se l'Europa dirà finalmente "sì" ad un Piano Marshall per lo sviluppo del Nord Africa, invocato anche dai ministri Maroni e Frattini, avrà senso restare nell'Unione Europea. In caso contrario sarà meglio uscirne.


[inizio pagina]